SULL'ELETTRICITÀ ECCITATA
DAL
SEMPLICE CONTATTO DI SOSTANZE CONDUTTRICI
DI DIVERSA NATURA
IN UNA LETTERA DI ALESSANDRO VOLTA
A SIR JOSEPH BANKS

Da Como nel Milanese, 20 marzo 1800.

Dopo un lungo silenzio, di cui non cercherò di scusarmi, ho il piacere di comunicarvi, Signore, e, per vostro mezzo, alla Società Reale, alcuni risultati sorprendenti ai quali sono arrivato, proseguendo le mie esperienze sull'elettricità eccitata dal semplice contatto mutuo di metalli di specie differente, e pure da quello di altri conduttori, altrettanto differenti fra loro, sia liquidi, sia contenenti qualche umore, al quale essi debbono propriamente il loro potere conduttore. Il principale di questi risultati, e che comprende a un dipresso tutti gli altri, è la costruzione di un apparecchio che per gli effetti, cioè per le commozioni che è capace di far provare nelle braccia, ecc., assomiglia alle bottiglie di Leida, e meglio ancora alle batterie elettriche debolmente caricate, che agirebbero tuttavia senza posa, o la cui carica, dopo ciascuna esplosione, si ristabilirebbe da se stessa, che godrebbe, in una parola, di una carica indefettibile, di un'azione, o impulso perpetuo sul fluido elettrico; ma che d'altronde ne differisce essenzialmente, sia per quest'azione continua che gli è propria, sia perchè, invece di consistere, come le bottiglie e le batterie elettriche ordinarie, in una o più lastre isolanti, strati sottili di quei corpi reputati essere i soli elettrici, armati di conduttori o corpi così detti non elettrici, questo nuovo apparecchio è formato unicamente da parecchi di questi ultimi corpi, scelti pure tra i migliori conduttori, e perciò i più distanti, secondo quanto si è sempre creduto, dalla natura elettrica. Si, l'apparecchio di cui vi parlo, e che vi meraviglierà senza dubbio, non è che l'accozzamento di un numero di buoni conduttori di differente specie, disposti in un certo modo, 30, 40, 60 pezzi, o più, di rame, o meglio d'argento, applicati ciascuno ad un pezzo di stagno, o, il che è molto meglio, di zinco, e un numero uguale di strati d'acqua, o di qualche altro umore che sia miglior conduttore dell'acqua semplice, come l'acqua salata, la lisciva, ecc., o dei pezzi di cartone, di pelle ecc., bene imbevuti di questi umori: questi strati interposti a ogni coppia o combinazione dei due metalli differenti, una tale successione alternata, e sempre nel medesimo ordine, di queste tre specie di conduttori, ecco tutto ciò che costituisce il mio nuovo strumento; che imita, come ho detto, gli effetti delle bottiglie di Leida, o delle batterie elettriche, procurando le medesime commozioni di queste; esso in verità, rimane molto al di sotto delle attività delle dette batterie caricate ad un alto livello, quanto alla forza e rumore delle esplosioni, alla scintilla, alla distanza alla quale può effettuarsi la scarica, ecc., eguagliando solamente gli effetti di una batteria caricata a un grado assai debole, una batteria che tuttavia ha una capacità immensa; ma d'altronde sorpassa infinitamente la virtù e il potere di queste medesime batterie, nel fatto che non ha bisogno, come queste, di essere caricato prima, per mezzo di una elettricità estranea, e nel fatto che è capace di dare la commozione tutte le volte che lo si tocchi convenientemente, qualunque sia la frequenza di questi toccamenti.

Quest'apparecchio, simile nella sostanza, come farò vedere, e proprio come l'ho costruito, pure nella forma, all'organo elettrico naturale della torpedine, dell'anguilla tremante, ecc. assai più che alla bottiglia di Leida e alle batterie elettriche conosciute, questo apparecchio, dico, vorrei chiamarlo Organo elettrico artificiale. E in verità non è esso, come quello, composto unicamente da corpi conduttori(XXX FRAGEZEICHEN) non è esso, del resto, attivo di per se stesso, senza alcuna carica precedente? Senza il soccorso d'una qualunque elettricità eccitata da alcuno dei mezzi conosciuti finora; in azione incessante e senza tregua; capace infine di dare ad ogni momento commozioni più o meno forti, secondo le circostanze, commozioni che raddoppiano a ogni contatto, e che, ripetute così con frequenza, o continuate per un certo tempo, producono lo stesso intirizzimento delle membra che fa provare la torpedine, ecc.?

Vengo a darvi qui una descrizione più dettagliata di questo apparecchio, e di qualche altro analogo, come pure delle esperienze relative più notevoli.

Mi procuro qualche dozzina di piccole lastre rotonde, o dischi, di rame, di ottone, o meglio di argento, di un pollice, più o meno, di diametro, (ad esempio, delle monete) ed un numero eguale di lastre di stagno, o, il che è molto meglio, di zinco, e presso a poco della medesima forma e grandezza: dico presso a poco perchè non è affatto richiesta una precisione, e, in generale, la grandezza, come la forma, dei pezzi metallici è arbitraria: si deve soltanto aver riguardo di poterli disporre comodamente gli uni sopra gli altri in forma di colonna. Preparo inoltre un numero abbastanza grande di dischi di cartone, di pelle, o di qualche altra materia spugnosa, capace di assorbire e di ritenere molto dell'acqua o dell'umore dal quale bisognerà, per il successo delle esperienze, che essi siano ben intrisi. Queste fette o dischi, che chiamerò dischi ammolliti, li faccio un po' più piccoli che i dischi o piastre metalliche, affinchè, interposti tra questi nel modo che dirò subito, essi non debordino.

Avendo sotto mano tutti questi pezzi in buono stato, vale a dire i dischi metallici ben adatti e secchi, e gli altri non metallici ben imbevuti d'acqua semplice, o, il che è molto meglio, d'acqua salata, e asciugati in seguito leggermente, perchè l'umore non sgoccioli, non ho che da disporli come conviene; e questa disposizione è semplice e facile.

Pongo dunque orizzontalmente su una tavola, o una base qualunque, uno dei piatti metallici, per esempio uno d'argento, e su questo primo ne adatto un secondo di zinco, su questo secondo stendo uno dei dischi ammolliti, poi un altro piatto d'argento, seguìto immediatamente da un altro di zinco, al quale faccio seguire ancora un disco ammollito. Continuo così, alla stessa maniera, accoppiando un piatto d'argento con uno di zinco, e sempre nel medesimo senso, cioè a dire, sempre l'argento sotto e lo zinco sopra; o viceversa, secondo come ho incominciato e interponendo a ciascuna di queste coppie un disco ammollito; continuo, dico, a formare con parecchi di questi piani una colonna tanto alta che possa sostenersi senza crollare.

