Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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15446OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Quanto ſiaſi inoltratto, e tuttavia s’inoltri nell’ Architettura l’ abuſo vizioſo, ce
lo manifeſta l’ eſperienza.
Io oſſervo certi Architetti, che fanno lor gloria nel dichia-
rarſi Apoſtati nell’ Architettura ſull’ eſempio di Michel Agnolo Buonarroti, del Ber-
nini, del Borromini, ed anche del Padre Pozzi, tutti Architetti vizioſi, e contrarj
al vero, e retto modo, che hanno tenuto gli eruditi, e pratici maeſtri dell’ ottima
antichità, e che ci viene additata chiaramente dalla ſteſſa Natura.
Ora oſſervando il Trattato, e gli eſempj di Bernardo Antonio Vittone Architetto
Accademico di San Luca di Roma, che ſi dichiara d’ eſſer uno dei veri Comentatorì
di Vitruvio, e di porre in chiaro tutte quelle oſcurità, che altri proteſtano d’ in-
contrare;
e che per dimoſtrar ciò ha prodotto i ſuoi ſingolari ſtudj e diſegni, ſi
crede di far con eſſi rilevare il fino ſuo intendere, e la felicità del ſuo capriccioſo
penſare, sì per quello che concerne l’ erudizione Vitruviana, sì ancora per la diſpo-
ſizione degli Ordini Architettonici, ſecondo la ſingolare opinione Romana, e le
propoſizioni del Vignola.
E pure fra quanti hanno ſcritto d’ Architettura il Vigno-
la è uno de’più ſcarſi, e corti per far intendere qual ſia il vero buono, che debba
imitarſi.
Ora il Vittone bramoſo oltremodo di paleſare al Mondo lo ſtudio Roma-
no, ſoſtenendo le maſſime degli accennati Autori, eſpone non ſolo varie ſue idee
di fabbriche, ma vi aggiunge varie ſue porte e fineſtre, per accreſcer quelle eſpo-
ſte dallo ſteſſo Vignola, dalle quali ſi rileverà l’ avanzamento dell’ adulteramento, e
corrompimento del buono, e vero guſto della purità degli antichi tempi, facendo
ſempre più rilevare la vizioſità dei tempi preſenti, che rappreſenta ſoltanto ſceniche
apparenze, che nulla poſſeggono di quella vera ſolidità, che è tanto pregevole, nè
di quella nobiltà, che è tanto propria della reale e genuina Architettura.
Eccovi pertanto la prima ſua porta, e la prima ſua fineſtra ſemiruſtica, l’una, e
l’altra d’ordine Toſcano.
Sopra la porta è ripiegata la cornice per includere una fi-
neſtrella per dar lume all’ingreſſo.
Queſta ſi poteva beniſſimo accomodare ſopra la
ſteſſa cornice, nè ſarle far comparſa, come quì, di prigione, anzichè d’ onorevole
abitazione.
Non ſo intendere, come altri poſſa farſi lecito di ripiegar le cornici, ri-
voltandole irregolarmente coll’idea d’ accomodamento, e a un tempo ſteſſo romper l’
ordine, e l’uſizio d’ eſſe cornici, come appariſce dalle due ſottoccornici tagliate, che
ſporgono in ſuori a foggia di ſperone, ed appoggiare ſopra dei tuſi;
quando queſte
altro non rappreſentano, che legamenti ragionevoli delle fabbriche, e corona dell’
opera architettonica.
Non ſo tampoco comprendere la collocazione di quelle bugne,
parte tuſe, e parte riquadrate ſulla ſoglia poſte correnti al centro, mentre queſte al-
tro non fanno, ſe non figura di tagliare la ſteſſa ſoglia.
La fineſtra poi, che accompagna la porta, ſe ſi conſideri, compariſce ſtorpiata.
Qual è mai la ragione di porre le erte sì tronche al di ſopra, e non correnti in cor-
nice, ma col tuſo ſopra, formare il fregio parimente tagliato, laſciando il vacuo al-
la ſola ſerraglia di tufo, la quale ſopravvanza la cornice, e il gocciolatojo totalmente
raſo da’ membri.
Smorſioſa coſa ella ſi è queſta al certo non mai lodevole, veder
cioè, la ſoglia sì ſmezzata, parte liſcia, parte tuſa, e parte architravata:
coſa pari-
mente ridicola e montagnuola, e priva d’ ogni leggiera apparenza.
La ſeconda porta è detta dall’ Autore d’Ordine Jonico. Io non ſo, ſe debba con
ragione così nominarſi a motivo di ſua sì ſtravagante ſigura, lontana dall’ ottima Ar-
chitettura, non avendo alcun alcun ordine, o regolamento poſitivo.
Se è permeſſo dir ciò,
che è, dovrà dirſi, che è lavoro da ſtuccatore, di figura peſantiſſima, ſenz’ alcuna
proporzione, e miſura:
ſtorpiamenti capriccioſi di bizzarri ingegni, che a briglia
ſciolta ſi laſciano traſportare dall’ impeto dei loro traſporti vizioſi, non accorgendoſi,
che il tutto altro non è, che conſuſione.
Oſſervabile pure ſi è in queſto luogo la fineſtra Dorica, che compariſce pompoſa e
leggiera;
e tuttavia il dotto Galaccini la diſapprova colla ragione da eſſo eſpoſta nel
ſuo Trattato degli errori degli Arcbitetti, ove propone l’eſempio di porre i telari
a reggere tutto il peſo della cornice, e del fronteſpizio.
In queſta però vi è di più,
ed è la piana, che ſporge in ſuori, e moſtra di non ſoſtenere lo ſteſſo telaro nè po-
co, nè punto:
ma per lo contrario ſembra menſola ornata dalla teſta di leone, che
abbraccia un occhio, che poſſa ſervire per fineſtra ad un ſotterraneo.
Bizzarrie di
niun momento, e vaniſſime.

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