Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1— Quale sciocchezza sarebbe a lasciar questa perla così preziosa ad­
addosso a questo straniero?
Facciamola nostra, pensò Galileo, e poi
rimandiamolo addietro.
— Chi legge la Lettera a Tolomeo Nozzolini
(Alb.
XII, 112) ritrova questo appropriamento fatto con sì maravi­
gliosa destrezza, che la poca facondia di qualunque oratore baste­
rebbe a rimandare il colpevole assoluto.
Nè minor destrezza, per
non moltiplicare in esempi, usò nel III Dialogo de'Due Massimi Si­
stemi, in appropriarsi l'osservazione dei varii dilatamenti della pu­
pilla, al variar dell'intensità luminosa. (Alb.
I, 394).
In un altro Autore così fatte destrezze di mano passerebbero
inosservate, ma in Galileo rivelano l'esecuzione di un tenace pro­
posito, qual era di voler essere in qualunque modo o di apparire
in tutto il primo e il solo.
Da questo stesso genio veniva frugato
a moltissime occasioni, quando si trattava di rivendicare scoperte,
che sarebbero state per giustizia appartenute agli odiati molesti
competitori.
Gli dà nuova il Sagredo di aver veduto in Padova, ap­
presso il Santorio, uno strumento da misurar col compasso i gradi
del calore e del freddo.
Galileo risponde che quello strumento era
di sua propria invenzione.
Ma in effetto, col pretesto di rivendicare
a sè l'esperienza, intendeva usurparsi l'applicazione della esperienza
stessa, nella quale sola consisteva il merito dell'invenzione del ter­
mometro.
Che anzi, sebbene egli dice di aver fatto quella tale espe­
rienza in Padova nel 1606 (Alb.
VI), 313) gli si può rispondere che,
fin dal 1550, l'aveva pubblicata il Porta nel II Libro fra'quattro
della Magia, e nel 1601, nel III Libro degli Spiritali l'aveva ar­
gutamente illustrata, applicandola alla soluzione di un importantis­
simo problema, qual'è quello di trovare il volume, a cui può, per
la massima dilatazione, ridursi l'aria.
La teoria poi dello strumento
fondata sul principio materiale degli egnicoli, di che tanto rimase
sodisfatto il Sagredo, a una lettera di Galileo, l'avea data già il Be­
nedetti con più squisito giudizio.
E intorno alla scoperta delle macchie solari, che fiera guerra
non muove questo ardito conquistatore! E perchè?
Se si riguarda
la materiale e occasionale osservazione del fatto, non ci è dubbio
che il Fabricio, e tutti coloro che, eccitati dall'Avviso sidereo, eb­
bero il coraggio di farsi bruciare gli occhi, osservando direttamente
il sole, o si prevalsero dell'ingegno di riguardarlo per proiezione;
precedettero lo Scheiner e Galileo.
Se si ha riguardo a chi primo
si rivolse all'osservazione del fatto, con vero intendimento scienti­
fico, i documenti attestano che lo Scheiner precedè Galileo Se si

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