Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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16759DEGLI ARCHITETTI.
Una delle due porte di riva nel Palazzo de’ NN. UU. Peſaro ſopra il rio.
Simigliante Architetoura non può in verun conto approvarſi, come quella, che è
deformata e falſa nelle ſue parti.
Si oſſervi, quanto è ſgarbata la ſua poſitura, e
quanto male ſia appoggiata.
Sono anche più biaſimevoli i ſuoi colonnati tozzi, e
deformati, sì mal meſſi nel loro peduzzo.
Il rimanente poi, della cornice cioè, e
d’altro venne affai male concepito.
Eppure l’Architetto credeva d’eſſerſi fatto par-
tito, col far moſtra d’una nuova invenzione, che ſi luſingava eſſere una prova di
ſua inſigne bravura.
Gran cofa, che quell’Architettura tanto ftimata, onorevole, e
pura, colla quale i famoſi Artefici antichi adornavano le fabbriche con loro gloria,
e fama, per le ottime proporzioni, e adeguati penſamenti in tutti gli Ordini ſem-
pre diſpoſti con nobiltà:
dove per lo contrario veggionſi ai tempi noſtri pregiudica-
te, e guaſte, con ornati privi di grazia deformati, e ridotti a sì mal partito, che
non ſi ſa oggimai più riconoſcere il pregio della felice, e virtuoſa Architettura.
Da queſta ſcorrettiſſima porta ſi potrà rilevare, quanto ſia biaſimevole l’ uſo di
ſcorrette proporzioni, che ſi ſcoſtano dall’unione di retta ſimmetria.
Sembra, che que-
ſta porta ſia d’Ordine Toſcano, tanto ſi manifeſta l’alto, e il piano;
concioſſiachè
le colonne ſieno ſcarſiffime nella loro altezza, come quelle, che non paſſano le ſei
teſte del loro peduzzo, compreſo il capitello.
Quanto a me, penſo, che queſto Ar-
chitetto, che ſi valſe di sì ſcarſa miſura, pretendeſſe di ſecondare il gran Vitruvio,
ove dice, che nella Jonia fu fabbricato ad Apollo Pannionio un Tempio, perchè pri-
ma ne aveva veduto un altro eretto nella Città dei Doreſi, ove volendo por le co-
lonne, nè avendo peranche le ſimmetrie delle medeſime, perchè poteſſero reggere il
peſo con qualche vaghezza di proporzione, quel tale Architetto miſurò la pianta del
piede virile, e di groſſezza formando da baffo il fuſto della colonna, la levò ſei vol-
te in altezza da terra col ſuo capitello:
e così appunto pretendeſſe di fare lui. In
queſto caſo può ſupporſi, che il ſuo ſpiritoſo intendere abbia penſato a quel bel ri-
piego moſtratoci dal Palladio nel ſuo IV.
libro dell’Antichità, praticato per allungar
le colonne, veduto e difegnato da eſſo nel Tempio del Batteſimo di Coſtantino in
Roma, e da eſſo pur praticato in S.
Giorgio Maggiore in Venezia alle colonne poſte
nella porta maggiore dentro la Chieſa, e ai due Altarinella crociera:
così queſto pen-
sò valerſi dello ſteſſo partito, allungando colla pera aggiuntavi, e zoccolo al di ſot-
to, finchè arrivaſſero a far moſtra di quella grazia, che non avevano, e veniſſero a
comporre inſieme otto teſte della loro altezza.
Siffatto ripiego fu buono nel Batteſi-
mo di Coſtantino, e più ancora del Palladio in San Giorgio Maggiore:
ma in que-
ſto fa comparſa molto peſante, nè ha veſtigio della grazia e gentilezza delle colon-
ne accennate;
ed in quelle pure vi è la ſua baſe ornata, e bella; dove in queſte,
ſuppoſto l’Ordine Toſcano, il loro plinto è troppo alto, e lontano dalla convenien-
te ſua proporzione, e bellezza.
Sotto poi i regoloni vi è il modiglione cartellato per
ſoſtegno della detta colonna, ed in eſſo terminano gli ſcalini della ſteſſa riva.
Sopra le ſuddette colonne appoggia la cornice architravata e leſinata, con appreſſo
il pilaftro.
Il punto ſta, come poſſanvi aver luogo l’altre leſinature al di dentro nel-
la ſteſſa cornice corrente fopra l’arco:
può avervelo la leſinatura ſopra la ferraglia,
nol nego:
ma che abbiaſi a leſinare perpendicolarmente anche ſopra le impoſte, e-
gli è errore majuſcolo, e ſommo, sì per l’una, che per l’altra parte, la quale le-
ſinatura ſta ſopra la ſteſſa cornice in aria, e queſta poſta ſull’ angolo dell’arco, ed
arriva all’ovolo ſotto il gocciolatojo.
Come ſiaſi ideato tale improprietà lo ſpiritoſo
Architetto, non ſo comprenderlo, non eſſendovi la menoma ragione;
che anzi per
lo contrario vi ripugna totalmente la buona Architettura:
come altresì quel raggio,
che ſe ne ſta in aria così pendente, in vece d’appoggiare ſulle proprie impoſte,
centro per eſſo proprio:
nè potrà mai ſalvar l’Architetto quella meſchiniſſima zat-
tina cerchiata, per indicare il ſuo appoggiamento ſaldo.
In ſomma guaſta è una tale
Architettura, male eſeguita fuor d’ogni ragione.
Così l’Architetto, che non ha fon-
do d’Arte, falla a occhi veggenti certamente.
La preſente figura ſi vede nella Chieſa di S. Maria dei Miracoli, e ſerve aſſai
per eſemplare delle ſoglie aggravate appunto ſul falſo.
In queſta Chieſa adunque ſi oſ@erva, per così eſprimerci, il modello di figura pe-
fante ſul falſo, aggravando la ſoglia, che la foſtiene, ed è alli due altari

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