Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

Table of contents

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[11.] PARTE PRIMA Il Proemio.
[12.] IDEA DEL LIBRO.
[13.] Prima di fabbricare, e tutto questo nella prima parte.
[14.] Nel fabbricare, e cio’ nella seconda parte.
[15.] Poiche’ si e’ fabbricato, e questo nella terza parte.
[16.] CAPO I. Del Compartimento degli errori degli Architetti.
[17.] CAPO II. Degli errori, che ſi commettono avanti al fabbricare.
[18.] CAPO III. Degli errori, che ſeguono nella elezione dei ſiti.
[19.] CAP. IV. Degli errori, che accadono nella mala ſcelta delle materie.
[20.] CAPO V. Degli errori della mala elezione de’fabbricatori.
[21.] CAPO VI. Degli errori della mala elezione del tempo.
[22.] CAPO VII. Degli errori, che avvengono nella mala diſpoſizione del Diſegno, nella mala ordinazione, e nel cattivo comparto.
[23.] CAPO VIII. Del provvedimento uſato dagli Antichi Romani contro gli errori delle fabbriche.
[24.] SECONDA PARTE CAPO I. Degli errori, che occorrono nel fabbricare.
[25.] CAPO II. Degli errori, che ſi fanno nei fondamenti.
[26.] CAPO III. Degli errori, che accadono nella proporzione delle parti.
[27.] CAPO IV. Degli errori della diſpoſizione del Compartimento.
[28.] CAPO V. Degli errori degli Architetti nel collocar le coſe fuor del lor luogo.
[29.] CAPO VI. Degli errori, che conſiſtono nell'abuſo d'alcuni ornamenti introdotti dagli Architetti moderni.
[30.] CAPO VII. Degli errori, che accadono nella inoſſervanza del decoro.
[31.] CAPO VIII. Degli errori, che dagli Architetti ſi permettono, mentre i Miniſtri uſano cat-tivo ammaſſamento, e mala ſtruttura di mattoni, e di pietre, facendo mala compoſizione di muraglia.
[32.] CAPO IX. Degli errori nella ſuperfluità, e nel difetto.
[33.] CAPOX. Degli errori della mutazione dell3 Ordine delle parti, dell’ uſo, e della mala corriſpondenza loro.
[34.] I. IN AMPHITEATRUM CÆSARIS.
[35.] II. AD CÆSAREM.
[36.] PARTE TERZA. CAPO I. Degli errori, che ſi ſcuoprono, poichè è ſtato fabbricato.
[37.] A Fondi ſopra la porta verſo Settentrione.
[38.] E queſt’altra è nel ponte detto ora di guara capra.
[39.] Preſſo Porta Sant’Agneſe.
[40.] A Ripa preſſo l’Arſenale attacco di Roma.
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3519PARTE PRIMA. Id quod etiam ipſe ſuſpicatus eſt Accurſius. Sunt autem verba priſcæ Formulæ
in iis rebus, quæ publice locabantur.
Lex pactum ſignificat. Cicero in Prætu-
rara Urbana de ſarctis tectis loquens:
Rabonius qui Legem noſſet, qua in lege
numerus tantum columnarum traditur, Perpendiculi nulla fit mentio, negat
oportere columnas ad perpendiculum exigi;
ideſt qui noſſet formulam, qua
ſarcta tecta a Prætoribus tuenda locabantur.
Anzi più chiaramente ciò potre-
mo intendere oſſervando quello, che ſi dice da Cicerone ſteſſo nell’Orazione
contro a Cajo Verre:
= Cum eſſet omnibus in rebus apertiſſime impudentiſſi-
meque prædatus, hoc voluit clariſſimum relinquere indicium latrociniorum ſuo-
rum, de quo non audire aliquando, ſed videre quotidie poſſemus.
Quæſivit,
quis Aedem Caſtoris ſarctam tectam deberet tradere.
Junium ipſum mortuum
eſſe ſciebat:
ſcire volebat, ad quem illa res pertineret; audit pupillum eſſe fi-
lium;
homo, qui ita ſemper palam dictitaſſet, pupillos, & pupillas certiſſi-
mam prædam eſſe Prætoribus , optatum negotium ſibi in ſinum delatum eſ-