Ora, se essa arriva a contenere circa 20 di questi piani, o coppie di metalli, essa sarà già in grado, non solamente di far dare all'elettrometro di Cavallo, aiutato dal condensatore, dei segni oltre i 10 o 15 gradi, di caricare questo condensatore con un semplice contatto al punto di fargli dare una scintilla ecc., ma anche di percuotere le dita con le quali si toccano le sue due estremità (la testa e il piede di una tale colonna), con uno o più piccoli colpi, e più o meno frequenti, secondo che si ripetono questi contatti; ciascuno di quei colpi assomiglia perfettamente a questa leggera commozione che fa provare una bottiglia di Leida debolmente caricata, o una batteria caricata ancora più debolmente, o infine una torpedine estremamente languente, che imita ancora meglio gli effetti del mio apparecchio, per la successione di colpi ripetuti che essa può dare senza posa.

Per ottenere tali leggere commozioni da questo apparecchio, che ho descritto, e che è ancora troppo piccolo per dei grandi effetti, è necessario che le dita con le quali si vogliono toccare le sue due estremità nel medesimo tempo, siano umettate di acqua, al punto che la pelle, la quale altrimenti non è conduttore abbastanza buono, si trovi bene intrisa. Ancora, per riuscire più sicuramente e ricevere delle commozioni considerevolmente più forti, bisogna far comunicare per mezzo di una lamina sufficientemente larga, o di un grosso filo metallico, il piede della colonna, cioè il piatto di fondo, con l'acqua di un catino, o di una coppa assai grande, in cui si terrà immerso un dito, o due, o tre o tutta la mano, mentre si toccherà la testa o estremità superiore (l'ultimo o uno degli ultimi piatti di questa colonna) con l'estremità pulita di una lamina pure metallica, impugnata dall'altra mano, che deve essere ben umida e abbracciare una larga superficie di questa lamina, e serrarla fortemente. Procedendo in tal modo, io posso già ottenere un piccolo pizzicore, o leggera commozione, in una o due articolazioni di un dito tuffato nell'acqua del catino, quando tocco, con la lama impugnata nell'altra mano, il quarto o il terzo paio di piatti; toccando poi il quinto o il sesto e via via gli altri fino all'ultimo piatto, che forma la testa della colonna, è curioso provare come le commozioni aumentino gradatamente di forza. Ora questa forza è tale che io arrivo a ricevere da una tale colonna, formata da 20 paia di piatti (non di più), delle commozioni che prendono tutto il dito, e lo colpiscono pure assai dolorosamente, se esso è immerso da solo nell'acqua del bacino; e si estendono (senza dolore) fino al polso e anche fino al gomito, se la mano è immersa in grande parte, o del tutto, e si fanno sentire anche al polso dell'altra mano.

Io suppongo sempre che si siano poste tutte le attenzioni necessarie nella costruzione della colonna, che ciascun paio o coppia di metalli, risultante da una placca d'argento applicata a una di zinco, si trovi in comunicazione con la coppia seguente mediante uno strato sufficiente di liquido, che sia acqua salata, piuttosto che acqua pura, ovvero mediante un disco di cartone, di pelle, o altra cosa del genere, bene imbevuta di questa acqua salata; e questo disco non sia troppo piccolo, e le sue superficie siano bene aderenti alle superficie dei piatti metallici, tra i quali si trova interposto.

Questa aderenza esatta ed estesa dei dischi ammolliti è importantissima; mentre i piatti metallici di ciascuna coppia possono non toccarsi tra loro che in pochi punti, purchè il loro contatto sia diretto.

Tutto ciò fa vedere (per dirlo qui di passaggio) che se il contatto dei metalli tra loro in qualche punto soltanto basta (essendo tutti degli eccellenti conduttori) per dare libero passaggio a una corrente elettrica mediocremente forte, non è la stessa cosa per i liquidi, o per i corpi imbevuti di liquido, che sono conduttori molto meno perfetti, e che, di conseguenza, hanno bisogno di un ampio contatto con i conduttori metallici, e ancora più tra di loro, perchè il fluido elettrico possa passare con abbastanza facilità, e perchè esso non sia troppo ritardato nel suo corso, specialmente quando esso è mosso con pochissima forza, come nel nostro caso.

Del resto, gli effetti del mio apparecchio (le commozioni che si provano) sono considerevolmente più sensibili, nella misura in cui la temperatura dell'aria ambiente, o quella dell'acqua, o dei dischi ammolliti che entrano nella composizione della colonna, e dell'acqua stessa del catino, è più calda, in quanto il calore rende l'acqua più conduttrice. Ma ciò che la rende molto migliore ancora, sono quasi tutti i sali, e specialmente il sale comune. Ecco una delle ragioni, se non la sola, per cui è così vantaggioso che l'acqua del catino, e soprattutto quella interposta tra ciascuna coppia di piatti metallici, l'acqua di cui sono imbevuti i dischi di cartone ecc., sia acqua salata, come ho già fatto notare.

Ma tutti questi mezzi e tutte queste attenzioni, infine, non hanno che un vantaggio limitato, e non faranno giammai che si possano ottenere delle commozioni piuttosto forti, finchè l'apparecchio non consisterà che in una sola colonna formata soltanto da 20 coppie di piatti, quantunque esse siano dei due metalli migliori per queste esperienze, cioè d'argento e di zinco; giacchè, se essi fossero d'argento e di piombo, o di stagno, o di rame e stagno, non se ne otterrebbe la metà dell'effetto, a meno che un numero molto più grande non supplisca alla minore forza di ciascuna coppia. Or dunque ciò che aumenta realmente la potenza elettrica di questo apparecchio, e la può portare al punto di uguagliare, e di sorpassare ancora, quella della torpedine e dell'anguilla tremante, è il numero dei piatti, disposto nel modo e con le attenzioni che ho illustrato. Se alle 20 coppie sopra descritte, se ne aggiungono altre 20 o 30, disposte nel medesimo ordine, le commozioni che potrà dare la colonna così prolungata (dirò tra poco come si possa sostenere perchè non crolli, o, ciò che è meglio, dividerla in due o più colonne) saranno già molto più forti e si estenderanno nelle due braccia fino alla spalla, specialmente in quella, la cui mano è tuffata nell'acqua; la quale mano, con tutto il braccio, ne resterà più o meno intorpidita, se, ripetendo i contatti con frequenza, si fanno succedere queste commozioni le une alle altre rapidamente e senza tregua. Ciò, tuffando tutta, o quasi tutta, la mano nell'acqua del bacino; ma se non vi s'immerge che un dito solo, in tutto o in parte, le commozioni, concentrate quasi in esso solo, saranno assai più dolorose e così cocenti da diventare insopportabili.

