Cavalieri, Buonaventura, Lo specchio ustorio overo trattato delle settioni coniche, et alcuni loro mirabili effetti intorno al lume, caldo, freddo, suono, e moto ancora

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[91.] Come ſi deſcriua l’Iperbola, & Eliſsi per ì punticontinuati. Cap. L.
[92.] D’vn’altra maniera molto facile, & eſpediente, di deſcriuere per i punti continuati la Parabola, che habbi per foco vn determinato punto. Cap. L I.
[93.] Come dalla Parabola ſi poſſono dedurre infinite Iperbole, che con mirabile analogia vanno mutan-do i lati traſuerſi, mantenendo però ſempre l’iſteſ-ſo lato retto. Cap. LII.
[94.] In qual maniera ſi poſſi deſcriuere l’Iperbola equilatera, il cuifoco diſti dalla ſua ci-ma quanto noi vorremo. Cap. LIII.
[95.] Come ſi deſcriua l’Eliſsi, che habbiciaſcun de’ſuoi fochi distanti dall’eſtremità dell’aſſe quanto ſi voglia. Cap. LIV.
[96.] Corollario.
[97.] Di altre maniere ancora di dedurre le Settioni Coni-che vicendeuolmente l’vna dall’altra, o dal-la circonferenza del cerchio. Cap. LV. & vlt.
[98.] Deus nobis vſuram vitæ dedit, & ingenij tamquam pecuniæ, nulla praſtituta die.
[99.] Errcri ſcorſi per inauuettenz@ nello ſtampate.
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138118Delle Settioni tiche, quando ſi tira con l’arco à ſegno, cioè
di punto in bianco, poter’andare lo ſtrale per
inſino à ducento paſſi, ma di tiro eleuato,
com’à dire, circag.
45. ch’è il maſſimo, poterſi
tirar lontano ſino à quattrocento paſſi;
che ſe
s’intendeſſe il ſudetto Autore d’vn’arco non
caricato à mano, ma con leue, martinelli, e ſi-
mili ordigni, crederei ſi poteſſe con queſti ar-
riuare alla diſtanza di mezo miglio, e più an-
cora.
E che parli d’vn tal’arco il detto Auto-
re, hà del probabiliſſimo, poiche racconta Po-
libio, che hauendo i Romani prouato la tem-
peſta delle pietre, ch’erano ſcagliate dalle
mura, ritrouandoſi aſſai lontani da quelle, ſti-
mò Marco Marcello, che ad Archimede foſſe
biſogno di tanta diſtanza, e che à tanto ſpatio
foſſero caricate le frombole, le baleſtri, e ſimi-
li ſtromenti da tirar pietre;
la onde coman-
dò, ſi accoſtaſſe alle mura, per veder d’in-
gannar’Archimede, edi rendere inutili quel-
le machine, dalle quali ſentiua nella propria
Armata tant’offe@a;
ma egli fù l’ingannato,
poiche ritrouò non minor’apparato da vicino,
che da lontano, come racconta il medeſimo
Polibio dicendo;
Ad extremum M.

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