Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

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7559PARTE SECONDA. ra ruſtica, ponendo nelle rotture varietà di forme di corpi, ſecondo il capriccio
di coloro, che penſano arricchire gli ornamenti con tali varietà non convene-
voli alla ſodezza, e alla dignità dell’opere, ciò facendo indifferentemente, e in
ogni luogo.
E queſti non ſanno, che ſolamente gli ornamenti di qualunque or-
dine ſi ſogliono rompere con l’ opera ruſtica, la qual ſola è quella, che ha tal pri-
vilegio.
E queſto ſi fa ſolamente nelle facciate dei palazzi, nelle porte delle caſe,
de’giardini, delle Fortezze, e delle Città, e non nelle fronti, e nelle porte delle
Chieſe, e d’altri luoghi ſagri, nè negli ornamenti degli Altari, e delle Cappelle,
Queſti tali rompimenti ſi pongono in luogo della continuazione convenevole,
e neceſſaria ai corpi degli ornamenti delle fabbriche, i quali, oltre al diſunir
l’opera, diſturbano, e interrompono la corriſpondenza, e l’uniformità delle for-
me degli ornamenti;
e rimuovono le opere dalla buona ragione d’Architettura.
riducendole alla maniera barbara. Coſtume biaſimevoliſſimo, e dannoſo, intro-
dotto dai Muratori, dagli Stuccatori, dai Maeſtri di legname, e dai Pittori, la
mente dei quali non è di conſervare la buona Architettura antica, ma di ſe-
guitare i penſieri loro, non fondati in altro, che nella bizzarria dei loro capriccj.

E queſto baſti per fine di queſto Capitolo, e per ſigillo di queſta ſeconda Parte.
47[Figure 47]
PARTE TERZA.
CAPO I.
Degli errori, che ſi ſcuoprono, poichè è ſtato fabbricato.
SIccome il fine della Scienza della Medicina è il ricovramento della ſanità
dei corpi infermi, e il conſervamento della ſanità riacquiſtata;
così il fine
dell’ Architettura ſono le fabbriche, le quali ſi fanno a benefizio umano, e il
conſervamento di eſſe, acciocchè fatte perpetue poſſano ſempre uſarſi dagli uo-
mini, o per la pietà, o per la difeſa delle vite loro.
E però al buono Archi-
tetto non baſta l’aver fatto a perfezione i diſegni, e i modelli delle fabbriche
di qualſivoglia ragione, ed aver procurato con grandiſſima diligenza, che ſieno
condotte al fine loro, ſenza errori, ma è neceſſario, fatta qualunque opera,
porre grandiſſima cura nel conſervamento di eſſa, tenendo lontani tutti quelli
accidenti, e tutti quelli errori, che poſſon eſſer cagione di guaſtamento, e di rovina.
Che, ſiccome l’Architetto eterno del maggiore, e del minor Mondo, toſto che formò
l’uno, e l’altro, e toſto che produſſe qualſivoglia coſa, non l’abbandonò, ma ſem-
pre le fu aſſiſtente, la difeſe, e la conſervò, ſiccome ancora continuamente coſtuma
di fare:
così l’Architetto temporale non dee, toſto che è finito qualunque edi-
fizio, abbandonarlo, ma biſogna, che gli ſtia intorno con diligente cura, per
conſervarlo, Ciò molto bene intendendo gli Antichi Romani, che furono ſem-
pre la norma del viver politico a tutte le Nazioni del Mondo, avevano, come
già ſi è detto, i Redentori, l’ufizio dei quali era d’approvare tutte le opere dei
fabbricatori, ſiccome ſi comprende dalle Iſcrizioni Antiche, e ſpezialmente dal-
le appreſſo eſpoſte, tratte dalle memorie Antiche del ſoprallodato Cittadini.
A Fondi ſopra la porta verſo Settentrione.
L. NVMISTRONIVS. L. F. DECIAN.
C. LVCIVS. M. F.
M. FVNTIVS. L. F. MESS.
AEDILES. PORTAS. TVRREIS.
MVRVM. EX. S. C.
FACIVND. CVRARVNT.
IDEMQ. PROBARVNT.

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