1 ſtrato, cioè, in quello iſtante quando la palla, & il vapore eſee dalla bocca, perche vrtando eſſo vapo
re nell'aria, laquale ſe gli oppone, & ritrouandoſi la canna del pezzo mobile ſopra le ſue ruote, vie
ne per tale oppoſitione vrtata, & fatta ritirare. Perche la poluere, ouero per dir meglio il ſalnitro,
che col mezo del fuoco ſi conuerte in aria, che è la ſua aima, multiplicandoſi ogni parte, per eſſem
pio in mille, da che ne cauſa quella marauiglioſa violenza, che ſi vede, ſtante li due elementi coſi tra lo
ro contrari, cioè l'humidità del ſalnitro, & la ſecchezza del fuoco, ilqual fa lo ſteſſo eſietto, che fanno
i fulgori celeſti; e però tanto maggiore o minore ſarà la ritirata, quanto che la canna del pezzo ſarà
ricca, o pouera di metallo, venendo aſſai trattenuta daila ſua grauezza. Quanto poi al terzo queſito,
che è di ſapere il tempo, che conſuma la palla nell'vſeire dalla bocca del pezzo, & nell'arriuare al ſegno
doue dee ferire, ilquale ſupporremo ſia di paſſi cinquecento, dico ſſemi certificato con l'eſperien
za, che ſtando lontano dal pezzo coſi da vna parte in detta lontananza, & fatto dare il fnoco, e ſubito
viſto il fumo vſcire dalla bocca di eſſo pezzo, contai ſino al numero di ſei, & al fine vidi la palla fe
rire in terra, & inſieme ſentij il tuono; e perche il modo del contare può eſſere diuerſo, ſi dee però fa
re con lo ſteſſo tempo, che batte il polſo non alterato della mano, con ilquale ſi hauerà il giuſto tem
po, che ella deſidera ſapere. Reſta per vltimo il dichiararle la proportione del tempo, che ſi ritroua
tra la velocità del corpo della palla di ferro vſita fuori della bocca del pezzo, alla velocità del corſo
Solare; Di queſta materia, io non ne poſſo parlare per prattica, ne accertarla di alcuna verità, ma per
teorica con vn certo appreſſamento io le diro l'opinion mia, rimettendomi alla relatione di qu<17>lli,
che l'anderanno a miſurare, e però per vno abozzamento di quello, che le poſſo dire, ella s'imagini
due monti fatti artificiati d'vna vguale altezza, & larghezza, che ſieno ſopra vno ſteſſo piano, & che
l'vn di quelli ſia di miglio, & l'altro ſia fatto di quelli palloni da vento, con che ſi giuoca, & la propor
tione, che ſarà dal numero de grani del miglio a quello delli palloni da vento, ſarà tra il corſo delle
palle tratte dall'artiglierie, alla velocità del corſo del Sole, cioè, il Sole farà in vn tempo ſteſſo il nume
ro delle miglia, che ſono i grani del miglio, & le palle dell'artiglierie il numero delli palloni detti.
E per venire a particolari di quella ragione, che le poſſo aſſegnare, dico, che dall'oſſeruanza del moto
del Sole, & da quello del corſo delle palle douemo procurare di ſapere prima la velocità del corſo del
Sole, e ciò ſapremo con l'oſſeruanza del tempo, che corre la mattina nello ſcoprirſi ſopra al noſtro
Orizonte, & oſſeruato per via de numeri contati con la proportione del battere del polſo non altera
to, cioè nello ſpuntare eſſo ſuo corpo, ſino allo ſcoprirſi tutto, ſtà il tempo che ſi conta ſino a cento ſet
tanta, & eſſendo eſſo corpo Solare cento ſeſſanta volte maggiore di queſto globo terreſtre, ilquale
per diametro dicono eſſere trentaun mila miglia, e cinquecento, onde per trouare la grandezza del
diametro del corpo Solare multiplicherremo 160. via 31500. e trouerremo fare cinque milioni, &
cento quaranta migliaia di miglia, che tanto è il diametro del Sole. Hora vedaſi la proportione, che
ſi ritroua tra il tempo, che conſumma la palla dell'artiglieria per lo ſpatio ſolo di mezo miglio, ch'è
nel contare per inſino al numero ſei, con quello del Sole, ch'è nel contare ſino a cento ſettanta volte,
che fa il viaggio di miglia cinque milioni, & cento quaranta migliaia, e ciò ſaperemo per la regola
del tre, commune a chi intende l'aritmetica. Ma perche queſto noſtro diſcorſo è del tutto inutile, ſi
che per non infaſtidire me, ne lei, lo laſcieremo per attendere a coſe di maggior frutto. CO. Ben
mi vò del continuo certificando, non eſſere dalla Natura fatta alcuna coſa, che non venga riconoſciu
ta, e dominata dal giudicio dell'huomo con le cagioni, & effetti ſuoi, maſſime co'l mezo delle mate
matiche ſcienze, doue ſi và così bene imitando, e proportionando tutte le coſe, che chiaramente ven
