Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752
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8157LIBRO I. ſua la ſteſſa velocità, dovendo così intervenire,
ovunque il movimento ſia proporzionale alla maſ-
ſa.
Io ſon dunque perſuaſo, che ogni corpo ri-
ceverà dal primo impulſo della ſua gravità la ve-
locità ſteſſa Ar, e così di mano in mano riceve-
rà dagli altri impulſi gli ſteſſi accreſcimenti di ve-
locità ct, ex &
c. e così tutti i corpi cadranno
con la velocità medeſima;
onde io veggo, che
rappreſentando il triangolo ACB la caduta di un
grave, rappreſenta quella di tutti.
Pure perchè
non potrebbe eſſere o fingerſi un’ altro ordine di
corpi, i quali aveſſero maggiore, o minor gra-
vità, che queſti noſtri non hanno, quantunque
aveſſero le iſteſſe maſſe?
Tali, ripigliai io, ſi cre-
de che ſieno i corpi nellà luna, dove vuolſi, che
la gravità ſia minore, che qui in terra;
in tanto
che il medeſimo corpo, che qui in terra riceve
dalla gravità un certo impulſo, et una certa ve-
locità, nella luna riceverebbe un impulſo, et una
velocità minore.
Di queſti corpi dunque, diſſe
il Signor Marcheſe, che noi chiameremo lunari,
parmi, che la caduta poſſa ſimilmente rappreſen-
tarſi con un triangolo, come quella dei terreſtri.
Io non ne ho, diſſi, dubio alcuno. E parmi an-
che, ripigliò il Signor Marcheſe, che ſe io vo-
leſſi comparare la caduta di un corpo terreſtre
con quella di uno lunare, mi converrebbe fare
due triangoli, ne credo, che mal m’ apponeſſi, fac-
cendoli di queſto modo.
Stia la velocità prima, che
riceve il corpo terreſtre dalla ſua gravità,

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