Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti

Table of figures

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[71] Propozitione per d converuente restauro del atico entro d Panteon.
[72] Porta nel portico superiore nel Palazzo dello studio della Sapienza
[73] Porta nel Clauſtro dell’Oratorio de P. P. di S. Filippo Neri
[74] Fineſtra nella Cupola della Sapienza di Roma.
[Figure 75]
[76] Fineſtre della facciata del Palazzo de’S’ignori Baccelli, ed altra in quello dei Sigri d’Aſte
[77] Fineſtra nel Palazzo Barberini ſopra il giardinoFineſtra del piano nobile nel Palazzo del Sigr Principe Pio
[78] Eſempio della Porta Pia, di cui tratta il galazzini, facendone rilevare gli errori
[79] Porta del Palazzo de’N.CC. di Sermoneta.
[Figure 80]
[81] Porta del Palazzo di Villa Borgheſe.
[82] Porta dell’Oſpizio preſſo la Fontana in capo a Ponte Siſto.
[83] Porta del Palazzo Aleſſandrino.
[84] Fineſtra nella facciata di detto Palazzo.
[85] Porta del Palazzo dei Sigri Cenci alla Dogana.
[Figure 86]
[87] Porta nel Palazzo del Principe Altieri
[88] Porta in Campidoglio nella nuova fabrica
[89] Sopra ſineſtra nella Baſilica VaticanaPorta nel secondo ordine del Palazzo Valicano
[Figure 90]
[91] Profilo della Ringhiera
[92] Porta con Ringhiera ſopra la facciata del Palazzo del Signor Principe Panfilij.
[93] Porta del Palazzo della Sapienza di Roma con fineſtra, e Ringluera ſopra.Profilo della Ringhiera
[Figure 94]
[95] Porta e Renghiera del Palazzo di S.A.R. il Gran Duca di Joſcana.
[96] Renghiera ſulla Porta del Palazzo della Cancellaria
[97] Renghiera ſulla Porta del Palazzo del Cardinal Dezza
[98] Renghiera ſulla Porta del Palazzo dei Signori Cornari.Renghiera ſulla Porta del Palazzo Sacchetti.
[Figure 99]
[100] Oſſervazioni ſopra le nuove figure di ſoprapporte, e fineſtre propoſte dal P. Pozzi, parte cavate dalle fabbriche, e parte di ſua invenzione.
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7862DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI difendere la fabbrica dalla pioggia, e dalle altre ingiurie eſterne, che gli poſſo-
no cader ſopra, poſſono ricevere qualche difetto, quando ſi erra circa le materie,
le quali, o ſono legnami, o tegole, o docce, ovvero, come ſi dice a Roma, coppi,
dai Latini detti embrici;
o laſtre di pietre di Genova, dette lavagne, o lamine
di bronzo, o di piombo.
Si erra nella ſcelta de’legnami, quando ſi prendono le
travi, gli arcali, o cavalli troppo gravi, o troppo ſottili, o non atti a reſiſtere
all’umidità, o tagliati in mal punto, o mal conſervati;
e così anche ſi dee dire
delle tavole, dei correnti, delle molle, e di tutti i legnami, che ſi adoprano nel-
le armadure de’tetti.
Si fa errore, quando ſi prendono tegole, o docce mal cot-
te, troppo ſottili, mal formate, non uniformi, nè fatte con giuſta miſura;
poichè non poſſono reſiſtere alle continue piogge, alle nevi, ai diacciati, e all’
abbrugiamento del Sole;
o non ſi poſſono ben porre inſieme, e collegare,
onde preſto ſi rompono, e ſi riducono in minute ſcaglie, o non ricuoprono bene,
o non danno buono ſcolo all’ acqua, che piove;
e ſe non vi ſi pone diligente
cura, rivedendo ſpeſſo i tetti, i legnami ſi marciſcono per le piogge, e l’umido
penetra nelle mura, ne’palchi, nelle volte, e tutta la fabbrica ſi diſpone alla ro-
vina.
Nell’uſar le pietre di Genova ſiamo ſicuri di non errare, quando però ſi
prendano le laſtre di conveniente grandezza, nè troppo ſottili, acciocchè nel con-
giungerle non ſi rompano:
poichè ſi ſogliono fermare, elegare con chiodi ſopra
le tavole;
nè troppo groſſe, affinchè non aggravino ſoverchio il cuoprimento.
Però io giudicherei, che i cuoprimenti fatti di queſte pietre fuſſero i migliori di
tutti.
Ma chi voleſſe pure nei cuoprimenti dei tetti uſare le tegole di terra cot-
ta, potrebbe imitare gli Antichi, che formavano le tegole congiunte colle doc-
ce, cioè la tegola, e la doccia tutta d’un pezzo, acciocchè in tal maniera ſi
leghino bene infieme.
E la forma di queſte tegole è ſiccome ſi vede quì ap-
preſſo.
48[Figure 48]
Quando la ſpeſa non foſſe troppo grave, meglio ſarebbe il fare i cuoprimen-
ti con tegole di bronzo, le quali farebbero reſiſtenza a tutte le ingiurie del
tempo, benchè ſottopoſte alquanto alla ruggine, che finalmente le conſume-
rebbe, ſebbene quelle, che ſono ſopra i Templi uſati di Roma, durino ancor
ſenza aver ricevuto molto detrimento;
al che ſi potrebbe rimediare, ſtagnan-
dole, ovvero, ſecondo il coſtume antico, indorandole;
e quando pur ciò non
ſi faceſſe, ci baſterebbe, che fuſſero di più lunga durata di tutte l’altre.
Di
queſta maniera di tegole erano quelle dei Templi antichi, e ſpecialmente quel-
le del Tempio di Giove Capitolino, dove erano le togole di bronzo indorate,
con le quali poi per ordine di Papa Florio (ſiccome racconta Bernardo Ga-
mucci nel primo Libro dell’Antichità di Roma) fu ricoperta la Chieſa di San
Pietro, le quali in diverſi tempi ſono ſtate levate con occaſione della nuova
fabbrica di detta Chieſa.
Ma ſe prendiamo lamine di piombo, che ſi uſano
ancor oggi, come in Siena nel tetto della Cattedrale, le quali non ſono tanto
durevoli, quanto quelle di bronzo, o di rame, per cagione della ceruſſa, che
vi s’impone, e le conſuma;
e per la molta impoſitura di eſſa ſi fanno più
gravi.
Finalmente potremmo errare, o facendole troppo ſottili, per moderar la
ſpeſa, perchè in tal modo ſon più durevoli;
poichè si logorano preſto, e si
ſollevano dai venti:
o conficcandole male ſopra il tavolato del cuoprimento,
mentre quando ſono mal confitte, ſono ſollevate dai venti;
onde il cuopri-
mento reſta in parte ſcoperto, e vi penetra l’acqua delle piogge, la quale in
breve ſpazio di tempo infracida i legnami.
Ma i cuoprimenti, che non

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