Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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12298DELLA FORZA DE’ CORPI lo nell’ una, e nell’ altra maniera; non ſatà egli
lode anche di Dio, potendo fare queſto maravi-
glioſo univerſo in più maniere, il farlo nella più
ſemplice?
E ſe ſavio, accorto, e prudente ſi ſtima
da ognuno quell’ artefice, che fa l’ orologio più
toſto di tre ruote, che di venti;
perchè non ſa-
viiſſimo, non accortiſſimo, non prudentiſſimo ſti-
meraſſi egli il ſovrano artefice di tutte le coſe, fac-
cendole provenire più toſto da due principj, che
da mille?
Voi dite vero, riſpoſi; e non è alcun
dubio, che l’ orologiero farà gran ſenno a com-
por l’ orologio con tre ruote più toſto, che con
venti;
e ciò forſe all’ accortezza, e ſaviezza ſua ſi
conviene.
Ma vedete, che tutto queſto ſi appog.
gia, ad una ragione, che voi forſe non avvertite, et è
a mio giudicio, tanto forte, che par quaſr, che eſ-
ſa ſola voglia eſſere conſiderata;
e queſta è, che
all’ orologiero più tempo, e più fatica ſi ricerca a
fare, e comporre inſieme le venti ruote, che le,
tre;
et oltre a ciò vi ha più ſpeſa, et anche più
pericolo, eſſendo più facile errare in venti, che in
tre;
e quindi è, che eſſendo egli in tutte le ſue
facoltà finito, e riſtretto, dee uſarne in ciaſcuna
delle ſue opere il men che può, per riſerbarne il
più che può per le altre.
Che ſe ſi deſſe un oro-
logiero, a cui lo ſteſſo foſſe far venti ruote, che
tre, ne più ſpeſa vi aveſſe, ne più fatica, ne più
tempo doveſſe porvi, ne più ſtudio, e foſse egual-
mente ſicuro di ſaperle congegnar bene;
io non
ſo, per qual ragione doveſse egli eſser ripreſo,

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