6953PARTE SECONDA.
dice Vitruvio nel Lib.
2.
cap.
4.
, e Plinio nel Lib.
35.
cap.
13.
Nè ſarebbe impoſ-
ſibile l’aver copia di tali mattoni, quando pur vi ſi ſaceſſero; e non vi ſi facen-
do, condurre in queſte parti la creta per fargli: non è poi impoſſibile il condur-
re da luoghi lontaniſſimi le colonne, e altri pezzi di marmi di grandezza mag-
giore). O gli appoggiavano ai fianchi con contrafforti, barbacani, e pilaſtri,
riempiendo ancora di qua, e di là i peducci di buona muraglia. Si erra altresì,
quando non ſi fanno ben ſerrate, nè con buona calcina: e però quando nol proi-
biſca il pericolo d’umidità, è meglio murarle con geſſo; poichè in tal modo ſi
fanno ſaldiſſime per cagione della gagliarda, e ſubita preſa. E’anche grande er-
rore il diſarmarle troppo preſto. Finalmente, o per riſparmiar la ſpeſa, o per
altra cagione, non è error mediocre il far le volte troppo ſottili, sì perchè
non ſon molto atte a reſiſtere al peſo, sì ancora perchè facilmente ſi poſſon
rompere, moſſi due, o tre mattoni. E penetrandovi per qualche accidente l’
acqua, agevolmente ſi marciſcono, e ſi ſcollegano, e non poſſon reſiſtere a
qualche peſo violento di coſa, che ſopra vi cada. E di queſta maniera ſon
tutte le volte finte, benchè ſien guardate da palchi, che ſi fidano ne’legnami, che
ſon ſallaci, e ſottopoſtia diverſi accidenti. Ma in ſomma più biaſimevole errore ſi
è il far le volte di cannicci, le quali ſon ſottopoſte all’ofſeſa del fuoco, e del-
l’acqua, nè ſe ne può conſervare il ſeſto loro in ciaſcuna parte; poichè ſi
piegano, ſi ſpezzano, e calano diverſamente, eſſendo di materia arrendevole,
e tirate in giù dal peſo dell’intonacatura di calcina, e di geſſo, eſoſtentandoſi
ſolamente dai chiodi. Per lo che mi maraviglio molto, che in Napoli, in quel-
la così nobil fabbrica dello Studio, le volte delle ſcuole ſieno ſtate fatte di can-
nicci, coſa veramente diſdicevole alla dignità di quella fabbrica.
ſibile l’aver copia di tali mattoni, quando pur vi ſi ſaceſſero; e non vi ſi facen-
do, condurre in queſte parti la creta per fargli: non è poi impoſſibile il condur-
re da luoghi lontaniſſimi le colonne, e altri pezzi di marmi di grandezza mag-
giore). O gli appoggiavano ai fianchi con contrafforti, barbacani, e pilaſtri,
riempiendo ancora di qua, e di là i peducci di buona muraglia. Si erra altresì,
quando non ſi fanno ben ſerrate, nè con buona calcina: e però quando nol proi-
biſca il pericolo d’umidità, è meglio murarle con geſſo; poichè in tal modo ſi
fanno ſaldiſſime per cagione della gagliarda, e ſubita preſa. E’anche grande er-
rore il diſarmarle troppo preſto. Finalmente, o per riſparmiar la ſpeſa, o per
altra cagione, non è error mediocre il far le volte troppo ſottili, sì perchè
non ſon molto atte a reſiſtere al peſo, sì ancora perchè facilmente ſi poſſon
rompere, moſſi due, o tre mattoni. E penetrandovi per qualche accidente l’
acqua, agevolmente ſi marciſcono, e ſi ſcollegano, e non poſſon reſiſtere a
qualche peſo violento di coſa, che ſopra vi cada. E di queſta maniera ſon
tutte le volte finte, benchè ſien guardate da palchi, che ſi fidano ne’legnami, che
ſon ſallaci, e ſottopoſtia diverſi accidenti. Ma in ſomma più biaſimevole errore ſi
è il far le volte di cannicci, le quali ſon ſottopoſte all’ofſeſa del fuoco, e del-
l’acqua, nè ſe ne può conſervare il ſeſto loro in ciaſcuna parte; poichè ſi
piegano, ſi ſpezzano, e calano diverſamente, eſſendo di materia arrendevole,
e tirate in giù dal peſo dell’intonacatura di calcina, e di geſſo, eſoſtentandoſi
ſolamente dai chiodi. Per lo che mi maraviglio molto, che in Napoli, in quel-
la così nobil fabbrica dello Studio, le volte delle ſcuole ſieno ſtate fatte di can-
nicci, coſa veramente diſdicevole alla dignità di quella fabbrica.
CAPO IX.
Degli errori nella ſuperfluità, e nel difetto.
Degli errori nella ſuperfluità, e nel difetto.
