Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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9066DELLA FORZA DE’ CORPI miſurandole dalle maſſe moltiplicate per li qua-
drati
delle loro velocità;
acciocchè dunque ſieno
eguali
le forze, come eſſer debbono ſecondo il
principio
di Leibnizio, dovranno miſurarſi d’ al-
tra
maniera.
E che oppone egli, diſſe allora il Si-
gnor
Marcheſe, a queſto argomento il Padre Ric-
cati
?
Niente altro, ripigliai io; ſe non che, qua-
lunque
velocità ſi acquiſti il corpo cadendo per
qualunque
genere di gravità, potrà pur ſempre
dirſi
, che la forza, che egli ha, ſia proporziona-
le
alla maſſa moltiplicata per lo quadrato della
acquiſtata
velocità.
Si, riſpoſe allora il Signor
Marcheſe
;
ma non potrà poi miſurarſi la forza
dalla
maſſa moltiplicata per lo ſpazio, come ri-
cerca
il principio, che Leibnizio aſſumeva.
Forſe
che
il Padre Riccati non vorrà aſſumerlo egli.
Se
non
vuole aſſumerlo egli, riſpoſi io allora, dovea
però
ſoffrire, che lo aſſumeſſe mio nipote argo-
mentando
contra Leibnizio, il qual lo aſſume.
E
ſe
quel principio non gli piaceva, dovea piuttoſto
ſgridarne
Leibnizio ſteſſo;
ma egli ha voluto ave-
re
un’ avverſario più debole, e s’ è rivolto contra
il
mio Euſtachio.
Vorrà forſe il Padre Riccati,
diſſe
allora il Signor Marcheſe, che la forza ſi mi-
ſuri
non veramente dallo ſpazio, ma dalla ſomma
di
quelle reſiſtenze, ovvero di quegl’ impulſi, che
il
corpo incontrâ ſalendo per lo ſpazio;
il che
pare
ancora e più ragionevole, e più vero.
Io non
ſo
;
diſſi. Ma certo ſe Leibnizio aveſſe così volu-
to
, avrebbe dovuto miſurar la forza più

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