Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

Page concordance

< >
Scan Original
121 97
122 98
123 99
124 100
125 101
126 102
127 103
128 104
129 105
130 106
131 107
132 108
133 109
134 110
135 111
136 112
137 113
138 114
139 115
140 116
141 117
142 118
143 119
144 120
145 121
146 122
147 123
148
149 125
150 126
< >
page |< < (105) of 343 > >|
129105LIBRO I. una bella prova di eloquenza. Ma io vorrei ſenza
eloquenza, che riſpondeſte a quello, che ho det-
to, cioè che l’ opera, che è più ſemplice, è an-
cor più bella, e fa più onore all’ autor ſuo;
don-
de ne viene, che volendo Dio il ſuo onore, e
creando per queſto le coſe e non per altro, cree-
rà le più ſemplici.
Che le opere, riſpoſi io allo-
ra, le quali ſono più ſemplici, ſieno ancora per
noi più comode, non ne ho dubio alcuno;
più
preſto e meglio le intendiamo.
Et eſſendo più co-
mode, non è alcun dubio, che ancor più piac-
ciano;
e più piacendo debbano parere anche più
belle.
Ma ſe voi vorrete metter da parte il vo-
ſtro amor proprio, che vi fa parer belle tutte le
coſe, che a voi ſon comode;
e vorrete giudicar
di loro non per quello, che ſono a voi, ma per
quello, che ſono in lor medeſime;
io non veggo
già, come non debba più piacere, e dirſi più bel-
la un’ opera, in cui riſplenda grandiſſimo ſtudio,
e moltiſſimo artifizio, che un’ altra, in cui nien-
te ſia di ciò;
benchè abbiano tutte e due lo ſteſ-
ſo fine.
Un danzatore va da un luogo ad un’ al-
tro con molti, e varj giri e movimenti artificioſiſ-
ſimi;
i quali ſe ſon grazioſi, più piace, che ſe vi
andaſſe ſpeditamente e ſenza arte;
perchè non
piace l’ andarvi;
piace la maniera, con cui vi va.
Ma acciocchè non dobbiate dire, che io mi ſerva
dell’ eloquenza, la qual non ſo, come a voi pa-
ja, che oggi ſia nata in me, io laſcio ſtare, che
le opere più ſemplici ſieno ancor le più belle,

Text layer

  • Dictionary

Text normalization

  • Original
  • Regularized
  • Normalized

Search


  • Exact
  • All forms
  • Fulltext index
  • Morphological index