7761PARTE TERZA.
Queſto provvedimento fu ſempre appreſſo gli Antichi di molta utilità, poichè
per mezzo di eſſo ſi facevano le fabbriche di grandiſſima perſezione, ſiccome ſi co-
noſce nelle reliquie degli edificj antichi, che ſi ſono conſervate fino al tempo no-
ſtro, e trapaſſeranno forſe anche più oltre. Il qual ordine, per mio avviſo,
dovrebbe eſſere imitato dai moderni, e ſpecialmente dai Principi, i quali po-
trebbero tenere gli Architetti non ſolo mentre dura la fabbrica, e avanti che ſi
fabbrichi, ma ancora dopo che la fabbrica è finita, non facendo, come ſi ſuol
fare, cioè, ſervendoſene mentre ſi mura, o avanti che ſi dia principio a mu-
rare, e finito il muramento, licenziar l’Architetto. Imperciocchè è coſa non
ſolamente utile, ma anche neceſſaria, che gli Architetti aſſiſtano con grandiſ-
ſima diligenza intorno ai Templi, ai Palazzi, alle Fortezze, alle Città, per
cagione dei varj errori, e accidenti, che poſſono accadere, ed oſſervino conti-
nuamente i biſogni dei riſtoramenti, o dei ripari, affinchè con poca ſpeſa ſi tolga
ogni pericolo di rovina, e che non s’abbia con grandiſſimo danno, e con trava-
glio a ridurſi alla molta ſpeſa, ſiccome ſi ricerca a chiunque è ſolito di gover-
narſi nelle coſe ſue con buono accorgimento, e con molta prudenza. Nè ciò ſi
dee riputar coſa vana; imperciocchè non ſono di minore importanza gli errori,
che accadono finite le fabbriche, di quelli che ſi commettono avanti al fabbri-
care, e mentre ſi fabbrica: poichè, ſe quelli riſguardano alla perfezione dell’
opera, queſti hanno riguardo al mantenimento, alla perpetui tà, e all’ uſo di eſ-
ſa; poichè quando per qualche difetto le Fabbriche non ſi poſſono uſare, elle
ſono del tutto vane, eſſendo prive del fine loro. Ma quando per qualche erro-
re elle non ſono durevoli, ſi perde l’uſo, e la ſpeſa. Onde altri è forzato a tor-
nare a ſpendere di nuovo, o per riſtorare, o per fortificare le muraglie, o per
riedificare dai fondamenti. Il che è grandiſſimo danno, e travaglio d’animo in-
ſopportabile. Acciocchè adunque gli Architetti, e i padroni delle fabbriche ſi
poſſano guardare da tali errori, in queſta Terza, e ultima Parte c’ingegneremo
di dar loro a conoſcere i medeſimi con quella brevità, e con quella chiarezza,
che ci ſarà poſſibile.
per mezzo di eſſo ſi facevano le fabbriche di grandiſſima perſezione, ſiccome ſi co-
noſce nelle reliquie degli edificj antichi, che ſi ſono conſervate fino al tempo no-
ſtro, e trapaſſeranno forſe anche più oltre. Il qual ordine, per mio avviſo,
dovrebbe eſſere imitato dai moderni, e ſpecialmente dai Principi, i quali po-
trebbero tenere gli Architetti non ſolo mentre dura la fabbrica, e avanti che ſi
fabbrichi, ma ancora dopo che la fabbrica è finita, non facendo, come ſi ſuol
fare, cioè, ſervendoſene mentre ſi mura, o avanti che ſi dia principio a mu-
rare, e finito il muramento, licenziar l’Architetto. Imperciocchè è coſa non
ſolamente utile, ma anche neceſſaria, che gli Architetti aſſiſtano con grandiſ-
ſima diligenza intorno ai Templi, ai Palazzi, alle Fortezze, alle Città, per
cagione dei varj errori, e accidenti, che poſſono accadere, ed oſſervino conti-
nuamente i biſogni dei riſtoramenti, o dei ripari, affinchè con poca ſpeſa ſi tolga
ogni pericolo di rovina, e che non s’abbia con grandiſſimo danno, e con trava-
glio a ridurſi alla molta ſpeſa, ſiccome ſi ricerca a chiunque è ſolito di gover-
narſi nelle coſe ſue con buono accorgimento, e con molta prudenza. Nè ciò ſi
dee riputar coſa vana; imperciocchè non ſono di minore importanza gli errori,
che accadono finite le fabbriche, di quelli che ſi commettono avanti al fabbri-
care, e mentre ſi fabbrica: poichè, ſe quelli riſguardano alla perfezione dell’
opera, queſti hanno riguardo al mantenimento, alla perpetui tà, e all’ uſo di eſ-
ſa; poichè quando per qualche difetto le Fabbriche non ſi poſſono uſare, elle
ſono del tutto vane, eſſendo prive del fine loro. Ma quando per qualche erro-
re elle non ſono durevoli, ſi perde l’uſo, e la ſpeſa. Onde altri è forzato a tor-
nare a ſpendere di nuovo, o per riſtorare, o per fortificare le muraglie, o per
riedificare dai fondamenti. Il che è grandiſſimo danno, e travaglio d’animo in-
ſopportabile. Acciocchè adunque gli Architetti, e i padroni delle fabbriche ſi
poſſano guardare da tali errori, in queſta Terza, e ultima Parte c’ingegneremo
di dar loro a conoſcere i medeſimi con quella brevità, e con quella chiarezza,
che ci ſarà poſſibile.
