Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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10177LIBRO I. coſa, con poche parole avrò finita la quiſtione.
Imperocchè avendomi domandato il Signor Mar-
cheſe, come ſi miſuri la forza viva de corpi, io
gli ho riſpoſto, vana eſſere la ſua domanda, con-
cioſiachè niuna forza viva abbiano i corpi:
avere
in eſſi ſolamente alcune potenze, che produco-
no la velocità, et altre, che la diſtruggono;
al-
le quali ſe ſi aggiunga l’ inerzia, che è la con-
ſervazione del movimento e della quiete, niu-
na altra forza ſi ricerchi a qualſivoglia effetto
della natura.
E già agli effetti della gravi-
tà abbiamo veduto niente altro ricercarſi;
re-
ſta, che ſi vegga lo ſteſſo negli elaſtri.
Se queſto
reſta, diſſe allora il Signor D.
Serao, non reſta
così poco, come voi dite;
anzi parmi, che reſti
ogni coſa;
ſapendo noi, che Bernulli riduſſe tut-
ta la quiſtione a gli elaſtri ſoli.
E per queſto, riſ-
poſi io, la riduſſe a poco.
Perciocchè di qualun-
que maniera ſi apra una ſerie di elaſtri, e ſpinga
un corpo, che altro fa ella, ſe non produrre in
eſſo altre ed altre velocità, onde egli vie più s’
affretta, e corre via?
il che tutto può beniſſimo
intenderſi, intendendo ſolamente alcuna potenza,
che produca nel corpo le velocità ſopraddette, e
l’ inerzia, che le conſervi.
E con ciò ſolo, ſe la
Signora Principeſſa me ne deſſe licenza, io po-
trei aver finito il mio ragionare.
Io la prego be-
ne, diſſe allora il Signor D.
Niccola, di non dar-
vela;
parendomi, che voi vogliate con coteſto vo-
ſtro argomento più toſto naſconderci

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