Ci si aspetta bene che questa colonna, formata da 40 o 50 coppie di metalli, che delle commozioni più che mediocri alle due braccia di una persona, potrà darne ancora delle sensibili a parecchie, le quali, tenendosi per le mani (sufficientemente umide), formino una catena non interrotta.

Ritornando alla costruzione meccanica del mio apparecchio, che è suscettibile di parecchie variazioni, io descriverò qui non tutte quelle che ho immaginato ed eseguito, sia in grande sia in piccolo, ma alcune solamente, che sono o più curiose o più utili; che presentino qualche vantaggio reale, come l'essere di una esecuzione più facile, o più spiccia, l'essere più sicure nei loro effetti, o più a lungo conservabili in buono stato.

E per cominciare da una che, riunendo presso a poco tutti questi vantaggi, differisce di più, quanto alla sua forma, dall'apparecchio a colonna, descritto sopra, ma ha lo svantaggio di essere una macchina molto più voluminosa: io vi presento questo nuovo apparecchio, che chiamerò a corona di tazze, nella figura qui unita. (fig. 1).

Si disponga dunque una serie di più tazze o coppe, di una qualsivoglia materia, eccettuati i metalli, tazze di legno, di scaglie, di terra, o meglio di cristallo (dei piccoli bicchieri per bere o ciotole sono i più indicati) ricolmi a metà di acqua pura, o meglio di acqua salata, o di lisciva; e le si fanno comunicare tutte, formandone una specie di catena, per mezzo di altrettanti archi metallici, di cui un braccio Aa, o solamente l'estremità A, che è immersa in una delle ciotole, è di rame rosso, o giallo, o meglio di rame argentato, e l'altra Z, che è immersa nella ciotola seguente, è di stagno o meglio di zinco. Io osserverò qui, di passaggio, che la lisciva e gli altri liquidi alcalini sono preferibili, quando uno dei metalli che devono immergersi è lo stagno; l'acqua salata è preferibile quando è lo zinco. I due metalli di cui si compone ciascun arco, sono saldati insieme, in una parte qualsiasi, al di sopra di quella che è immersa nel liquido; e che deve toccarlo con una superficie sufficientemente larga: perciò è conveniente che questa parte sia una lamina di un pollice quadrato, o pochissimo meno; il resto dell'arco può essere più stretto quanto si voglia, addirittura un semplice filo metallico. Può anche essere di un terzo metallo, diverso dai due che sono immersi nel liquido delle ciotole; poichè l'azione sul fluido elettrico, che risulta da tutti i contatti dei parecchi metalli che si succedono direttamente, la forza con cui questo fluido si trova spinto alla fine, è assolutamente la stessa, o quasi, di quella che esso avrebbe ricevuto dal contatto immediato del primo metallo con l'ultimo, senza alcun metallo intermedio, come io ho verificato con esperienze dirette, di cui avrò occasione di parlare altrove.

Ordunque, una serie di 30, 40, 60, di queste tazze, concatenate a questo modo, e disposte sia in linea diritta, sia in una curva, o in qualsiasi modo ripiegata, forma tutto questo nuovo apparecchio; il quale in fondo, ed in sostanza, è il medesimo dell'altro a colonna descritto più sopra; l'essenziale, che consiste nella comunicazione diretta dei metalli diversi che formano ciascuna coppia, e mediata di una coppia coll'altra, cioè, per l'intermediario di un conduttore umido, è che abbia luogo nell'uno come nell'altro di questi apparecchi.

Quanto al modo di mettere alla prova quello a tazze, e quanto alle diverse esperienze alle quali può servire, non ho bisogno di parlarne a lungo, dopo ciò che ho fatto osservare, e spiegato ampiamente a proposito dell'altro a colonna. Si capirà agevolmente che per avere la commozione basta immergere una mano in una delle tazze, e un dito dell'altra mano in un'altra tazza assai distante da quella; che questa commozione sarà tanto più forte quanto più questi due vasi saranno lontani l'uno dall'altro, vale a dire che vi sarà un numero maggiore di intermediari; che, di conseguenza, la più forte si avrà toccando il primo e l'ultimo della catena. Si comprenderà altresì come, e perchè, le esperienze riusciranno molto meglio impugnando e serrando, in una mano ben umettata, una lamina metallica abbastanza larga (affinché la comunicazione sia qui abbastanza perfetta, e avvenga attraverso un gran numero di punti) e toccando con questa lamina l'acqua della tazza, o piuttosto l'arco metallico designato, mentre l'altra mano si trova immersa nell'acqua dell'altra tazza lontana, ovvero tocca con una lamina ugualmente impugnata, l'arco di questa. Infine, si comprenderà, e si potrà pure prevedere, il successo di una grande varietà di esperienze, che si possono eseguire con questo apparecchio a corona di tazze, più facilmente e in modo più evidente e parlante, per così dire, agli occhi, che con l'altro apparecchio a colonna. Io mi esimerò dunque dal descrivere un gran numero di queste esperienze facili a intuire e ne riferirò soltanto alcune che sono non meno istruttive che divertenti.

