Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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6145PARTE SECONDA. che, diremo, eſſer queſto collocato nel tralaſciare gli ornamenti inſegnatici dai
buoni
Architetti antichi, e dimoſtratici dalle reliquie delle fabbriche antiche
di
Roma, e d’altre Città dell’Italia, e della Grecia:
e nel ſoverchiamente di-
lettarsi
di trovar nuove invenzioni, ora ſcemando, ora ſcemando, ora mutando, ora rompen-
do
le membra principali, e ſinalmente convertendo ogni abuſo in regola, e
tralaſciando
ogni dritta norma d’operare con buona ragione d’Architettura.
Lo
che
avviene dal non intendere, che nelle fabbriche di qualunque maniera gli
ornamenti
ſono determinati di forma, si può inventare, ſe non si prende
troppa
licenza, e ſe altri non si vuole accoſtare al coſtume barbaro, a grotte-
ſcamenti
, a ghiribizzi, ed alle ſantasìe degli Oreſici, e degli Argentieri, dei
Maeſtri
di legname, degl’Intagliatori, degli Stuccatori, e dei Pittori.
Ma per
venire
ormai al particolare, si proporrà parte degli errori, affinchè conoſciuti
dagli
Architetti, ſe ne poſſano guardare.
Diciamo adunque, che allora ſucce-
de
uno degli abusi degli ornamenti delle fabbriche, quando s’aggiungono per
ornamento
alcune membra non neceſſarie alle fronti loro, per reggere alcu-
ne
membra, per corriſpondenza delle parti.
E per dirla chiaramente, quan-
do
tutto il corpo dell’ornamento è perſetto, ſenza d’eſſe;
come, quando ai pi-
laſtri
s’aggiungono, o termini, o riſaltamenti di cornici, o nuove membra po-
ſticce
, e riportate, che rendono il lavoro troppo ſecco, troppo trito, ed i-
gnobile
, e non corriſpondente alla ſodezza, e alla magniſicenza del rimanente,
come
si vede in Roma nel ſecond’Ordine della faccia, e de’ſianchi di S.
Pie-
tro
, e negli ornamenti fra le colonne.
Dove ſi moſtrano gli ornamenti, più
d’opera
di legname, e di ſtucco, che di pietra;
poichè non rappreſentano la
ſodezza
della pietra, come ſanno le cornici, le colonne, e i pilaſtri.
Che la
maniera
dell’ornamento, che è proprio del legno, e dello ſtucco, non ſi con-
viene
alla pietra:
concioſſiachè nello ſtucco, e nel legno non ſi diſdice uſare
qualche
licenza, e l’aggiunger qualche capriccio di propria invenzione;
per-
ciocchè
in cotali lavori gli ornamenti aggiunti ſon tutte coſe poſticce, e non
hanno
legamento reale col tutto, e non naſcono inſieme con eſſo;
ma tutte ſi
legano
con ferramenti, con chiodi, e con colle.
Ed appreſſo alle colonne prin-
cipali
hanno troppo del trito, e del ſecco, moſtrano la medeſima nobiltà,
e
grandezza, come ſi vede in quelle porte frappoſte alle tre porte maggiori,
le
quali, e per la poca apertura del vano, e per gli ornamenti loro, ſi mo-
ſtrano
d’una maniera non corriſpondente a tutto il corpo della fronte, ed alla
grandezza
, ed alla maeſtà del Tempio.
Che a un Tempio così grande, e a
un
antiporto conſorme alla di lui grandezza, non ſi convengono le porte così
piccole
, ſiccome ſi diſconverrebbero porte, e lumi grandi a un Tempio picco-
liſſimo
.
Senza che biſogna non ſolamente aver riguardo alla grandezza della
Chieſa
, per collocarvi le porte proporzionatamente;
ma ancora al numero
grande
del Popolo, ed alla gran ſrequenza, che ſecondo varie occaſioni vi
ſuol
concorrere.
E’ancora grandiſſimo abuſo rompere gli architravi, e i ſregj,
per
accreſcere i vani, come ſi vede alcune volte negli ornamenti degli Altari,
e
ſpecialmente in Siena in S.
Agoſtino negli Altari de’Bargagli, e dei Birin-
gucci
, invenzione condottavi di fuori.
E queſto è un errore molto peggiore di
quello
del rompere i fronteſpizj;
poichè in tutte le ſabbriche gli architravi ſono quel-
le
membra principali, e neceſſarie, le quali inſieme colle colonne reggono tutto
il
peſo dell’Ediſizio.
Concioſſiachè il fregio, la cornice ſon deſtinati
per
ſoſtentamento, eſſendo eſſi una parte del peſo, che ſi regge nell’architra-
ve
;
poichè le membra poſte in luogo alto non poſſono eſſer ſoſtentanti, e ſo-
ſtentate
in uno ſteſſo tempo, ma ſolamente ſono ſoſtentate.
è buona riſ-
poſta
il dire, che talora all’architrave già levato, ſuccede il telaro della ri-
quadratura
del vano in ſua vece;
poichè il fine del telaro è di legare, e ter-
minare
la detta riquadratura con ornamento.
Con queſto abuſo s’accompagna
il
rompimento del fregio, e della cornice, per poſare nel ſolo architrave alcu-
na
coſa, come cartella, o ſcudo, o ſtatua, o vaſo, o altro, ſecondo l’umore
dell’Architetto
.
Il che non ſi fa, ſenza notabile errore, perchè ſi rompe la
continuazione
degli ornamenti, ſi diſuniſce il compartimento, e ſi ſcioglie

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