Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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137113LIBRO I. go giro. Che volete? riſpoſi io allora; il Padre
Riccati lo fa egli pure;
e ſe io nol faceva ancor’
io, il Signor D.
Niccola mi avrebbe accuſato.
Per altro il Padre Riccati alla perfine viene anch’
egli in queſto, che la forza viva altro non ſia,
che l’ inerzia, inquanto conſerva il cangiamento
prodotto da una potenza contro un’ altra poten-
za, che lo va diſtruggendo;
che è quanto dire: la-
ſcia, che la potenza contraria lo diſtrugga a po-
co a poco, et eſſa intanto va conſervando gli a-
vanzi, finchè alcuno ne reſta.
Ma crede egli, diſ-
ſe allora la Signora Principeſſa, che l’ inerzia ſia
una vera forza, e che conſervando quegli avanzi
agiſca veramente ne corpi, come le altre forze
fanno?
No, riſpoſi; anzi egli vuole il contrario;
e come vedrete nel primo de ſuoi dialoghi, egli
ſpiega l’ inerzia eccellentemente, dicendo, che el-
la non ha alcuna azion vera, e non avendone al-
cuna, laſcia ſtar le coſe così, come ſono, e per-
ciò le ſi attribuiſce il conſervarle;
et è una virtù,
che ſi concepiſce da noi ne corpi, e forſe non
vi è.
Se così è, diſſe la Signora Principeſſa, la
forza viva del Padre Riccati non ſarà forſe ne
corpi, ma ſolo nella mente ſua;
e quando foſſe
ne corpi, non avrà molto da fare;
perchè non
avendo azion niuna, e laſciando ſtar le coſe,
come ſono, può ſtarſi in ozio, et anche an-
darſene, ſe a Dio piace.
Ma quale è de Leibni-
ziani, o de Bernulliani, che per forza viva in-
tenda una virtù così ozioſa?
la quale non

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