Si abbiano tre ventine di queste tazze o ciotole, allineate e collegate l'una all'altra mediante gli archi metallici, ma in guisa che per la prima ventina questi archi siano rivolti nel medesimo senso, per esempio il braccio d'argento rivolto a sinistra e il braccio di zinco a destra; e per la seconda ventina, in senso contrario, ossia lo zinco a sinistra e l'argento a destra; infine, per la terza ventina, di nuovo l'argento a sinistra come per la prima. Disposte così le cose, tuffate un dito nell'acqua della prima ciotola, e toccate con la lamina impugnata dall'altra mano, nel modo prescritto, il primo arco metallico (quello che unisce la prima ciotola alla seconda), poi l'altro arco che abbraccia la seconda e la terza ciotola, e successivamente gli altri archi, fino a percorrerli tutti. Se l'acqua è ben salata e tiepida, e la pelle delle mani sufficientemente umettata e ammorbidita, voi comincerete già a provare una piccola commozione nel dito, allorchè sarete arrivati a toccare ilo ilarco (io l'ho provata talvolta abbastanza distintamente al contatto del 3°); e passando successivamente ale al 7° ecc. le scosse aumenteranno gradatamente di forza, fino al 20° arco, ossia fino all'ultimo di quelli girati nel medesimo senso; ma, passando oltre, al 21°, 22°, 23°, o al 1°, 2°, 3° della seconda ventina, nella quale essi sono tutti rivolti nel senso contrario, le scosse diventeranno ad ogni passo meno forti, tanto che al 36°, o 37° esse saranno impercettibili, e assolutamente nulle al 40°; passato il quale (ed iniziando la terza ventina, opposta alla seconda, e analoga alla prima), le scosse saranno ancora impercettibili, fino al 44° o 45° arco; ma esse ricominceranno a diventare sensibili e ad aumentare gradatamente a misura che voi avanzerete, fino al 60°, dove esse saranno arrivate alla medesima forza del 20° arco.

Ora se i 20 archi di mezzo fossero rivolti nel medesimo senso dei venti precedenti e dei venti seguenti, se tutti i 60 cospirassero a spingere il fluido elettrico nella stessa direzione, si comprende di quanto l'effetto sarebbe più grande alla fine, e la commozione più forte, ed in generale si comprende come, e fino a qual punto, essa debba essere affievolita in tutti quei casi in cui, per l'opposta posizione dei metalli, un numero più o meno grande di queste forze, si contrastano. Se la catena è interrotta in qualche parte, sia che l'acqua manchi in una delle tazze, sia che l'uno degli archi metallici sia stato tolto o che sia stato separato in due pezzi, voi non avrete nessuna commozione tuffando un dito nell'acqua del primo e un altro nell'acqua dell'ultimo vaso; ma l'avrete, forte o debole, secondo le circostanze (lasciando queste dita immerse) al momento che si ristabilirà la comunicazione interrotta, al momento che un'altra persona tufferà, nelle due tazze dove manca l'arco, due delle sue dita (che saranno pure percosse da una leggera commozione), o meglio, che essa vi tufferà quello stesso arco che era stato tolto, o un altro qualsiasi; e, nel caso dell'arco separato in due pezzi, al momento che si riporteranno questi al mutuo contatto (nel qual modo la commozione sarà più forte che non altrimenti); infine, nel caso della tazza vuota, al momento che versandovi acqua, questa giungerà ai due bracci metallici immersi in questa tazza, e che si trovavano a secco.

Allorchè la catena o corona di tazze è abbastanza lunga, e in condizione di poter dare una forte commozione, la si proverà, quantunque molto più debole, quand'anche si tenessero tuffate le due dita, o le due mani, in un solo catino d'acqua abbastanza grande, nel quale sbocchino il primo e l'ultimo arco metallico, purchè l'una o l'altra di queste mani immerse, o meglio tutte e due, si tengano rispettivamente in contatto di questi stessi archi, o abbastanza vicine al contatto; si proverà, dico, una commozione al momento che (trovandosi la catena interrotta in qualche parte) la comunicazione sarà ristabilita, e il cerchio completato, in uno dei modi che si è appena detto. Ora si potrà essere sorpresi, che in questo cerchio la corrente elettrica, avendo il suo passaggio libero attraverso una massa d'acqua non interrotta, in quest'acqua che riempie il catino, abbandoni questo buon conduttore per gettarsi, e proseguire il suo corso, attraverso il corpo della persona che tiene le sue mani immerse in questa stessa acqua, facendo così un più lungo tragitto. Ma la sorpresa cesserà, se si riflette, che le sostanze animali vive e calde, e soprattutto i loro umori, sono in generale conduttori migliori dell’acqua. Dunque il corpo della persona che tuffa le mani nell'acqua, offrendo un passaggio più facile che non quest'acqua al torrente elettrico, questi deve preferirlo, per quanto un po' più lungo. Del resto siccome il fluido elettrico, allorchè deve attraversare in massa dei conduttori che non sono perfetti, e segnatamente dei conduttori umidi, preferisce estendersi in un canale più largo, o ripartirsi in molteplici, e prendere addirittura delle vie traverse, trovandovi meno resistenza che a seguire un solo canale, benchè più corto, fa al caso nostro che una parte del torrente elettrico la quale, discostandosi dall’acqua, prende questa nuova via della persona, e la percorre da un braccio all’altro: un'altra parte più o meno grande passa attraverso l'acqua del catino. Ecco la ragione per cui la scossa che si prova è molto più debole di quando la corrente non è ripartita, quando la persona fa da sola la comunicazione da un arco all'altro, ecc.

Dopo queste esperienze si può credere che quando la torpedine vuole dare una scossa alle braccia dell'uomo, o agli animali che la toccano, o che si avvicinano al suo corpo sotto l'acqua (questa scossa è ugualmente molto più debole di quella che il pesce può dare fuori dell'acqua), essa non ha che da avvicinare alcune delle parti del suo organo elettrico dove, per via di qualche intervallo, la comunicazione manca; non ha che da togliere queste interruzioni tra l'una e l'altra delle colonne di cui è formato il detto organo, o tra quelle membrane in forma di dischi sottili, che giacciono le une sulle altre, dal fondo alla sommità di ciascuna colonna; essa non ha, dico, che da togliere queste interruzioni in uno o più luoghi, e farvi sorgere il contatto conveniente, sia comprimendo queste stesse colonne, sia facendo colare tra le pellicole o diaframmi sollevati, qualche umore, ecc. Ecco come può essere, e come io immagino che sia realmente, tutto il lavoro della torpedine nel dare la commozione; perchè tutto il resto, voglio dire l'incitamento e il movimento dato al fluido elettrico, non è che un effetto necessario del suo organo particolare, formato, come si vede, da una serie numerosissima di conduttori, che io ho tutto il fondamento di credere abbastanza differenti tra loro per essere anche motori di fluido elettrico, nei loro contatti reciproci, e di supporli disposti nel modo conveniente per spingere questo fluido con una forza sufficiente dall'alto in basso, o dal basso in alto, e determinare una corrente capace di produrre la commozione ecc., subito, e ogni volta, che tutti i contatti e le comunicazioni necessarie abbiano luogo.

