Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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14x darſi al dialogo tanta vagbezza, e varietà, qual-
ora ſi eſponeßer le coſe con quella fretta, che ſuol
piacere ai matematici:
della quale quelli, che ſo-
no vaghi, e la vogliono per tutto, non dovranno
per mio avviſo leggere il preſente libro.
Sebbene
ſaranno anche di quegli, i quali, quantunque ami-
no il dialogo, e ne prendan piacere, non vorranno
però concedergli una certa libertà, che gli è ſtata
ſempre conceduta, di ſcherzar talvolta, e metterſi
in dimeſtichezza:
ed altri, ſe egli è ſcritto in ita-
liano, vorranno riprenderlo, ove non oßervi le re-
gole della lingua fiorentina.
E cosi gli uni come
gli altri mi pajon degni di avviſo.
Però comin-
ciando dai primi:
non ſi accorgono eſſi, che le van-
do al dialogo ogni ſcherzo, gli levano eziandio ogni
giocondità?
levata la quale, che accade più ſcriver
dialoghi o leggerne?
E certo che il dialogo altro
non è, che una imitazione, e per così dire un’ im-
magine delle oneſte e civili compagnie, alle quali
pare, che molto manchi, mancando la dimeſtichez-
za, e la libertà.
Ma eſſi pur vorrebbono, che, par-
landoſi delle loro ſcienze, ſi parlaſſe ſempre ſtan-
do in piedi, e con la berretta in mano, e maſſi-
mamente faccendoſi menzione di quei grandi uo-
mini, che eſſi adorano, ſi piegaſſe il capo per ri-
verenza ogni volta, che ſi nominano, come foſſero
tanti Numi;
il che ſtancherebbe le perſone, che
ſi introducon nel dialogo, le quali per lo più vo-
gliono ſtarvi con comodo, e ſcherzar tra loro con
libertà, e ſollazzarſi.
Et è ben coſa da

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