LA natura, che è la Maeſtra dell’Arte, nelle opere ſue non è mai diſetto-
ſa, nè ſuperſlua. Così l’Arte imitatrice ſua non dee troppo abbondare,
nè troppo eſſer manchevole. Nella ſteſſa guiſa l’Architettura, la quale imita
la Natura, nelle fabbriche non dee trapaſſare la neceſſità, nè laſciare di far
tutto quello, che è neceſſario. E però nel ſabbricare alcuna volta accadono gli
errori nel difetto delle coſe neceſſarie, e nella ſuperſluità di quelle, che non ſi
richiedono. E gli errori nel mancamento ſono di più maniere; poichè o ſono
nel difetto della groſſezza debita delle muraglie, o dello ſpazio proporzionato de’
luoghi, ſecondo la lunghezza, e ſecondo l’altezza: o nel mancamento di quel-
le parti, che rinforzano, e aſſicurano, i fondamenti: o nel diſetto de’lumi, i
qualimancando, ſon cagione, cheiluoghi delle fabbriche ſi poſſono male uſare, st
per la malinconìa, che apportano, sì ancora perchè l’aria non vi ſi muta, nè
vi traſpira: ovvero nel diſetto d’alcune membra neceſſarie, come d’architravi, d’
archi, di fregj, di cornici, di corone, cioè, di gocciolatoj, e di quelle, le
quali avrebbero a eſſere il ſoſtegno della ſabbrica, e di quelle altre, che deb-
bono eſſere il compimento, e il termine; e altre, per le quali l’acqua piova-
na tutta ſe ne ſcoli al baſſo, acciocchè l’ediſizio non ſia oſſeſo dall’umido ſo-
verchio: o conſiſtono nel difetto delle baſi. Benchè alcune volte volontaria-
mente, e ſenza errore non ſieno ſtate uſate le baſi delle colonne, per uſcir del-
lo ſtile ordinario, e per moſtrare, che la fabbrica naſca ſopra il terreno, co-
me fanno gli Alberi. Il che fece ſaviamente quell’Architetto, il quale nel diſegno
del Teatro di Marcello, che oggi è detto Monte Savello; e quell’altro, che
nella fronte, e nel portico, che gira intorno al Tempio della Pietà, che anti-
camente fu il carcere pubblico, il quale aggiunſe al Tempio nella fronte il
portico con ſei colonne, da Vitruvio detto Eſaſtico; e perchè girava intorno
alla Cella, congiungendoſi col portico de’fianchi, portico, che ſi direbbe, ſe-
condo Vitruvio, ampbiproſtilos, ovvero anfiproſtilo eſaſtico, ſi veggono le co-
lonne ſenza baſi, e ſi moſtrano come ſorgenti dalla terra, ſiccome ſono le
ſa, nè ſuperſlua. Così l’Arte imitatrice ſua non dee troppo abbondare,
nè troppo eſſer manchevole. Nella ſteſſa guiſa l’Architettura, la quale imita
la Natura, nelle fabbriche non dee trapaſſare la neceſſità, nè laſciare di far
tutto quello, che è neceſſario. E però nel ſabbricare alcuna volta accadono gli
errori nel difetto delle coſe neceſſarie, e nella ſuperſluità di quelle, che non ſi
richiedono. E gli errori nel mancamento ſono di più maniere; poichè o ſono
nel difetto della groſſezza debita delle muraglie, o dello ſpazio proporzionato de’
luoghi, ſecondo la lunghezza, e ſecondo l’altezza: o nel mancamento di quel-
le parti, che rinforzano, e aſſicurano, i fondamenti: o nel diſetto de’lumi, i
qualimancando, ſon cagione, cheiluoghi delle fabbriche ſi poſſono male uſare, st
per la malinconìa, che apportano, sì ancora perchè l’aria non vi ſi muta, nè
vi traſpira: ovvero nel diſetto d’alcune membra neceſſarie, come d’architravi, d’
archi, di fregj, di cornici, di corone, cioè, di gocciolatoj, e di quelle, le
quali avrebbero a eſſere il ſoſtegno della ſabbrica, e di quelle altre, che deb-
bono eſſere il compimento, e il termine; e altre, per le quali l’acqua piova-
na tutta ſe ne ſcoli al baſſo, acciocchè l’ediſizio non ſia oſſeſo dall’umido ſo-
verchio: o conſiſtono nel difetto delle baſi. Benchè alcune volte volontaria-
mente, e ſenza errore non ſieno ſtate uſate le baſi delle colonne, per uſcir del-
lo ſtile ordinario, e per moſtrare, che la fabbrica naſca ſopra il terreno, co-
me fanno gli Alberi. Il che fece ſaviamente quell’Architetto, il quale nel diſegno
del Teatro di Marcello, che oggi è detto Monte Savello; e quell’altro, che
nella fronte, e nel portico, che gira intorno al Tempio della Pietà, che anti-
camente fu il carcere pubblico, il quale aggiunſe al Tempio nella fronte il
portico con ſei colonne, da Vitruvio detto Eſaſtico; e perchè girava intorno
alla Cella, congiungendoſi col portico de’fianchi, portico, che ſi direbbe, ſe-
condo Vitruvio, ampbiproſtilos, ovvero anfiproſtilo eſaſtico, ſi veggono le co-
lonne ſenza baſi, e ſi moſtrano come ſorgenti dalla terra, ſiccome ſono le