Ma lasciamo ora la torpedine, e il suo organo elettrico naturale, e torniamo all'organo elettrico artificiale di mia invenzione, e particolarmente a quello che imita il primo, anche nella forma (poichè quello a ciotole se ne allontana sotto questo aspetto), ritorniamo al mio primo apparecchio a colonna. Io avrei ancora da dire qualche cosa riguardo alla costruzione del detto apparecchio a ciotole o a corona di tazze, per esempio, che è bene che la prima e l'ultima tazza siano abbastanza grandi per potervi immergere, all'occorrenza, tutta la mano ecc.; ma sarebbe troppo lungo entrare in tutti questi dettagli.

Quanto all'apparecchio a colonna, ho cercato i mezzi di allungarla molto, moltiplicando i piatti metallici senza che essa crolli; di rendere questo strumento comodo e portatile e, soprattutto, durevole: e ho trovato, tra l'altro, i seguenti, che vi metto sotto gli occhi, mediante le figure qui allegate. (fig. 2, 3, 4).

Nella figura 2a, m, m, m, m, sono dei montanti o sbarrette, in numero di tre, quattro o più, che si elevano dal piede della colonna, e chiudono, come in una gabbia, i piatti o dischi posati gli uni sugli altri, nel numero e fino all'altezza che si vuole, e li trattengono così dal cadere. Le sbarrette possono essere di vetro, di legno, o di metallo; solo, in questo ultimo caso, bisogna impedire che tocchino direttamente i piatti; il che si può fare, o coprendo ciascuna di queste sbarrette metalliche con un tubo di vetro, o interponendo fra queste e la colonna qualche fascia di tela cerata, o di carta oleata, oppure di carta semplice, o qualsiasi altro corpo, infine, che sia o coibente o cattivo conduttore: il legno e la carta lo sono abbastanza per il nostro caso, purchè essi non siano estremamente umidi o bagnati.

Ma il migliore espediente, quando si voglia formare l'apparecchio con un numero molto grande di piatti, oltre, per esempio, i 60, 80, 100, è di ripartire la colonna in due o più, come si vede nelle figure 3 e 4, in cui i pezzi hanno tutte le loro posizioni e comunicazioni rispettive, come se fossero una sola colonna. Si può effettivamente riguardare la fig. 4a, come pure la 3a, come una colonna ripiegata.

In tutte queste figure, i piatti metallici differenti sono designati con le lettere A e Z (che sono le iniziali di argento e di zinco); e i dischi ammolliti (di cartone, di pelle ecc.) interposti a ciascuna coppia di questi metalli, mediante uno strato nero.

Le linee punteggiate indicano l'unione di un metallo con l'altro in ciascuna coppia, il loro contatto reciproco attraverso un numero qualsiasi di punti, il che è indifferente; oppure che essi sono saldati insieme, il che è bene sotto più d'un aspetto; cc, cc, cc, sono delle lastre metalliche che fanno comunicare una colonna o sezione di colonna, con l'altra; e b, b, b, b, b, sono i bacini d'acqua in comunicazione con i piedi o le estremità delle colonne.

Un apparecchio così montato è assai comodo, affatto voluminoso, e lo si potrebbe rendere ancora più facilmente e più sicuramente portatile, con l'aiuto di qualche astuccio o custodia cilindrica nel quale si chiudesse e si custodisse ciascuna colonna. Peccato solamente ch'esso non duri molto tempo in buono stato; i dischi bagnati si disseccano, in uno o due giorni, al punto che bisogna umettarli di nuovo; il che si può fare tuttavia, senza smontare tutto l'apparecchio, immergendo interamente le colonne nell'acqua, e (dopo averle ritirate qualche tempo dopo) asciugandole all'esterno con un panno, o in altro modo, il meglio che si possa.

Il modo migliore di fare uno strumento durevole quanto lo si possa auspicare, sarebbe di chiudere e trattenere l'acqua interposta a ciascuna coppia di metalli, e di fissare quegli stessi piatti ai loro posti, avvolgendo con cera o pece tutta la colonna; ma la cosa è un po' difficile per l'esecuzione, ed esige molta pazienza. Io tuttavia vi sono riuscito; e ho formato, a questa maniera, due cilindri di 20 coppie metalliche, che mi servono ancora abbastanza bene dopo qualche settimana, e mi serviranno, io spero, dopo mesi.

Si ha la comodità di poter impiegare questi cilindri nelle esperienze, non soltanto in piedi, ma anche inclinati o distesi, come si voglia, e anche immersi nell'acqua, con fuori soltanto la testa: essi potrebbero dare la commozione anche immersi completamente se contenessero un numero più grande di piatti o se parecchi di questi cilindri fossero riuniti insieme, e vi fosse stata qualche interruzione, che si potesse togliere a piacere, ecc.; con il che, questi cilindri imiterebbero abbastanza bene l'anguilla tremante; per somigliarle ancor meglio anche nell'aspetto esteriore, essi potrebbero essere congiunti insieme con dei fili metallici pieghevoli, o con molle a spirale ed essere ricoperti in tutta la lunghezza da una pelle, e terminare con una testa e una coda, bene configurate ecc.

Gli effetti sensibili ai nostri organi, che produce un apparecchio formato da 40 o 50 coppie di piatti (ed anche uno meno grande, se, essendo uno dei metalli argento o rame, l'altro è zinco), non si riducono semplicemente alle commozioni: la corrente di fluido elettrico, mossa e sollecitata da un tal numero e specie di conduttori differenti, argento, zinco e acqua, disposti alternativamente nel modo descritto, non eccita soltanto contrazioni e spasimi nei muscoli, convulsioni più o meno violente nelle membra ch'essa attraversa nel suo corso, ma irrita altresì gli organi del gusto, della vista, dell'udito, e del tatto, propriamente detto, e vi produce delle sensazioni proprie a ciascuno.

Ed in primo luogo, quanto al senso del tatto; se, per mezzo di un ampio contatto della mano (ben umettata) con una lamina metallica, o meglio, immergendo profondamente la mano nell'acqua del bacino, io stabilisco da un lato una buona comunicazione con una estremità del mio apparecchio elettro-motore (bisogna dare dei nuovi nomi agli apparecchi nuovi, non solo per la forma, ma anche per gli effetti o per il principio da cui essi dipendono), e dall'altro lato applico la fronte, la palpebra, la punta del naso, abbastanza inumidite, o qualche altra parte del corpo dove la pelle sia abbastanza delicata: se io applico, dico, con un po' di pressione, qualcuna di queste parti delicate, ben umettate, contro la punta d'un filo metallico, che va a comunicare convenientemente con l'altra estremità del detto apparecchio, io sento, al momento che si completa così il circolo conduttore, nel punto toccato dalla pelle, e un po' al di , un colpo e una puntura, che passano presto, e si ripetono tutte le volte che si interrompe e si ristabilisce questo circolo: di modo che se queste alternanze sono frequenti, esse mi causano un tremolio e un pizzicore molto sgradevole. Ma, se tutte le comunicazioni continuano senza queste alternanze, senza la minima interruzione del cerchio, io non risento più niente per alcuni momenti: passati i quali, comincia alla parte applicata alla punta del filo metallico un'altra sensazione, che è un dolore acuto (senza scossa) limitato precisamente ai punti del contatto, un bruciore non soltanto continuo, ma che va sempre aumentando, al punto di diventare entro poco tempo insopportabile, e che non cessa se non interrompendo il circolo.

