Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              quale, eletto a professar Anatomia nello studio di Padova, sezionando
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              cadaveri umani e mettendo sott'occhio le parti nelle loro vere forme
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              naturali, le veniva sagacemente comparando alle forme stesse de­
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              scritte da Galeno, e ad ogni passo ne scopriva un errore. </s>
              <s>Additava
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              anco il Vesalio la fonte originaria di tali errori, ch'ei loquacemente
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              riconosceva nell'aver l'anatomico greco descritta non la fabbrica
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              del corpo dell'uomo, ma quella del bruto. </s>
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              <s>Le religiose superstizioni pagane, per le quali si reputava atto
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              sacrilego lo scompaginar violentemente le membra anco ad un uomo
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              morto, e l'opinione che fossero similmente configurate le membra
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              al di dentro, com'appariscono al di fuori, negli uomini e nei bruti,
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              furono senza dubbio le due principali sorgenti di quegli antichi
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              errori, che il Vesalio era venuto a scoprire al troppo credulo mondo. </s>
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              La scienza perciò professerà eterna gratitudine a quell'uomo, e lo
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              riconoscerà per primo Istitutore dell'Anatomia. </s>
              <s>Ma, o fosse giova­
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              nile baldanza o natìo orgoglio, non serbò, nel geloso esercizio del
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              suo ministero, il debito modo, per cui gli si concitarono incontro
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              dai Galenisti inimicizie e persecuzioni sì fiere, che quelle esercitate
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              poi da'peripatetici contro Galileo, al paragone, sembran carezze. </s>
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              <s>Successe al Vesalio, nello studio padovano, Realdo Colombo
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              di Cremona, il quale era stato già spettatore delle sezioni e udi­
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              tore delle acerbe diatribe declamate dall'ardente brussellese. </s>
              <s>Nel
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              temperato animo del nostro italiano parvero, infin da giovane, quelle
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              diatribe contro l'antico maestro un po'troppo esagerate, e succe­
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              duto nella cattedra di lui non mancò di confessarle e di dare esempii
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              d'una critica più mite e più giudiziosa. </s>
              <s>Il Vesalio aveva atterrate
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              le mura del tempio galenico, il primo, con ardimento inaudito, per
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              cui, mentre da una parte perseguitavasi a morte, s'esaltava, dal­
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              l'altra, col titolo di
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              divino.
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              Il Colombo, entrato il primo per quella
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              breccia aperta, v'instaurò il nuovo regno dell'Anatomia descrittiva
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              e sperimentale, e operò con tant'arte giudiziosa, che la violenta
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              conquista vesaliana prese aspetto di una successione legittima. </s>
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              <s>Chi vuol giustamente apprezzare i meriti dell'Anatomico cre­
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              monese, e ravvisar quella fina arte ch'egli usò per diffondere la
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              nuova scienza, non distruggendo con rabbioso orgoglio l'antico edi­
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              fizio, ma correggendolo con giudiziosa industria e ampliandone la
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              struttura; non dee far altro che svolgere quelle splendide pagine,
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              che egli scrisse e intitolò
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              De re anatomica,
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              stampate nel 1559 in
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              Venezia dalla tipografia di Niccolò Bevilacqua. </s>
              <s>A noi sembra questo
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              il più bel libro, che in materia scientifica sia uscito fuori in quel </s>
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