126102DELLA FORZA DE’ CORPI
che formaſſe un Dio ſapientiſſimo?
A me par,
diſſi, che formerebbe un Dio molto pigro; per-
ciocchè eſſendo a queſto Dio, ſe egli è veramen-
te Dio, egualmente facili e brevi tutte le vie,
ne potendogli venir meno ne la poſſanza ne i
mezzi, io non sò, perchè egli voleſſe ſtudiar
tanto il riſparmio, e ſeguir ſempre quelle vie,
che non a lui ſon le più facili, e brevi, ma a
noi. Qual ragione, diſſe allora il Signor D. Ni-
cola, avrebbe egli di ſeguir le più lunghe, e le
più torte? Quella ſteſſa, riſpoſi io, che avrebbe
di ſeguir le più brevi, e le più facili; che io non
ſo, qual ragione ſegua un Dio, creando le coſe;
dico bene, che la ragione, che egli ſegue, non
può eſſere ne la brevità, ne la facilità, ne la ſem-
plicità, eſſendo a lui breviſſimo, e faciliſſimo, e
ſempliciſſimo ogni coſa. La bellezza dell’ opera,
diſſe quivi il Signor D. Serao, potrebbe forſe eſ-
ſere una tal ragione; poichè eſſendo certamente
piû bella quell’ opera, che è più ſemplice, ne vie-
ne, che ſe Dio vuol crear la più bella, vorrà an-
cora crear la più ſemplice. Che ſe egli in tutto
ſtudia, e vuole l’ onor ſuo (giacchè mi traete
a viva forza in Teologia) quale onore farebbe
a lui un’ opera intralciata in mille modi et av-
volta, in cui ſi perveniſſe per cento mezzi ad un
fine, al quale potea pervenirſi per uno ſolo? ſen-
za che, quando egli per giungere a un certo fine
ſi ſerviſſe di mezzi inutili, moſtrerebbe di non
conoſcerli. Voi, diſſi, Signor D. Serao, mi
diſſi, che formerebbe un Dio molto pigro; per-
ciocchè eſſendo a queſto Dio, ſe egli è veramen-
te Dio, egualmente facili e brevi tutte le vie,
ne potendogli venir meno ne la poſſanza ne i
mezzi, io non sò, perchè egli voleſſe ſtudiar
tanto il riſparmio, e ſeguir ſempre quelle vie,
che non a lui ſon le più facili, e brevi, ma a
noi. Qual ragione, diſſe allora il Signor D. Ni-
cola, avrebbe egli di ſeguir le più lunghe, e le
più torte? Quella ſteſſa, riſpoſi io, che avrebbe
di ſeguir le più brevi, e le più facili; che io non
ſo, qual ragione ſegua un Dio, creando le coſe;
dico bene, che la ragione, che egli ſegue, non
può eſſere ne la brevità, ne la facilità, ne la ſem-
plicità, eſſendo a lui breviſſimo, e faciliſſimo, e
ſempliciſſimo ogni coſa. La bellezza dell’ opera,
diſſe quivi il Signor D. Serao, potrebbe forſe eſ-
ſere una tal ragione; poichè eſſendo certamente
piû bella quell’ opera, che è più ſemplice, ne vie-
ne, che ſe Dio vuol crear la più bella, vorrà an-
cora crear la più ſemplice. Che ſe egli in tutto
ſtudia, e vuole l’ onor ſuo (giacchè mi traete
a viva forza in Teologia) quale onore farebbe
a lui un’ opera intralciata in mille modi et av-
volta, in cui ſi perveniſſe per cento mezzi ad un
fine, al quale potea pervenirſi per uno ſolo? ſen-
za che, quando egli per giungere a un certo fine
ſi ſerviſſe di mezzi inutili, moſtrerebbe di non
conoſcerli. Voi, diſſi, Signor D. Serao, mi