Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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4925LIBRO I. niſſimo intendimento, il qual può mancare all
eſprimentatore, che poco della ragione, e quaſi
ſolo ſi ſerve degli occhi e della niano.
Io non
avrei creduto, diſſe allora il Signor Marcheſe,
che doveſſe eſſere tanto difficile il conoſcer l’ ef-
fetto di una cauſa;
potendoſi, ſecondo che a me
pare, facilmente avvertire, che coſa ſia quello,
che ſegue poſta l’ azion della cauſa, e che non
ſeguirebbe non poſta quella tale azione.
Voi di-
reſte vero, riſpoſi io, ſe egli baſtaſſe avvertir ciò;
ma a mio giudizio non baſta; poichè come l’ ef-
fetto ſi pon dalla cauſa, così toſto molte proprie-
tà, e modi, e qualltà, e relazioni, et affezioni lo ſe-
guono, le quali dai più ſemplici ſi prendono tal-
volta come effetti, ne però debbono dirſi effetti,
ne ſono;
perciocchè l’ azion della cauſa non ha
in eſſe parte alcuna, ma l’ effetto, così come è
prodotto, ſe le trae dietro egli ſteſſo da ſe e per
natura ſua.
Un’ artefice commette inſieme tre li-
nee, ponendole di maniera, che chiudano uno
ſpazio:
qual direte voi, che ſia l’ effetto dell’ a-
zione di quell’ artefice?
La poſizione, diſſe il Si-
gnor Marcheſe, di quelle tre linee.
Nulla più?
domanda’ io;
riſpoſe il Signor Marcheſe, null’
altro;
certo a me pare che l’ artefice null’ altro
faccia.
Ma pure, ripiglia’ io, voi vedete, che eſ.
ſendo quelle tre linee poſte in quel tal modo, ne
ſeguon tre angoli, e queſti eguali a due angoli
retti.
Non vi par dunque, che l’ artefice oltre
il produrre la poſizion delle linee, debba

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