Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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3822DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI troppo dal noſtro ſcopo, baſtandoci d’averla dichiarata nel noſtro Teſoro dell’
Architettura, ma porgendoſene a noi l’occaſione, non ricuſeremo d’eíporla.
E
per non tacer le Leggi, che ſopra di ciò erano ſtate coſtituite in Roma, vi re-
citerò quelle, che ſi trovano nell’ Orazione VI.
di Cicerone contro Cajo Verre
nel I.
Libro.
QVI. DE. L. MARTIO. M. PERPENNA. CENSORIBVS. REDE-
MERIT.
EVM. SOCIVM. NE. ADMITTITO. NEVE. EI. PAR.
TEM. DATO. NEVE. EI. REDIMITO.
SI. QVID. OPERIS. CAVSA. RESCIDERIS. REFICITO.
QVI. REDEMERIT. SATIS. DET. DAMNI. INFECTI. EI.
QVI. A. VETERE. REDEMTORE. ACCEPERIT.
PECVNIA. PRAESENS. SOLVATVR.
HOC. OPVS. BONO. SVO. QVOQVE. FACITO.
Nondimeno prima, ch’io termini il preſente Capitolo, e queſta prima Par-
te, fa di meſtieri porre nell’altrui conſiderazione, e ſingolarmente di quelli, che
comandano, e che reggono, e governano le Città, che ſarebbe molto conve-
niente a qualunque Città bene ordinata l’avere alcuna Legge ſomigliante, ſpet-
tante alle Fabbriche, ſecondo la quale ſi deſſe regola, e norma tale agli Archi-
tetti, ed ai loro miniſtri, che foſſe cagione, che non ſi commetteſſe errore al-
cuno nelle fabbriche, e che i fabbricatori foſſero obbligati a fare quanto co-
mandaſſe la Legge, obbligando le loro facoltà, e gli eredi, o procacciandoſi
buone promeſſe, o mallevadori, ed errando, foſſero tenuti a rifar la fabbrica a
loro ſpeſe:
e non poteſſero domandare il pagamento a lor piacere, ma la me-
tà ſoltanto quando ſi fabbrica, e l’altra poi che il lavoro foſſe finito e appro-
vato;
e così ciaſcuno ſarebbe ſervito a dovere, e ſi toglierebbe ogni occaſione
di litigare.
Nè ciò ſarebbe irragionevole, avendo drittamente riguardo ad una
ſpecie di ben pubblico, e politico, e privato.
E ſe ſi conſidera bene la detta
Legge in quanto ha cura della forma della fabbrica, noi potremo affermare, che
ad eſta ſi conforma l’iſtituzione, e l’uſo delle fabbriche de’Religioſi Regolari,
e Clauſtrali.
E ciò (come ſi ritrae da Guido Pancirolo nel Lib. intitolato No-
va reperta), procede dall’aver eſſi ſeguito il modo di fabbricare delle abi-
tazioni degli Antichi, avendo eſſi donato i palazzi loro alle Religioni, on-
de poi hanno preſo il modello delle fabbriche loro:
benchè i Monaci Certo-
ſini, e i Frati Cappuccini abbiano inventato un’altra foggia di fabbricare, la
quale, ſecondo la Regola loro, oſſervano ovunque ſono inviolabilmente.
Anzinon
ſolamente gli Antichi provvidero al diſordine delle fabbriche pubbliche, e del-
le private delle Città con Leggi particolari;
ma ancora impoſero Leggi ſopra
la fabbrica delle Città, e particolarmente circa il compartimento delle Caſe,
comandando, che ſi faceſſero ſciolte l’una dall’altra con una certa miſura d’
intervallo infra eſſe, acciocchè l’una non foſſe impedimento all’altra, ſiccome
oggi ſono i Palazzi in iſola, e come ſono alcune caſe in Siena, che hanno l’
l’interſepio:
(benchè ſi faceſſe per vietare l’appoggiamento alle mura del vi-
cino, e per aſſicurarſi dagli abbrugiamenti):
ed in Caſole, Caſtello dello Sta-
to di Siena, ove le caſe ſono tutte iſolate, forſe conſorme alla Legge, che ſi
vede nell’ Autentica, nel Col.
V. De novi operis nunciatione maritimi aſpe-
pectus, parlando l’Imperador Giuſtiniano della Città di Coſtantinopoli, dice co-
sì:
= Cauſam, que doloſa fit in hac Regin Civitate, circa domuum ædificia,
cohibere, &
emendare juſtum credimus. Quia enim certis menſuris diſtare do-
mos ab invicem Zenonis piæ memoriæ Conſtitutio dicit, ſed &
nos aliquid ta-
le ſancimus.
Sequitur autem in hac regia Urbe non poſſe aliquid ultra centum
pedes prohibere maris aſpectum terræ gratiſſimum, &
c. Imperciocchè in Con-
ſtantinopoli alcuni fabbricavano le caſe lontane dal vicino cento piedi, e più;
ma per malignità alzavano un muro, ed impedivano la viſta del mare, che è
la più dilettevole, e la più grata coſa, che ſi poſſa vedere, quando però è
quieto, e pacifico.

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