155131LIBRO II.
deſſe oltre con l’ intelletto, e cercaſſe anche i
principj, e le cauſe, che ci ſi manifeſtano per
la ragione; ſodisfaccendoſi di quella probabilità,
che hanno, giacchè all’ evidenza non poſſono
giungere, ne ritraendoſi da queſto ſtudio per pau-
ra, che quella opinione, che oggi par probabile,
poteſſe una volta trovarſi falſa. Perciocchè il pre-
tendere, che ciò, che ſi dice, non debba potere,
eſſer falſo, è una pretenſione ſuperba, e conve-
niente piuttoſto a un Dio, che a un filoſofo; e
quegl’ iſteſſi, che traſportati da una tal vanità,
per eſſere ſicuriſſimi di ciò, che affermano, pro-
feſſano di non volere attenerſi ſe non alle eſpe-
rienze, e alle oſſervazioni; volendo poi ridurre i
ritrovamenti loro a leggi univerſali e coſtanti, che
debban valere in tutte le coſe, eziandio in quelle,
che non hanno mai oſſervate, cadono anch’ eſſi nel
pericolo della probabilità; la qual probabilità ſe
non voleſſe ſeguirſi per paura di errare, non po-
trebbono più ne i medici curar gl’ infermi, ne i
giudici diffinire le cauſe; e ſi leverebbe del mon-
do ogni regola di buon governo. Io vorrei dun-
que, che il filoſofo ſapeſſe tutti i ſiſtemi, alme-
no i più illuſtri, per ſeguir quelli, che foſſer pro-
babili, ſe alcun tale ne ritrovaſſe, e rigettar quel-
li, che non foſſero; i quali però ſaper ſi debbo-
no, benchè ſi vogliano rigettare; anzi rigettar
non ſi dovrebbono ſenza ſaperli; che è coſa da
uom leggero rigettar quello, che non ſi ſa. E
già la fiſica ſteſſa, moſtrandogli i ſuoi ſiſtemi
principj, e le cauſe, che ci ſi manifeſtano per
la ragione; ſodisfaccendoſi di quella probabilità,
che hanno, giacchè all’ evidenza non poſſono
giungere, ne ritraendoſi da queſto ſtudio per pau-
ra, che quella opinione, che oggi par probabile,
poteſſe una volta trovarſi falſa. Perciocchè il pre-
tendere, che ciò, che ſi dice, non debba potere,
eſſer falſo, è una pretenſione ſuperba, e conve-
niente piuttoſto a un Dio, che a un filoſofo; e
quegl’ iſteſſi, che traſportati da una tal vanità,
per eſſere ſicuriſſimi di ciò, che affermano, pro-
feſſano di non volere attenerſi ſe non alle eſpe-
rienze, e alle oſſervazioni; volendo poi ridurre i
ritrovamenti loro a leggi univerſali e coſtanti, che
debban valere in tutte le coſe, eziandio in quelle,
che non hanno mai oſſervate, cadono anch’ eſſi nel
pericolo della probabilità; la qual probabilità ſe
non voleſſe ſeguirſi per paura di errare, non po-
trebbono più ne i medici curar gl’ infermi, ne i
giudici diffinire le cauſe; e ſi leverebbe del mon-
do ogni regola di buon governo. Io vorrei dun-
que, che il filoſofo ſapeſſe tutti i ſiſtemi, alme-
no i più illuſtri, per ſeguir quelli, che foſſer pro-
babili, ſe alcun tale ne ritrovaſſe, e rigettar quel-
li, che non foſſero; i quali però ſaper ſi debbo-
no, benchè ſi vogliano rigettare; anzi rigettar
non ſi dovrebbono ſenza ſaperli; che è coſa da
uom leggero rigettar quello, che non ſi ſa. E
già la fiſica ſteſſa, moſtrandogli i ſuoi ſiſtemi