IL fine di tutti gli edificj ſono i coprimenti, e però gli errori, che ſi fanno in
eſſi, ſono errori nel fine, che non ſono di minore importanza di quelli
commeſſi nel principio: concioſſiachè ſono nell’ ultima perfezione di qualſivoglia
muraglia; poichè non ſi può mai giudicare perfetta l’opera, benchè condotta
alla debita altezza, eſſendo adornata in fronte, ne’fianchi, e nelle ſpalle, di
tutti quelli abbellimenti, che ſe le richieggono, non avendo il convenevole cuo-
primento: nè queſto può ſigillare, e concludere tutta la perfezione della fabbri-
ca, quando ella ha qualche difetto, il quale non ſolo cagioni deformità nell’
opera, ma le ſia di grandiſſimo danno; poichè il buon coprimento è cagione,
che ogni edificio ſi conſervi perpetuamente, dove per lo contrario il cattivo è
cagione di certiſſima rovina: imperciocchè le male coperture non difendono be-
ne le muraglie laſciandole in parte ſcoperte, onde ſi putrefanno le materie, ſi
pelano le mura, s’aprono le facciate, e tutta la muraglia a poco a poco rovina. Ma
le buone coperture fortificano i fondamenti, e mantengono le mura in piedi.
E queſte ſon quelle, che non hanno difetto alcuno, e le ree ſon quelle, che
ſon piene di molti difetti, nati dagli errori degli Artefici, e degli Architetti,
dei quali intendiamo ragionare in queſto Capitolo. Ma prima di darvi principio,
biſogna eſaminar le ſpecie dei cuoprimenti, e quindi le materie di eſſi, e dimo-
ſtrare in ciò, che conſiſtano gli errori, che appartengono a loro. Adunque pri-
ma di tutto diciamo, che dei cuoprimenti alcuni ſono al coperto, altri allo ſco-
perto. Quei, che ſono allo ſcoperto, ſon quelli, ſopra i quali, per lo più, non
ſi può camminare, e ſono eſpoſte alle pioggie, alle nevi, alle grandini, ai diac-
ciati, e all’ardore del Sole. Quando queſti cuoprimenti ſi fanno ſolamente
eſſi, ſono errori nel fine, che non ſono di minore importanza di quelli
commeſſi nel principio: concioſſiachè ſono nell’ ultima perfezione di qualſivoglia
muraglia; poichè non ſi può mai giudicare perfetta l’opera, benchè condotta
alla debita altezza, eſſendo adornata in fronte, ne’fianchi, e nelle ſpalle, di
tutti quelli abbellimenti, che ſe le richieggono, non avendo il convenevole cuo-
primento: nè queſto può ſigillare, e concludere tutta la perfezione della fabbri-
ca, quando ella ha qualche difetto, il quale non ſolo cagioni deformità nell’
opera, ma le ſia di grandiſſimo danno; poichè il buon coprimento è cagione,
che ogni edificio ſi conſervi perpetuamente, dove per lo contrario il cattivo è
cagione di certiſſima rovina: imperciocchè le male coperture non difendono be-
ne le muraglie laſciandole in parte ſcoperte, onde ſi putrefanno le materie, ſi
pelano le mura, s’aprono le facciate, e tutta la muraglia a poco a poco rovina. Ma
le buone coperture fortificano i fondamenti, e mantengono le mura in piedi.
E queſte ſon quelle, che non hanno difetto alcuno, e le ree ſon quelle, che
ſon piene di molti difetti, nati dagli errori degli Artefici, e degli Architetti,
dei quali intendiamo ragionare in queſto Capitolo. Ma prima di darvi principio,
biſogna eſaminar le ſpecie dei cuoprimenti, e quindi le materie di eſſi, e dimo-
ſtrare in ciò, che conſiſtano gli errori, che appartengono a loro. Adunque pri-
ma di tutto diciamo, che dei cuoprimenti alcuni ſono al coperto, altri allo ſco-
perto. Quei, che ſono allo ſcoperto, ſon quelli, ſopra i quali, per lo più, non
ſi può camminare, e ſono eſpoſte alle pioggie, alle nevi, alle grandini, ai diac-
ciati, e all’ardore del Sole. Quando queſti cuoprimenti ſi fanno ſolamente