Quale prova più evidente della continuazione della corrente elettrica, per tutto il tempo in cui le comunicazioni dei conduttori che formano il circolo continuano(XXX FRAGEZEICHEN) e che solamente interrompendo questo, una tale corrente viene sospesa(XXX FRAGEZEICHEN) questa circolazione senza fine del fluido elettrico (questo moto perpetuo) può apparire paradossale, può non essere esplicabile: ma essa è nondimeno vera e reale, e la si tocca, per così dire, con mano. Un'altra prova evidente può anche ottenersi da ciò che in questa specie d'esperienze si prova sovente, al momento in cui si interrompe bruscamente il circolo, un colpo, una puntura, una commozione, secondo le circostanze, proprio come al momento in cui lo si chiude: con la sola differenza che queste sensazioni, causate da una specie di riflusso del fluido elettrico, o da una scossa che nasce dalla sospensione subitanea della sua corrente, sono più flebili. Ma io non ho bisogno, e non è qui il luogo d'allegare le prove di una tale circolazione senza fine del fluido elettrico, in un circolo di conduttori in cui ve ne sono alcuni che, per essere di specie diversa, fanno col loro mutuo contatto l'ufficio d'eccitatori o motori: questa proposizione, che io ho avanzato dalle mie prime ricerche e scoperte a proposito del galvanismo, e che ho sempre sostenuto appoggiandola da nuovi fatti ed esperienze, non avrà più, io spero, contraddittori.

Ritornando alla sensazione di dolore che si prova nelle esperienze sopra descritte, io devo aggiungere che se questo dolore è assai forte e pungente nelle parti ricoperte dalla pelle, esso lo è molto di più dove la pelle è stata tolta, nelle ferite, per esempio, e nelle piaghe recenti. Se per caso vi è una piccola incisione o scorticatura nel dito che io immergo nell'acqua comunicante con una delle estremità dell'apparecchio elettro-motore, io vi sento un dolore così vivo e così cocente, quando, stabilendo la comunicazione conveniente con l'altra estremità, io ne completo il circolo, al punto che devo subito desistere dall'esperienza, ossia ritirare il dito, o interrompere in qualche altro modo questo circolo. Dirò di più che io non posso neppure resistere più di qualche secondo, quando la parte dell'apparecchio che io metto in gioco, o l'apparecchio intero, non va che con venti coppie metalliche, o quasi.

Una cosa che devo ancora fare notare è che tutte queste sensazioni di pizzicore e di dolore son più forti e più acute, a parità di tutte le altre cose, quando la parte del corpo che deve avvertirle si trova dalla parte dell'elettricità negativa, vale a dire, posta nel circolo conduttore in modo che il fluido elettrico, percorrendo questo circolo, non sia diretto verso questa parte sensibile, che esso non si avanzi verso di questa e vi entri dal di fuori al di dentro ma bensì che la sua direzione sia dall'interno all'esterno, in una parola, che ne esca: in relazione a ciò bisogna conoscere, dei due metalli che entrano in coppia nell'apparecchio costruito, quale è quello che all'altro. Ora, io avevo già determinato ciò per tutti i metalli, con altre esperienze pubblicate da molto tempo nelle mie prime memorie a proposito del galvanismo. Io non dirò qui dunque altro, se non che tutto è pienamente confermato dalle esperienze ugualmente e ancor di più dimostrative ed evidenti, che mi occupano al presente.

In rapporto al senso del gusto, io avevo già scoperto e pubblicato in queste prime memorie, dove mi vidi obbligato a combattere la pretesa elettricità animale di Galvani, e di dichiararla una elettricità estrinseca, mossa dal mutuo contatto dei metalli di specie diversa; io avrei, dico, scoperto, in conseguenza di questo potere che attribuivo ai metalli, che due pezzi di questi metalli differenti, e propriamente uno d'argento e uno di zinco convenientemente applicati, ecciterebbero sulla punta della lingua delle sensazioni di sapore molto spiccate; che il sapore sarebbe decisamente acido, se, essendo la punta della lingua rivolta verso lo zinco, la corrente elettrica andasse verso di essa e vi entrasse: e che un altro sapore meno forte, ma più sgradevole, acre e tendente all'alcalino si farebbe sentire, se (essendo invertita la posizione dei metalli) la corrente elettrica uscisse dalla punta della lingua; che queste sensazioni del resto continuerebbero e riceverebbero pure degli incrementi, durante parecchi secondi, se il mutuo contatto dei metalli si mantenesse, ed il circolo conduttore non fosse in nessuna parte interrotto. Ora, quando io ho detto qui, che gli stessi fenomeni avvengono puntualmente allorchè si metta in prova, invece di una sola coppia di questi pezzi metallici, un insieme di più pezzi, disposti come si conviene; e che le suddette sensazioni di sapore, sia acido sia alcalino, aumentano, ma poco, col numero di queste coppie, io ho detto quasi tutto. Mi resta solamente da aggiungere che se l'apparecchio che si mette in giuoco per queste esperienze sulla lingua è formato da un numero abbastanza grande di coppie metalliche di questa specie, se, per esempio, ne contiene 30, 40, o di più, la lingua non prova solamente la sensazione di sapore che si è detto, ma inoltre quella di un colpo che la percuote nell'istante in cui si completa il circolo, e che le cagiona una puntura più o meno dolorosa, ma passeggera, seguìta, qualche momento dopo, dalla sensazione durevole di sapore. Questo colpo produce anche una convulsione, o tremito, di una parte o di tutta la lingua, allorchè l'apparecchio, formato da un numero ancora più grande di coppie di detti metalli, è più attivo e che, mediante delle buone comunicazioni conduttrici, la corrente elettrica che esso eccita, può passare da per tutto con abbastanza libertà.

