Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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8460DELLA FORZA DE’ CORPI non mi ſpiegate, come il corpo terreſtre, eſſen-
do cacciato all’ in sù con la velocità BC, che
egli avrebbe acquiſtata cadendo perlo ſpazio ABC,
debba ſalire per lo ſteſſo ſpazio, e non più.
Et io
veggo, riſpoſi, che voi mi tentate;
perchè la coſa è
pur facile, e per poca attenzione, ch’ altri vi
ponga, non può non intenderſi toſtamente.
Impe-
rocchè eſſendo il corpo cacciato all’ insù con la
velocità BC, quale ſpazio ſcorrerà egli nel tempet-
to Bk?
Lo ſpazio Bz, diſſe il Signor Marcheſe. Che
è quello ſteſſo, ſoggiunſi io, che egli avrebbe ſcor-
ſo nel fine della ſua caduta in un tempetto eguale a
Bk.
Ora finito il tempetto Bk, non riceverà il
corpo dalla ſua gravità un’ impulſo, che ſpin-
gendolo all’ ingiù diſtruggerà in eſſo una parti-
cella di quella velocità, che egli ha?
E queſta
particella non ſarà ella proporzionale all’ impulſo
ſteſso?
Certo che ſi; riſpoſe il Signor Marcheſe,
e ſarà lz, onde reſterà al corpo la velocità kl,
con la quale dovrà ſcorrere nel tempetto ſeguen-
te kb lo ſpazio ky, che è quello ſteſso, che caden-
do avrebbe ſcorſo nel penultimo tempetto eguale
a kb.
E così proſeguendo, ſoggiunſi io, voi tro-
verete, che il corpo riſalendo all’ insù dee ſcor-
rere tutti gli ſpazj, che già ſcorſe cadendo, e ne-
gl’ iſteſſi tempetti, fino in A;
dove poichè ſarà
giunto, avrà perduta tutta la velocità BC;
e ſi
fermerebbe quivi, ſe la gravità, che egli ritien
ſempre, non lo ſtimolaſse di nuovo a diſcendere.
Et io non dubito, che per la ſteſsa ragione

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