Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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218194DELLA FORZA DE’ CORPI ghiate voi, il qual pare, che l’ abbiate letta e
conſiderata meglio.
Io l’ ho letta, diſſe il Signor
D.
Niccola, e conſiderata anche oggi col Signor
Marcheſe di Campo Hermoſo, eſſendo nella li-
breria del Signor Governatore.
Ma non ſo già,
perchè ella abbia dovuto parervi fuor di propoſi-
to.
Perchè, diſſi, ſe noi ponghiamo, che due
corpi duriſſimi, incontrandoſi, ſubito ſi fermino;
già abbiamo per queſto ſteſſo diſprezzata la legge
della continuità, faccendo, che due corpi da quel-
la velocità, che hanno, paſſino toſto alla quiete.

Ne accade il cercar poi, ſe ceſſando in quell’ in-
contro di eſercitarſi la forza viva, venga di nuo-
vo a diſprezzarſi la legge della continuità;
alla
quale chi ha contravvenuto la prima volta non te-
merà di contravvenir la ſeconda.
Il perchè parmi,
che il Padre Riccati o ſoſtenendo la continuità ne-
gar doveſſe, che i corpi ſi fermino, o laſciando,
che ſi fermino, non doveſſe cercar più la continui-
tà.
E perciò mi parve quella ſua ragione fuor di
propoſito.
A me però piacerebbe, diſſe quivi la
Signora Principeſſa, di intenderla;
perchè io av-
viſo, che debba eſſere una ragion molto forte.

Come?
riſpoſi io. Perchè, diſſe ella, parmi che
voi ſtudiate di declinarla, dicendo, che è fuor di
propoſito;
et io ho udito dire a molti ſavj uomi-
ni, eſſer’ uſo degli oratori, ove incontriſi alcuna
obiezion molto forte, mettere ogni ſtudio per if-
fuggirla.
Qui tutti riſero, et io diſſi: giacchè voi,
Signora, avendomi per oratore, poco di me vi

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