gono inteſe dal noſtro intelletto, eſſendo però queſto priuilegio, e gratia conceſſa da ſua Diuina Mae
ſtà all'huomo, come ſuperiore a tutte l'altre creature; e però dee non ſolo intendere, ma bene opera
re, e paſſare di perfettione eſſe creature. AV. Se con retto giudicio noi cercaſſimo dalle coſe natu
rali trarre quel vero ritratto, nel quale noi dobbiamo riguardare, per conoſcere quanto fia grande
l'obligo, che ha l'huomo nell'intendere per operar bene; per certo pochi ſarebbono quegli, che da
loro ſteſſi non ſi riconoſceſſero per troppo vili, viuendo infruttuoſamente. Ne meno poi all'incon
tro ſi dee inſuperbire nel pretender di ſapere aſſai, ſtante che anco la natura ha conceſſo a' più vili
animaletti tanto ſapere, che ne hanno inſegnato molti eſſercitij, e maſſime quelli, che ſono à noſtro
beneficio, come ſi vede dalle Api, che fanno il mele, il verme, che fa la ſeta, & il ragno nel far le re
ti: li quali pure non ſappiamo imitare; poi che dalle Api, ouero pecchie, non ſi può negare, che non
ſi ſia imparato, non ſolo il buono ordine del gouerno delle bene ordinate famiglie, ma etiandio del
le Republiche, e come ſi deon diſpenſare gli offici, e quanto che gli in feriori deono obedire, e riue
rire i ſuoi ſuperiori, e maſſime il ſuo Re, o Prencipe. E però dal loro eſſercitìo ſi vede, e non ſenza
marauiglia, con quanta obidienza venga oſſeruata nell'andare alle ſue hore, e tempi a cercar tra mil
le, e diuerſe qualità di fiori, e cauarne la occulta quinta eſſentia, & con quanta induſtria la portino
ſopra le ſottiliſſime lor gambe, ſi che le ali non venghino impedite a far il neceſſario viaggio. E quan
to venga oſſeruata ne gli officij di quelle, che reſtano al gouerno delle loro habitationi, fabricate con
tanta arte, maſſime nel riceuer la materia, e quella riporre ne' propri luoghi, e poi fare il comparti-
re nell'aria, laquale ſe gli oppone, & ritrouandoſi la canna del pezzo mobile ſopra le ſue ruote, vie
ne per tale oppoſitione vrtata, & fatta ritirare. Perche la poluere, ouero per dir meglio il ſalnitro,
che col mezo del fuoco ſi conuerte in aria, che è la ſua aima, multiplicandoſi ogni parte, per eſſem
pio in mille, da che ne cauſa quella marauiglioſa violenza, che ſi vede, ſtante li due elementi coſi tra lo
ro contrari, cioè l'humidità del ſalnitro, & la ſecchezza del fuoco, ilqual fa lo ſteſſo eſietto, che fanno
i fulgori celeſti; e però tanto maggiore o minore ſarà la ritirata, quanto che la canna del pezzo ſarà
ricca, o pouera di metallo, venendo aſſai trattenuta daila ſua grauezza. Quanto poi al terzo queſito,
che è di ſapere il tempo, che conſuma la palla nell'vſeire dalla bocca del pezzo, & nell'arriuare al ſegno
doue dee ferire, ilquale ſupporremo ſia di paſſi cinquecento, dico ſſemi certificato con l'eſperien
za, che ſtando lontano dal pezzo coſi da vna parte in detta lontananza, & fatto dare il fnoco, e ſubito
viſto il fumo vſcire dalla bocca di eſſo pezzo, contai ſino al numero di ſei, & al fine vidi la palla fe
rire in terra, & inſieme ſentij il tuono; e perche il modo del contare può eſſere diuerſo, ſi dee però fa
re con lo ſteſſo tempo, che batte il polſo non alterato della mano, con ilquale ſi hauerà il giuſto tem
po, che ella deſidera ſapere. Reſta per vltimo il dichiararle la proportione del tempo, che ſi ritroua
tra la velocità del corpo della palla di ferro vſita fuori della bocca del pezzo, alla velocità del corſo
Solare; Di queſta materia, io non ne poſſo parlare per prattica, ne accertarla di alcuna verità, ma per
teorica con vn certo appreſſamento io le diro l'opinion mia, rimettendomi alla relatione di qu<17>lli,
che l'anderanno a miſurare, e però per vno abozzamento di quello, che le poſſo dire, ella s'imagini
due monti fatti artificiati d'vna vguale altezza, & larghezza, che ſieno ſopra vno ſteſſo piano, & che
l'vn di quelli ſia di miglio, & l'altro ſia fatto di quelli palloni da vento, con che ſi giuoca, & la propor
tione, che ſarà dal numero de grani del miglio a quello delli palloni da vento, ſarà tra il corſo delle
palle tratte dall'artiglierie, alla velocità del corſo del Sole, cioè, il Sole farà in vn tempo ſteſſo il nume
ro delle miglia, che ſono i grani del miglio, & le palle dell'artiglierie il numero delli palloni detti.