Io ritorno spesso, e insisto, su quest'ultima condizione perchè essa è essenziale per tutte le esperienze in cui si tratta di ottenere degli effetti ben sensibili sul nostro corpo, sia di commozioni nelle membra, sia di sensazioni negli organi dei sensi. Bisogna dunque che i conduttori non metallici, che entrano nel circolo, siano buoni conduttori per quanto possibile, bene imbevuti (se non sono liquidi essi stessi) d'acqua o di qualche altro fluido più conduttore dell'acqua pura; e bisogna, oltre questo, che le superficie ben umide, per mezzo delle quali essi comunicano con i conduttori metallici, e soprattutto fra loro, siano abbastanza larghe. La comunicazione deve solamente essere ristretta, o ridotta a un piccolo numero di punti di contatto, laddove si voglia concentrare l'azione elettrica su una delle parti più sensibili del corpo, su qualche nervo dei sensi, ecc. come ho già fatto notare, a proposito delle esperienze sul tatto, cioè, delle esperienze per mezzo delle quali si eccitano dolori acuti in diverse parti. Così dunque, il modo migliore che io ho trovato per produrre sulla lingua tutte le sensazioni descritte è di applicare la sua punta contro l'estremità appuntita (che non lo sia tuttavia troppo) d'una verga metallica, che faccio comunicare convenientemente, come nelle altre esperienze, con un'estremità del mio apparecchio, e di stabilire una buona comunicazione della mano, o, il che è meglio, delle due mani insieme, con l'altra estremità. Questa applicazione della punta della lingua alla punta della verga metallica può, del resto, o esistere già, quando si va a fare l'altra comunicazione per completare il circolo (allorchè si tuffa la mano nell'acqua del bacino), o farsi dopo avere stabilito questa comunicazione, mentre la mano si trova tuffata; e, in quest'ultimo caso, io credo di sentire la puntura e la scossa sulla lingua, un pochino prima del vero contatto. Sì, mi sembrerebbe sempre, specialmente se io avanzo a poco a poco la punta della lingua, che quando essa è arrivata a una piccolissima distanza dal metallo, il fluido elettrico (vorrei quasi dire la scintilla) superando questo intervallo, si slanci per colpirla.

Riguardo al senso della vista, che io avrei anche scoperto poter essere affetto dalla debole corrente del fluido elettrico, proveniente dal mutuo contatto di due metalli differenti, in generale, ed in particolare da un pezzo d'argento con uno di zinco, io dovrei aspettarmi che la sensazione di luce eccitata dal mio nuovo apparecchio fosse più forte, a misura che esso contenesse un maggior numero di pezzi di questo metallo; ciascuna coppia dei quali, disposte come si deve, aggiunge un grado di forza alla suddetta corrente elettrica, come lo mostrano tutte le altre esperienze, e specialmente quelle coll'elettrometro, aiutato dal condensatore, che io ho solamente indicato, e che descriverò altrove. Ma io fui sorpreso di trovare che con 10, 20, 30 coppie, e più, il lampo prodotto, non sembrasse più lungo ed esteso, molto più vivo che con una sola coppia. E’ vero, intanto, che questa sensazione di luce debole e passeggera è eccitata da un tale apparecchio più agevolmente e in parecchi modi. Effettivamente, per riuscire con una sola coppia, non ci sono, all'incirca, che le maniere seguenti: cioè, o che uno dei pezzi metallici sia applicato al bulbo stesso dell'occhio, o alla palpebra, ben umettata, e che la si faccia toccare con l'altro metallo applicato all'altro occhio, o tenuto in bocca, il che il più bel guizzo; o che s'impugni questo secondo pezzo metallico, con la mano ben umettata, e lo si porti al contatto del primo; o infine che si applichino queste due lastre a certe parti dell'interno della bocca, facendole anche comunicare tra loro. Ma, con un apparecchio di 20, 30 coppie ecc. si produce il medesimo guizzo di luce, applicando in cima ad una lamina o verga metallica, che sia in comunicazione con una delle estremità di questo apparecchio, mentre con una mano si comunica convenientemente con l'altra estremità; applicando, dico, o facendo toccare a questa lamina, non soltanto l'occhio, o qualsiasi altra parte della bocca, ma la fronte, il naso, le gote, le labbra, il mento, e persino la gola; in una parola, tutte le parti e punti del viso, che dobbiamo soltanto avere ben umettate, prima di portarle a contatto della lamina metallica. Del resto la forma, come la forza, di questa luce passeggera, che si percepisce, varia un po', variando le parti della faccia sulle quali si porta l'azione della corrente elettrica; se è sulla fronte, per esempio, questa luce è mediocremente vivace, ed appare come un cerchio luminoso, sotto la quale figura essa si presenta anche in parecchie altre prove.

Ma la più curiosa di tutte queste esperienze è di tenere la lamina metallica serrata tra le labbra, ed in contatto con la punta della lingua; poichè quando in seguito si viene a completare il circolo in maniera conveniente, si eccita, tutt'insieme, se l'apparecchio è sufficientemente grande e in buon ordine, e la corrente elettrica è assai forte e in buona disposizione, una sensazione di luce negli occhi, una convulsione nelle labbra, e pure nella lingua, una puntura dolorosa sulla sua punta, seguita infine dalla sensazione di sapore.

Non mi resta che dire una parola sull'udito. Questo senso, che io avevo inutilmente cercato di eccitare con due sole lastre metalliche, per quanto le più attive fra tutti i motori di elettricità, cioè, una d'argento, o d'oro, e l'altra di zinco, sono finalmente arrivato ad influenzarlo col mio nuovo apparecchio, composto di 30 o 40 coppie di questi metalli. Ho introdotto, ben in fondo nelle due orecchie, due specie di sonde o verghe metalliche, con le punte arrotondate; e le ho fatte comunicare immediatamente colle due estremità dell'apparecchio. Nel momento in cui il circolo è stato così completato, ho ricevuto una scossa in testa; e, qualche momento dopo (continuando le comunicazioni senza alcuna interruzione), ho cominciato a sentire un suono, o piuttosto un rumore nelle orecchie, che non saprei ben definire; sarebbe una specie di scricchiolio a tratti, o crepitio, come se qualche pasta o materia tenace bollisse. Questo rumore continuò senza tregua, e senza aumento, per tutto il tempo che il circolo fu completo, ecc. La sensazione sgradevole, e che io ritenevo dannosa, della scossa nel cervello ha fattoche non ho ripetuto più volte questa esperienza.

