334310DELLA FORZA DE’ CORPI
ſe la Signora Principeſſa, che una qualche idea
di Platone vi aveſse altrove rapito. Et io, niu-
na coſa, riſpoſi, potrebbe rapirmi altrove, eſſendo
voi preſente. Di che ella ſorriſe. E già cominciava
il cielo a biancheggiare dalla parte del levante, eſ-
ſendoſi la luna nel ponente naſcoſta; quando le
grida dei marinari, apparecchianti le barche al lor
cammino, ci avviſarono dell’ aurora ſopravvegnen-
te. Allora la Signora Principeſſa in piè levandoſi,
tempo è, diſſe, di por fine ai noſtri ragionamen-
ti. Indi verſo me volta, voi, ſoggiunſe, avete oggi
ſoſtenuta per amor mio una gran fatica; ma l’ ave-
te fatto con tanto mio piacere, e credo ancora di
queſti Signori, ch’ io non poſſo pentirmi di averla-
vi impoſta. Et io riſpoſi: piacemi, che le ragioni,
che io ho dette, abbiano potuto tanto; e ſe voi le
avete per vere, poco mi curerò, ſe mi ſaran nega-
te da queſti altri. Io non dico di averle per vere,
riſpoſe la Signora Principeſſa ſorridendo; dico,
che mi ſono grandemente piaciute; ma voi le a-
vete con tanto ſtudio e con tanta arte adornate,
che mi è nato nell’ animo qualche ſoſpetto. For-
ſe non le ha per vere, diſſe allora il Signor D. Se-
rao, ne egli pure. E già la Signora Principeſſa, di-
cendoſi queſte coſe, giunta era alla porta delle
ſue ſtanze, dove ſalutando tutti con molta grazia
ci licenziò. Noi tratti dalla dolcezza di una ſoa-
viſſima aura, che allora a ſpirar cominciava,
uſcimmo nel giardino, dove al grato ſuſurro, che
@e foglie degli alberi lievemente ſcoſse
di Platone vi aveſse altrove rapito. Et io, niu-
na coſa, riſpoſi, potrebbe rapirmi altrove, eſſendo
voi preſente. Di che ella ſorriſe. E già cominciava
il cielo a biancheggiare dalla parte del levante, eſ-
ſendoſi la luna nel ponente naſcoſta; quando le
grida dei marinari, apparecchianti le barche al lor
cammino, ci avviſarono dell’ aurora ſopravvegnen-
te. Allora la Signora Principeſſa in piè levandoſi,
tempo è, diſſe, di por fine ai noſtri ragionamen-
ti. Indi verſo me volta, voi, ſoggiunſe, avete oggi
ſoſtenuta per amor mio una gran fatica; ma l’ ave-
te fatto con tanto mio piacere, e credo ancora di
queſti Signori, ch’ io non poſſo pentirmi di averla-
vi impoſta. Et io riſpoſi: piacemi, che le ragioni,
che io ho dette, abbiano potuto tanto; e ſe voi le
avete per vere, poco mi curerò, ſe mi ſaran nega-
te da queſti altri. Io non dico di averle per vere,
riſpoſe la Signora Principeſſa ſorridendo; dico,
che mi ſono grandemente piaciute; ma voi le a-
vete con tanto ſtudio e con tanta arte adornate,
che mi è nato nell’ animo qualche ſoſpetto. For-
ſe non le ha per vere, diſſe allora il Signor D. Se-
rao, ne egli pure. E già la Signora Principeſſa, di-
cendoſi queſte coſe, giunta era alla porta delle
ſue ſtanze, dove ſalutando tutti con molta grazia
ci licenziò. Noi tratti dalla dolcezza di una ſoa-
viſſima aura, che allora a ſpirar cominciava,
uſcimmo nel giardino, dove al grato ſuſurro, che
@e foglie degli alberi lievemente ſcoſse