Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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154130DELLA FORZA DE’ CORPI e per queſt’ iſteſſa ragione niente mi maraviglierei,
ſe quel perfettiſſimo filoſoſo, che noi andiamo o-
ra immaginando, voleſſe eſſere anche poeta.
E
certo avendo egli quella tanta cognizione, che
noi vogliamo, che abbia, di dialettica, di metafiſi-
ca, di morale, avrebbe un grande ajuto ad eſſe-
re un dottiſſimo poeta, e un’ oratore eloquentiſ-
ſimo.
E noi ſappiamo, che Cicerone, prezzando
poco i documenti della rettorica, uiuna coſa ſtimò
eſſergli ſtata tanto giovevole a divenire quel gran-
diſſimo oratore, che era, quanto lo ſtudio del-
le ſopraddette ſcienze;
et eſaminando una volta,
qual filoſofia foſſe a queſto fine più accomodata
dell’ altre, antepoſe a tutte quella dei Peripate-
tici, e degli Accademici;
et affermò, lui eſſe-
re uſcito così grande, com’ era, non già dal-
le officine dei rettori, ma dagli ſpazj dell’
accademia.
La qual coſa conſiderando io tal-
volta meco ſteſso, e penſando, che quella
antica filoſofia partorì pure al mondo un così ec-
cellente, e così divino oratore, non sò compren-
dere, come molti ſe l’ abbiano per una filoſofia
inutile, e da ſprezzarſi.
Laſcio ſtare, che tanti al-
tri oratori, e poeti valoroſiſſimi, e ſommi uſci-
rono da quelle medeſime ſcuole.
Ma ritornando
al noſtro filoſofo, molto ancora gli mancherebbe,
ſe egli non poſſedeſſe perfettamente tutte le par-
ri della fiſica;
nella quale entrando, io vorrei,
che egli non ſolamente andaſſe dietro a quelle
coſe, che per li ſenſi ci ſi manifeſtano;
ma

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