Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752
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129105LIBRO I. una bella prova di eloquenza. Ma io vorrei ſenza
eloquenza, che riſpondeſte a quello, che ho det-
to, cioè che l’ opera, che è più ſemplice, è an-
cor più bella, e fa più onore all’ autor ſuo;
don-
de ne viene, che volendo Dio il ſuo onore, e
creando per queſto le coſe e non per altro, cree-
rà le più ſemplici.
Che le opere, riſpoſi io allo-
ra, le quali ſono più ſemplici, ſieno ancora per
noi più comode, non ne ho dubio alcuno;
più
preſto e meglio le intendiamo.
Et eſſendo più co-
mode, non è alcun dubio, che ancor più piac-
ciano;
e più piacendo debbano parere anche più
belle.
Ma ſe voi vorrete metter da parte il vo-
ſtro amor proprio, che vi fa parer belle tutte le
coſe, che a voi ſon comode;
e vorrete giudicar
di loro non per quello, che ſono a voi, ma per
quello, che ſono in lor medeſime;
io non veggo
già, come non debba più piacere, e dirſi più bel-
la un’ opera, in cui riſplenda grandiſſimo ſtudio,
e moltiſſimo artifizio, che un’ altra, in cui nien-
te ſia di ciò;
benchè abbiano tutte e due lo ſteſ-
ſo fine.
Un danzatore va da un luogo ad un’ al-
tro con molti, e varj giri e movimenti artificioſiſ-
ſimi;
i quali ſe ſon grazioſi, più piace, che ſe vi
andaſſe ſpeditamente e ſenza arte;
perchè non
piace l’ andarvi;
piace la maniera, con cui vi va.
Ma acciocchè non dobbiate dire, che io mi ſerva
dell’ eloquenza, la qual non ſo, come a voi pa-
ja, che oggi ſia nata in me, io laſcio ſtare, che
le opere più ſemplici ſieno ancor le più belle,

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