Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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              <s>
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              di 22 Luglio al Groslot, come innanzi che le occorrenze del mondo
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              lo invitassero a pensar come cose serie e non come passatempi a
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              quelle faccende, aveva tutti i suoi gusti nelle scienze naturali e
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              nelle matematiche (Polidori, ivi, vol. </s>
              <s>I, pag. </s>
              <s>76). Qual fosse poi il
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              metodo ch'ei proseguiva, s'argomenta da ciò che altrove, allo stesso
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              Groslot scrive del non doversi filosofar, conforme al precetto di So­
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              crate, sopra esperienze non vedute da sè proprio (ivi, pag. </s>
              <s>181). In
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              questo modo protestava apertamente contro Aristotile, e soggiun­
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              gendo poco appresso ch'ei sentiva qualche opposizione in trattar
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              cose astratte, perchè non si metteva in conto la repugnanza della
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              materia, mostrava di voler seguire altra via da coloro, che, fedeli
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              troppo a Platone, discorrevano, colle astrazioni matematiche, de'fatti
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              particolari della Natura. </s>
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              <s>Fra'soggetti naturali, che più vivamente richiamassero a sè
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              l'attenzione de'Filosofi e la voglia de'curiosi, eran que'moti irre­
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              golari veduti fare alla calamita, i quali scoperti prima dal Colombo
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              furono poi confermati dalle osservazioni degli altri navigatori. </s>
              <s>Così
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              il Colombo però come Giovanni da Empoli si stettero contenti a
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              osservare e a descrivere i semplici fatti: il Sassetti che si volle
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              provare a filosofarvi sopra, assai presto se ne tolse giù, atterrito
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              dalla difficoltà del soggetto. </s>
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              <s>Il primo che ardisse d'affrontare quelle difficoltà, predisponendo
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              l'ingegno alle filosofiche speculazioni colle osservazioni sensate e
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              colle più sottili esperienze, fu il nostro Sarpi, di cui il Porta, nel
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              settimo libro della Magìa raccolse per avventura gli studi e le sco­
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              perte magnetiche, le quali sarebbero andate altrimenti con grave
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              danno perdute. </s>
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              <s>Nè a quella vigorosa gioventù di mente questo fra'soggetti na­
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              turali poteva esaurire le forze. </s>
              <s>Si vuole anzi che nulla fosse dal
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              Sarpi lasciato addietro di ciò che allora, o in cose di fisica o in
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              cose di storia naturale potesse attrarre a sè l'attenzione degli in­
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              gegni speculativi. </s>
              <s>Il Grisellini, fra le altre, vorrebbe attribuirgli la
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              scoperta delle valvole delle vene e fargli di lì indurre l'altra più
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              grande scoperta della circolazione del sangue. </s>
              <s>E perchè l'argomento
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              è di troppo alta importanza, non si vuol lasciar qui da noi senza
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              esame. </s>
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              <s>“ Mediante dunque le sue esercitazioni anatomıche (così scrive
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              lo stesso Grisellini di fra Paolo quando aveva 26 anni) avendo sco­
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              perte le valvole delle vene onde la successione del sangue da que­
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              ste nelle arterie si rende manifesta, ne veniva quinci dimostrata </s>
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