Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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10581LIBRO I. che ſegue la velocità, l’ altra, che la previene;
indi verſo me ſorridendo, a voi ſta, diſſe, di
liberarvi dall’ una e dall’ altra.
Io credeva, ri-
ſpoſi, di dover combattere contro quella forza
viva, che da principio introduſſero i Leibniziani,
non contro tutte le forze, che poſſono venire in
mente a chi che ſia, e che ciaſcuno può ad’ ar-
bitrio ſuo chiamar forze vive;
perciocchè queſto
è cangiar la quiſtione, ritenendo lo ſteſſo nome.

Per altro io poſſo ben dirvi, che il Signor Mar-
cheſe di Campo Hermoſo, et io, abbiamo fin’ o-
ra ſpiegato tutti gli effetti della gravità, e per quan-
to è paruto a noi, aſſai comodamente;
ne mai
ci ſiamo avveduti d’ aver biſogno d’ alcuna di co-
teſte due forze, ne della ſuſſeguente, ne della
preveniente.
Se la coſa v’ è andata bene, diſſe
il Signor D.
Nicola, nella gravità, non vi an-
drà forſe così bene negli elaſtri.
Perciocchè ſpan-
dendoſi una ſerie di elaſtri, e urtando alcun cor-
po, ſe voi mi dite, che produce in eſſo una cer-
ta velocità, e non altro;
a voi ſtarà di dimoſtra-
re, che queſta velocità ſia proporzionale alla ſe-
rie ſteſſa, com’ eſſer dee ogni effetto alla ſua cau-
ſa;
il che non potendo per voi dimoſtrarſi, vi fa-
rà d’ uopo confeſſare, che la ſerie non produce
la velocità, ma altro;
e dovrete finalmente ri-
correre a quella forza viva, che dite preveniente.

Io non ſo, riſpoſi, s’ io ſia così obbligato, co-
me a voi pare, di dimoſtrarvi, che la velocità,
eſſendo prodotta daila ſerie, debba per ciò

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