ſe, dicebat.
= E ſeguendo a ragionare del medeſimo, moſtrando la mala in-
tenzione di C.
Verre, il quale voleva, che il pupillo foſſe obbligato ai reſtau-
ramenti del tetto del Tempio di Caſtore, chiamato a ſe Rabonio Tutore di
eſſo da Verre Pretore, egli gli diſſe:
= Signa & dona comparere omnia : ip-
ſum templum omni opere eſſe integrum.
= A cui il Pretore ſoggiunſe: = Sibi
videri indignum, ex tanta Aede, tantoque opere, ſe non opimum præda, præ-
ſertim a pupillo, diſcedere.
= E per chiarirſi di ciò, e per cercare occaſione
di condannare il pupillo a qualche riſarcimento, andò al detto Tempio, ſiccome
ſi vede dalle parole ſeguenti:
= Venit ipſe in Aedem Caſtoris: conſiderat tem-
plum:
videt undique tectum pulcherrime laqueatum, prærerea cetera nova, atque
integra:
verſat ſe: quærit, quid agat: dicit ei quidam ex illis canibus, quos iſte
Ligur dixer at eſſe circa ſe multos:
Tu Verres, hic quod moliare nihil habes, ni-
ſi forte vis ad perpendiculum columnas exigere.
Homo omnium rerum imperitus
quærit, quid ſit ad perpendiculum.
Dicunt ei, fere nullam eſſet columnam,
quæ a d perpendiculum eſſe poſſit:
jam mehercule inquit, ſic agamus: columnæ
ad perpendiculum exigantur.
Rabonius, qui Legem noſſet, qua in Lege nume-
rus tantum columnarum traditur, perpendiculi mentio fit nulla:
& qui non
putaret, ſibi expedire ita accipere, ne eodem modo reddendum eſſet, negat id
ſibi deberi, negat oportere exigi, &
c.
Ma Aſconio Pediano ſopra queſto luogo ci riferiſce l’appreſſo erudizione: =
Nullam columnam, quæ ad perpendiculum eſſe poſſit.
Perpendiculum linea la-
terum æqualitatem probat (il che ſi vede nell’ uſo del piombino uſata dai fab-
bricatori) a ſummo ad imum altitudinem probans;
hoc enim in columnis o-
mnibus, tum maxime in ſtructilibus vetus (manca) amotio, tumoris non aliun-
de provenit (vi manca) non autem in quibus (ſcilicet columnis) aut media,
aut ima craſſiora ſunt.
= E ciò ſi dice con ragione: imperciocchè nelle co-
lonne non ſtruttili, cioè non fabbricate di ſtruttura di pietre, o di mattoni, ſic-
come ſono i pilaſtri, non ſi ſuol fare ingroſſamento alcuno nel primo terzo da
baſſo, o nel mezzo;
ma ſolamente nelle colonne d’un pezzo, o di più pezzi di
pietra ottimamente poſti in piano, e ſquiſitamente congiunti, come ſono le tre
colonne del Foro Romano, detto Campo Vaccino.
E veramente con ragione
la Legge non tratta, che le colonne ſi formino, o ſi collochino a perpendico-
lo, trattando ſoltanto del numero, che ſi dee uſare nelle fabbriche;
ed altresì
ancora dice, non eſſer biſogno far le colonne a perpendicolo, cioè, a piombo;
imperciocchè ſi diminuiſcono verſo il ſommo capo, e s’ingroſſano verſo l’imo,
cioè nel primo terzo della loro altezza.
Ma quando ſi legge ſarta tecta nel nu-
mero del più, e nel numero del meno ſi direbbe ſartum tectum, ſi dee inten-
dere, eſſere una certa formula della Legge, la quale, per quel, ch’io credo,
non era altro, che il dinotare il lavoro, la fabbrica, o l’ armadura dei tetti,
cioè il collegamento delle materie, e il coprimento di tegole, ec.
Fra Giovan-
ni Genoveſe nel Dizionario intitolato Cattolicon, prende queſta parola pel ri-
ſtauro dei tetti de’ Templi;
e per prova di ciò adduce un luogo della Scrittu-
ra Sagra, cioè del 4.
Lib. dei Re nel cap. 12. = Et inſtauraverunt ſarta

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