Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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302278DELLA FORZA DE’ CORPI nerebbe, ne ſcalderebbe nulla; ma però ſpanden-
do i ſuoi raggi non laſcierebbe di fare quella ſteſ-
fa azione, che fa, quando riſcalda i corpi, e gl’
illumina;
e ſi direbbe, che egli non riſcalda, e non
illumina, perchè queſti vocaboli, riſcaldare e illu-
minare, ſignificano non l’ azion ſola, ma anche.
la poſizion dell’ effetto; tolto il quale effetto quei
vocaboli non han luogo:
non c@sì la voce agire,
che ſignifica l’ azion ſola, e può aver luogo an-
che là, dove l’ effetto non ſia;
e certo non meno
agiſce chi ſpinge a tutto potere un muro, e non.

lo ſcuote, che un’ altro, che preme una canna con
eguale sforzo, e la rompe.
Pur ſiamo ſoliti dire,
ripigliò quivi il Signor Conte, che l’ azione ſi mi-
ſura dall’ effetto;
e che l’ azione, che eſercita la.
gravità in un corpo, il quale ſia ſoſtenuto e fermo,
è infinitamente piccola, e però nulla, riſpetto a.

quella, che eſercita in un corpo, il quale attual-
mente cade.
Così diciamo, riſpoſi, perchè quando
il corpo ſta fermo, noi conſideriamo ſolo quell’
impulſo iſtantaneo e preſente, che egli riceve dal-
la gravità;
degli altri infiniti, che ſon già paſſati,
e non hanno laſciato di ſe effetto niuno, non ab-
biamo conſiderazione, tenendogli per inutili.
Ma
nel corpo, che cade, conſiderar ſi vuole non ſol
l’ impulſo preſente, ma quegl’ infiniti ancora, che
egli ha ricevuti per tutto il tempo della caduta.
;
perchè ſebbene paſſarono, e più non ſono, pur
hanno laſciato nel corpo un movimento, del
quale ſe noi vogliamo intendere la cagione,

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