Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

Page concordance

< >
Scan Original
101 77
102 78
103 79
104 80
105 81
106 82
107 83
108 84
109 85
110 86
111 87
112 88
113 89
114 90
115 91
116 92
117 93
118 94
119 95
120 96
121 97
122 98
123 99
124 100
125 101
126 102
127 103
128 104
129 105
130 106
< >
page |< < (97) of 343 > >|
12197LIBRO I. non il comodo loro, ma una certa belliſſima per-
fezione della natura, che mal potrebbe da eſſa
ſepararſi.
E parmi, che abbiano fatto bene a ſta-
bilirne come un principio, per cui proponendoſi
più ſiſtemi, che tendano a un medeſimo ſine, quel-
lo ſempre ſtimino eſſer vero, et abbraccino, che
è più ſpedito, e più facile, e più ſemplice.
E il
far queſto, diſs’ io, come vedete, è molto como-
do ai filoſofi.
Anzi è, diſſe il Signor D. Serao,
convenientiſſimo alla ſapienza della natura.
Io non
nego, diſſi allora, che queſta ſemplicità, che voi
dite, ſia molto bella, e degna della natura;
e con-
feſſo che gli argomenti, che da eſſa ſi traggono,
hanno qualche poco di probabilità;
dico bene, che
non sforzano l’ intelletto, ma lo luſingano ſolo,
e l’ invitano, e ſono da abbracciarſi, come tutte
le altre ragioni probabili, con aſſai timore.
E ſe a
quelle ragioni, che ſi traggono dalla ſemplicità
della natura, noi levaſſimo tutta la forza, che lor
viene dal pregiudizio, e dall’ errore, credo che
molto poca gliene reſterebbe.
Qual è queſto pre-
giudizio?
diſſe il Signor D. Serao. Il pregiudizio
è, riſpoſi, che eſſendo noi avvezzi a lodar ſem-
pre i noſtri artefici, e tutte le loro opere, tanto
più, quanto più ſono ſemplici, vogliamo trasferi-
re in Dio la ſteſſa lode;
ne ci accorgiamo, che
quello, che è lode ne noſtri artefici, potrebbe non
eſſer lode in Dio.
Come? diſſe il Signor D. Se-
rao;
ſe è lode dell’ orologiero compor l’orologio
più toſto di tre ruote, che di venti, potendo

Text layer

  • Dictionary

Text normalization

  • Original
  • Regularized
  • Normalized

Search


  • Exact
  • All forms
  • Fulltext index
  • Morphological index