Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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163139LIBRO II. lo, che reſta intorno alla quiſtione della forza vi-
va.
Tutti condiſceſero volentieri al deſiderio del-
la Signora Principeſſa, et io più che gli altri, a-
vendo già cominciato a piacermi il mare.
Perchè
uſcimmo tutti allegramente, e giunti a riva, tro-
vammo quivi un picciol legno, il più leggero, e
il più vago del mondo;
che oltre l’ eſſere forni-
to d’ albero e di vela e di remi, era anche di pit-
ture e di rilievi al di fuori leggiadramente orna-
to, e dentro d’ ori e di ſete e di drappi guarnito,
che non potea vederſi più bella coſa.
Non era
quaſi mare, traendo allora un venticello ſoaviſſi-
mo;
perchè entrati ſubito in nave, e fatto vela,
ci allargammo alquanto nel ſeno, laſciando ad-
dietro Napoli, e ſcoprendo dall’ altra parte l’ im-
menſa vaitità del mare, che era belliſſimo a ve-
dere per la gran frequenza delle barche, le quali
parte andavano a Baja e venivano per ſervigi del-
la Corte, che vi ſi aſpettava il dì vegnente;
e
parte correvano a lor ſollazzo, avendo ſopra bel-
liffime compagnie d’ uomini e di donne, che fa-
cevano di tanto in tanto riſonar l’ aria d’ una gra-
ta armonia colle trombe, e gli oboè.
Il ſole,
che era aſſai alto, le percoteva co’ lucidiſſimi ſuoi
raggi, e le rendeva ancor più vaghe.
Le quali co-
ſe mirando io più attentamente degli altri, come
quello, che men degli altri era avvezzo di vederle,
e’ mi par, diſſi, che queſte barche, e queſte rive
e queſta ampiezza del mare ſieno tanto belle, che
ſi faccia lor torto volendo rivolgere il penſiero

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