Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752
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334310DELLA FORZA DE’ CORPI ſe la Signora Principeſſa, che una qualche idea
di Platone vi aveſse altrove rapito.
Et io, niu-
na coſa, riſpoſi, potrebbe rapirmi altrove, eſſendo
voi preſente.
Di che ella ſorriſe. E già cominciava
il cielo a biancheggiare dalla parte del levante, eſ-
ſendoſi la luna nel ponente naſcoſta;
quando le
grida dei marinari, apparecchianti le barche al lor
cammino, ci avviſarono dell’ aurora ſopravvegnen-
te.
Allora la Signora Principeſſa in piè levandoſi,
tempo è, diſſe, di por fine ai noſtri ragionamen-
ti.
Indi verſo me volta, voi, ſoggiunſe, avete oggi
ſoſtenuta per amor mio una gran fatica;
ma l’ ave-
te fatto con tanto mio piacere, e credo ancora di
queſti Signori, ch’ io non poſſo pentirmi di averla-
vi impoſta.
Et io riſpoſi: piacemi, che le ragioni,
che io ho dette, abbiano potuto tanto;
e ſe voi le
avete per vere, poco mi curerò, ſe mi ſaran nega-
te da queſti altri.
Io non dico di averle per vere,
riſpoſe la Signora Principeſſa ſorridendo;
dico,
che mi ſono grandemente piaciute;
ma voi le a-
vete con tanto ſtudio e con tanta arte adornate,
che mi è nato nell’ animo qualche ſoſpetto.
For-
ſe non le ha per vere, diſſe allora il Signor D.
Se-
rao, ne egli pure.
E già la Signora Principeſſa, di-
cendoſi queſte coſe, giunta era alla porta delle
ſue ſtanze, dove ſalutando tutti con molta grazia
ci licenziò.
Noi tratti dalla dolcezza di una ſoa-
viſſima aura, che allora a ſpirar cominciava,
uſcimmo nel giardino, dove al grato ſuſurro, che
@e foglie degli alberi lievemente ſcoſse

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