Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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226DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
CAPO III.
Degli errori, che ſeguono nella elezione dei ſiti.
UNA delle più importanti coſe, che ſi richieggono in tutte le ſpezie delle
fabbriche, è la buona ſcelta dei ſiti, la quale perchè è la prima di tutte,
è ancora la più neceſſaria:
imperciocchè a qualunque opera d’Architettura ſi
antepone il Luogo, e il Sito, non generale, ma particolare, in cui ſi ha da
collocare la fabbrica.
Laonde da Vitruvio nel 4. Cap. del primo Libro ſi an-
tepone a tutto l’inſegnamento dell’ Architettura, mentre prima che egli tratti
della fabbrica della Città, e di tutti gli ediſicj, che ſi fanno dentro il circuito
di eſſa, primieramente c’inſegna le ragioni, e le regole di far buona ſcelta dei
ſiti.
Come ancora ſi fa da Leon Batiſta Alberti nobile Architetto Fiorentino,
che dopo Vitruvio tiene il primo luogo, dal primo Libro della ſua Architettu-
ra inſino al nono.
Onde noi per queſta ragione imitando queſti Autori pri-
marj, tratteremo primieramente in queſta prima parte degli errori, che acca-
dono nella elezione dei Siti, nei quali ſi ha da fabbricare.
I Siti adunque, o ſono di Città, o di luoghi dentro le Città, cioè, ſono o
di edificj pubblici, o di privati, o di luoghi, che riguardano la ſola comodità,
o ſolamente l’ornamento, o l’uno, e l’altro inſieme.
Nei ſiti di Città gli er-
rori poſſono eſſere di più maniere, cioè, o che ſotto aria non ſana, come in
regione d’aria troppo grave, troppo moleſta, o ſpecialmente d’ aria impura,
nella quale ſi radunano groſſe, e denſe caligini, e nebbie, puzzolenti vapori,
e dannevoli impreſſioni, la quale è grave alla viſta, e non ſi può con rimedio
alcuno riſanare, ſiccome afferma di Venezia Niccolò Maſſa, trattando delle in-
fermità cagionate dall’aria peſtilenziale l’anno MDLV.
favellando in queſto
modo.
E ſebbene quei delle Iſtorie di quel tempo, ed anche molti Medici ſcrivo-
no, che il divino Ipocrate cacciaſſe la peſtilenza d’ Atene frequentando fuochi
per tutta la Città, e ancora il non mai a baſtanza lodato Galeno il medeſi-
mo faceſſe a Roma, a rimuover la peſtilenza dell’aria;
nientedimeno in queſta
così gran Città con le ſopraddette condizioni, io non ſo come ſi poteſſe far
queſto, e maſſime dove ſempre abbiamo mali vapori, che ſi alzano da così gran
laghi, e da paludi;
e non ſolo queſti, ma ancora quelli, che vengono dalle
valli del continente, molte volte putridi, menati però da venti di terra, che
la notte ſi levano, e durano quaſi fino a mezzo giorno, molte volte tutto il
giorno, e la notte, e per più giorni continui:
nè la quantità degli abitatori è
ſufficiente a correggerla intieramente;
così ancora dove l’aria ſia groſſa, e che
toſto riceva ſtemperamento di freddo, o di caldo, e lo ritenga lungo tempo;
e dove non ſarà agitata da venti; perciocchè ella, come l’acqua, ſi puriſica col
movimento:
o che ſieno i Siti in regione eſpoſta a venti non ſalutiferi, come
a’venti Auſtrali, che ſecondo l’opinion d’ Ipocrate, di Teofraſto, e di Plinio,
ſon più nocivi d’ ogni altro vento;
e gli Occidentali, ſecondo il parere d’altri
Autori, non ſon molto buoni per la ſanità dei luoghi;
perciocchè per la paſ-
ſata ripercuſſione dei raggi del Sole di tutto il giorno, ridotto il Sole nella
quarta d’Occidente, accreſce il calore, onde i Siti rimangono ſenza reſrigerio
alcuno:
oppure ſieno Siti, che abbiano di contro montagne, le quali chiuda-
no il paſſo ai venti ſalutiferi:
ovvero che ſieno in terreno ſterile, ed in luogo
deſerto, dove per diſetto di vitto non ſi poſſano ſoſtentar gli abitanti, i quali
non poſſon ricever utile alcuno dalla coltivazione del terreno:
e volendo poi
abitarvi ſono neceſſitati a condurre i viveri da paeſi lontani, il che coſta lor
caro, o è loro negato, o impedito, o rubato per via, e talvolta convien loro
prenderlo non buono, ed alterato, o vien loro condotto inſetto di contagione:

o ſieno poſte in luogo, che ſia nido di grandiſſima copia di ſiere, o di ani-
mali velenoſi, e mortiſeri, onde non vi ſi poſſa abitare, o per la grandiſſima
ſalvatichezza, difficilmente ſi poſſa addomeſticare;
o per eſſer ſolitario, non

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