Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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18xiv aver caro, che gli altri, per volere imitarla, non
glie la guaſtaßero.
E certamente quelli, che la
guaſtano, e volendo ſcrivere nella fiorentina lin-
gua, non ne hanno ne il ſapore ne la grazia, tan-
to più mi pajon da riprendere, che avendo eſſi per
le mani un’ altra lingua, in cui potrebbono forſe,
ſe vi applicaſſer l’ animo, ſcrivere leggiadramente,
la traſcurano, ancorchè non manchino loro grandiſ-
ſimi e nobiliſſimi eſempi.
Che di vero l’ Arioſto
ſcrivendo, come e’ ſcriſſe, non moſtrò gran fatto
di voler ſottoporſi alle regole del parlar fiorenti-
no;
il Caſtiglione nel ſuo belliſſimo Cortegiano cer-
to non volle.
E qneſti pur furono nello ſcrivere
eccellentiſſimi.
E potrei addurne molt’ altri, i
quali ſcrivendo in italiano, banno ſcritto tanto
bene, che i Fiorentini ſe gli banno poi preſi, et
annoverati fra i ſuoi autori, credendo, che tutto
quello, che è ben ſcritto, ſia degno di eßere fio-
rentino.
Con che banno aſſai dimoſtrato, quanto
apprezzino le altre lingue dell’ italia, et ban fat-
to animo a chiunque voglia dell’ altre lingue ſer-
virſi;
potendo oggimai ſperare ognuno, che in eſ-
ſe ſcriva, purchè abbia vagbezza e grazia, di di-
ventar fiorentino una volta.
Nè mi ſi dica, che
permettendo io a gl’ Italiani di ſcrivere in lin-
gua italiana ſenza ſoggettarſi alle regole del par-
lar fiorentino, io voglia conceder loro una sfrena-
tiſſima libertà di uſar tutte le parole, e tutti i
modi, che lor vengono a mente, ſenza diſtinzio-
ne, e ſenza regola niuna.
Perciocchè in

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