Resta il senso dell'odorato, che io ho tentato fino ad ora inutilmente col mio apparecchio. Il fluido elettrico, che messo in corrente in un circolo completo di conduttori, produce nelle membra e parti dei corpi viventi che si trovano compresi in questo circolo, degli effetti corrispondenti alla loro eccitabilità; che, stimolando particolarmente gli organi o nervi del tatto, del gusto, della vista e dell'udito, vi eccita qualche sensazione propria ad ognuno di questi sensi, come abbiamo trovato, non produce nell'interno del naso che un pizzicore più o meno doloroso, e delle commozioni più o meno estese, secondo che la detta corrente è più o meno forte. E da dove proviene dunque, che esso non ecciti alcuna sensazione di odore, per quanto esso arrivi, come sembrerebbe, a stimolare i nervi di questo senso? Non si può dire che il fluido elettrico da stesso non sia atto a produrre sensazioni di odore; poichè, allorchè si spande nell'aria a forma di pennacchi ecc., nelle esperienze ordinarie delle macchine elettriche, porta al naso un odore assai marcato, somigliante a quello del fosforo. Dirò dunque con più verosimiglianza e su un fondamento di analogia colle altre materie odorifere, che occorre giustamente che esso si espanda nell'aria, per eccitare l'odorato; che esso ha bisogno, come gli altri effluvi, del veicolo dell'aria per influire su questo senso in modo adeguato a suscitarvi le sensazioni d'odore. Ora, nelle esperienze del caso, vale a dire della corrente elettrica in un circolo di conduttori tutti contigui, e senza la minima interruzione, questo non può assolutamente aver luogo.

Tutti i fatti che io ho riferiti in questo lungo scritto, riguardanti l'azione che il fluido elettrico, eccitato e mosso dal mio apparecchio, esercita sulle differenti parti del nostro corpo, che la sua corrente invade e attraversa; azione che, per di più, non è momentanea, ma continua e durevole, per tutto il tempo in cui, non essendo affatto interrotte le comunicazioni, questa corrente segue il suo corso; azione, infine, i cui effetti variano secondo la differente eccitabilità di queste parti, come s'è visto; tutti questi fatti già abbastanza numerosi, ed altri che si potranno ancora scoprire moltiplicando e variando le esperienze di questo genere, apriranno un campo abbastanza vasto di riflessioni e di vedute, non soltanto curiose, ma interessanti particolarmente la medicina. Ce ne sarà per occupare l'anatomista, il fisiologo, il praticante.

Si sa, per l'anatomia che n'è stata fatta, che l'organo elettrico della torpedine, e dell'anguilla tremante, consiste in parecchie colonne membranose, riempite da un'estremità all'altra da un gran numero di lamelle o pellicole, in forma di dischi sottilissimi, sovrapposti gli uni agli altri, o sostenuti ad intervalli piccolissimi, nei quali scorre, come sembrerebbe, qualche umore. Ora non si può supporre che alcuna di queste lamelle sia isolante come il vetro, la resina, la seta ecc. e meno ancora che esse possano o elettrizzarsi per sfregamento o essere disposte o caricate a guisa di piccoli quadri Frankliniani, o di piccoli elettrofori; e nemmeno che esse siano conduttori abbastanza cattivi da fare l'ufficio di un buono e durevole condensatore, come l'ha immaginato Mr. Nicholson. L'ipotesi di questo sapiente e laborioso fisico, per la quale egli fa di ciascun paio di queste pellicole, che egli vorrebbe paragonare a fogli di talco, tanti piccoli elettrofori o condensatori, è, in verità, molto ingegnosa; è forse quello che s'è immaginato di meglio per la spiegazione dei fenomeni della torpedine, attenendosi ai principj e leggi conosciute fin'ora sull'elettricità. Ma, oltre al meccanismo per mezzo del quale dovrebbe avvenire, per ciascun colpo che questo pesce volesse dare, la separazione rispettiva dei piatti, di tutti o di un gran numero di questi elettrofori o condensatori; dovrebbero, dico, avvenire tutte insieme queste separazioni, e stabilirsi da una parte una comunicazione fra loro di tutti i piatti elettrizzati in più, e d'altro lato, una comunicazione, fra tutti quelli elettrizzati in meno, come vuole Mr. Nicholson; oltre che questo meccanismo molto complicato apparirebbe molto difficile e poco naturale; oltre che la supposizione di una carica elettrica originariamente impressa e così duratura nelle pellicole che fanno l'ufficio d'elettrofori, è affatto gratuita; una tale ipotesi cade interamente, visto che queste pellicole dell'organo della torpedine non sono e non possono essere in alcun modo isolanti o suscettibili di una vera carica elettrica, e meno ancora capaci di ritenerla. Ogni sostanza animale, finchè fresca, circondata da umori e più o meno succosa di per stessa, è un abbastanza buon conduttore: dico di più, ben lungi dall'essere così coibente come le resine e il talco, alle cui foglie Mr. Nicholson cerca di paragonare le pellicole di cui si parla, non v'è, come mi sono assicurato, sostanza animale vivente o fresca, che non sia miglior deferente dell'acqua, eccettuato solamente il grasso, e qualche umore oleoso. Ma questi umori, il grasso, soprattutto semifluido o interamente fluido, come si trova negli animali viventi, possono ricevere una carica elettrica alla maniera delle lastre isolanti, e trattenerla; d'altra parte non si trova che le pellicole e gli umori dell'organo della torpedine siano grassi o oleosi. Così, dunque, questo organo formato unicamente da sostanze conduttrici, non può essere paragonato all'elettroforo o condensatore, alla bottiglia di Leida, a una qualunque macchina eccitabile, sia per sfregamento, sia per qualche altro mezzo capace di elettrizzare dei corpi isolanti, che si sono sempre creduti, prima delle mie scoperte, i soli originariamente elettrici.

A qual elettricità dunque, a quale strumento deve essere paragonato questo organo della torpedine, dell'anguilla tremante ecc.? A quello che io ho costruito, secondo il nuovo principio di elettricità che ho scoperto qualche anno fa, e che le mie esperienze successive, soprattutto quelle che mi occupano presentemente, hanno così bene confermato, ossia che i conduttori sono, in certi casi, anche motori di elettricità, nel caso di mutuo contatto tra essi, di differente specie ecc.; a questo apparecchio, che io ho chiamato Organo elettrico artificiale e che, essendo in fondo la stessa cosa dell'organo naturale della torpedine, gli rassomiglia anche per la forma, come ho già esposto.