Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1corobate vitruviano. De'capitoli di mezzo, notabile è il IV, dove si
descrive l'esperienza della diffusione del vino di un bicchiere at­
traverso al piccolo foro di una palla di vetro ripiena d'acqua: espe­
rienza, che nel I Dialogo delle Due Nuove scienze fu amorevolmente
raccolta da Galileo e tenuta per sua (Alb.
XIII, 74), come pure per
sua volle rivendicar quell'altra descritta qui dal Nostro, nel cap.
VII,
del materazzo o caraffella, dentro al collo della quale il calore am­
biente fa scender l'acqua e il freddo la fa risalire, la quale espe­
rienza il Porta stesso aveva già 47 anni prima descritta nel cap.
XXII
del secondo fra i quattro libri della Magìa.
Più commemorabili di questi tre degli Spiritali, son per l'im­
portanza e la difficoltà del soggetto, i nove libri delle Ottiche rifra­
zioni. La scienza, infino a qui, non aveva fatto grandi progressi:
si ripetevano le dottrine antiche di Tolomeo e di Euclide, non molto
per verità promosse da Alhazen e da Vitellione.
Gli scritti dell'Al­
berti, del Vinci, del Maurolico a'tempi del Porta, erano sconosciuti,
cosicchè, questo Trattato del Fisico napoletano è il primo da cui la
Diottrica incomincia i suoi progressi.
A così fatti progressi il primo valido impulso vien dalla pro­
posizione VIII del libro I, dove l'Autore dimostra esser falso quel
che insegnò Vitellione, che cioè gli angoli dell'incidenza e della
rifrazione serbino costante proporzione geometrica, variandosi l'obli­
quità con cui cade il raggio luminoso.
A confermar la sua dimo­
strazione, contro l'autorevole e inveterato magistero dell'Ottico po­
lacco, invoca lo sperimento da farsi con un vaso ripieno d'acqua.
Contro un altro magistero non meno autorevole per que'tempi,
ed è quello del Fracastoro settatore di più antiche dottrine, è pure
la proposizione XI di questo stesso libro I, nella quale si dimostra
che la refringenza alle superficie piane non ingrandisce le immagini,
ma sì le ingrandisce alle superficie curve, conforme a ciò che pure
accennava il giovane Galileo (Ediz.
naz., Firenze, 1890, Vol. I,
pag.
314). E mentre che lo stesso Galileo meditava arguzie, da tor
fede a Ticone, che fu il primo, osservando gli astri, a tener conto
degli effetti prodotti sulla vista dalle rifrazioni, è notabile quel che
nelle proposizioni XVII e XIX avverte il Porta delle fallacie che,
per via de'raggi refratti nell'aria, si commettono osservando oggetti
che radono l'orizzonte o livellando collo strumento, per lunghi tratti.
Il secondo libro, che è delle immagini e dell'andamento dei
raggi rifratti nelle sfere cristalline, ha strettissima relazione col li­
bro VIII, dove si espongono le teorie diottriche delle lenti.
È questa

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