E per venire a particolari di quella ragione, che le poſſo aſſegnare, dico, che dall'oſſeruanza del moto
del Sole, & da quello del corſo delle palle douemo procurare di ſapere prima la velocità del corſo del
Sole, e ciò ſapremo con l'oſſeruanza del tempo, che corre la mattina nello ſcoprirſi ſopra al noſtro
Orizonte, & oſſeruato per via de numeri contati con la proportione del battere del polſo non altera
to, cioè nello ſpuntare eſſo ſuo corpo, ſino allo ſcoprirſi tutto, ſtà il tempo che ſi conta ſino a cento ſet
tanta, & eſſendo eſſo corpo Solare cento ſeſſanta volte maggiore di queſto globo terreſtre, ilquale
per diametro dicono eſſere trentaun mila miglia, e cinquecento, onde per trouare la grandezza del
diametro del corpo Solare multiplicherremo 160. via 31500. e trouerremo fare cinque milioni, &
cento quaranta migliaia di miglia, che tanto è il diametro del Sole. Hora vedaſi la proportione, che
ſi ritroua tra il tempo, che conſumma la palla dell'artiglieria per lo ſpatio ſolo di mezo miglio, ch'è
nel contare per inſino al numero ſei, con quello del Sole, ch'è nel contare ſino a cento ſettanta volte,
che fa il viaggio di miglia cinque milioni, & cento quaranta migliaia, e ciò ſaperemo per la regola
del tre, commune a chi intende l'aritmetica. Ma perche queſto noſtro diſcorſo è del tutto inutile, ſi
che per non infaſtidire me, ne lei, lo laſcieremo per attendere a coſe di maggior frutto. CO. Ben
mi vò del continuo certificando, non eſſere dalla Natura fatta alcuna coſa, che non venga riconoſciu
ta, e dominata dal giudicio dell'huomo con le cagioni, & effetti ſuoi, maſſime co'l mezo delle mate
matiche ſcienze, doue ſi và così bene imitando, e proportionando tutte le coſe, che chiaramente ven
gono inteſe dal noſtro intelletto, eſſendo però queſto priuilegio, e gratia conceſſa da ſua Diuina Mae
ſtà all'huomo, come ſuperiore a tutte l'altre creature; e però dee non ſolo intendere, ma bene opera
re, e paſſare di perfettione eſſe creature. AV. Se con retto giudicio noi cercaſſimo dalle coſe natu
rali trarre quel vero ritratto, nel quale noi dobbiamo riguardare, per conoſcere quanto fia grande
l'obligo, che ha l'huomo nell'intendere per operar bene; per certo pochi ſarebbono quegli, che da
loro ſteſſi non ſi riconoſceſſero per troppo vili, viuendo infruttuoſamente. Ne meno poi all'incon
tro ſi dee inſuperbire nel pretender di ſapere aſſai, ſtante che anco la natura ha conceſſo a' più vili
animaletti tanto ſapere, che ne hanno inſegnato molti eſſercitij, e maſſime quelli, che ſono à noſtro
beneficio, come ſi vede dalle Api, che fanno il mele, il verme, che fa la ſeta, & il ragno nel far le re
ti: li quali pure non ſappiamo imitare; poi che dalle Api, ouero pecchie, non ſi può negare, che non
ſi ſia imparato, non ſolo il buono ordine del gouerno delle bene ordinate famiglie, ma etiandio del
le Republiche, e come ſi deon diſpenſare gli offici, e quanto che gli in feriori deono obedire, e riue
rire i ſuoi ſuperiori, e maſſime il ſuo Re, o Prencipe. E però dal loro eſſercitìo ſi vede, e non ſenza
marauiglia, con quanta obidienza venga oſſeruata nell'andare alle ſue hore, e tempi a cercar tra mil
le, e diuerſe qualità di fiori, e cauarne la occulta quinta eſſentia, & con quanta induſtria la portino
ſopra le ſottiliſſime lor gambe, ſi che le ali non venghino impedite a far il neceſſario viaggio. E quan
to venga oſſeruata ne gli officij di quelle, che reſtano al gouerno delle loro habitationi, fabricate con
tanta arte, maſſime nel riceuer la materia, e quella riporre ne' propri luoghi, e poi fare il comparti-