Ma a poco gioverebbe istituire ordini savi un principe, che non
volesse o non sapesse seguirli con gli esempi. Ciò, come si vide,
tanto poco giovò al Verulamio, che per questo solo andò a vuoto
la sua così ben divisata Instaurazione. Galileo invece non si con
tentò di segnar la via o di ordinare il campo della battaglia, uscì
fuori con le armi in mano, contro l'errore, e tanta gloria riportò
dalle sue vittorie e tanta autorità ne conseguì, che, non Tirannide
apparve o si disse la sua, ma legittimo principato. Or questo è un
altro benefizio grandissimo recato alla scienza da quell'uomo.
volesse o non sapesse seguirli con gli esempi. Ciò, come si vide,
tanto poco giovò al Verulamio, che per questo solo andò a vuoto
la sua così ben divisata Instaurazione. Galileo invece non si con
tentò di segnar la via o di ordinare il campo della battaglia, uscì
fuori con le armi in mano, contro l'errore, e tanta gloria riportò
dalle sue vittorie e tanta autorità ne conseguì, che, non Tirannide
apparve o si disse la sua, ma legittimo principato. Or questo è un
altro benefizio grandissimo recato alla scienza da quell'uomo.
L'intrattenersi qui a noverar quelle vittorie parrebbe opera
vana, perchè troppo anzi bene son conosciute da tutti e da tutti
così magnificate, che Colui, il quale le riportò, non è solamente
tenuto come principe valoroso, ma è adorato come un Nume. Or
perchè questa è una esagerazione, e ogni vizio conduce nell'errore,
non farà maraviglia se da noi si asserisce che Galileo, da'suoi stessi
adoratori, è così poco inteso e così poco studiato. Chi fa oggidì più
speciale professione di studii galileiani, non entra mica addentro
alle speculazioni della gran mente: crede aver fatto assai a venire
a contarci del suo processo, delle amicizie, del numero de'suoi libri
stampati, o dei manoscritti. E ha ragione costui, perchè, se quella
mente divina à un sacro tempio, non debbono entrarvi dentro a
celebrarne i misteri piedi profani.
vana, perchè troppo anzi bene son conosciute da tutti e da tutti
così magnificate, che Colui, il quale le riportò, non è solamente
tenuto come principe valoroso, ma è adorato come un Nume. Or
perchè questa è una esagerazione, e ogni vizio conduce nell'errore,
non farà maraviglia se da noi si asserisce che Galileo, da'suoi stessi
adoratori, è così poco inteso e così poco studiato. Chi fa oggidì più
speciale professione di studii galileiani, non entra mica addentro
alle speculazioni della gran mente: crede aver fatto assai a venire
a contarci del suo processo, delle amicizie, del numero de'suoi libri
stampati, o dei manoscritti. E ha ragione costui, perchè, se quella
mente divina à un sacro tempio, non debbono entrarvi dentro a
celebrarne i misteri piedi profani.
Ma a noi per verità è sembrato altrimenti. Persuasi che Galileo
è un grand'uomo, ma pur un uomo come noi, soggetto a vizii e
ad errori, gli ci siamo avvicinati per vederlo e intenderlo meglio,
e abbiamo imparato da lui a non credere e sostener per vera una
cosa, perchè l'ha detta un uomo. Que'fanatici, che inorridiscono
a sentir dire che Galileo ha sbagliato, non imitano certo i più affe
zionati e valorosi discepoli, come il Sagredo l'Aggiunti il Nardi, il
Viviani stesso, i quali notarono con libertà gli errori detti dal loro
venerato Maestro, e ne lasciarono scritte argute censure. Non si
avvedono quegli stessi fanatici che, se fossero nati tre secoli addietro,
si sarebbero sottoscritti nella lista dei Cremonini, e non ripensano
che Aristotile, verso cui si commisero tante irreverenze, era vene
rando a quei tempi, ben assai più di quel che non sia ora lo stesso
Galileo, lodato a cielo, perchè fu il più irriverente di tutti.
è un grand'uomo, ma pur un uomo come noi, soggetto a vizii e
ad errori, gli ci siamo avvicinati per vederlo e intenderlo meglio,
e abbiamo imparato da lui a non credere e sostener per vera una
cosa, perchè l'ha detta un uomo. Que'fanatici, che inorridiscono
a sentir dire che Galileo ha sbagliato, non imitano certo i più affe
zionati e valorosi discepoli, come il Sagredo l'Aggiunti il Nardi, il
Viviani stesso, i quali notarono con libertà gli errori detti dal loro
venerato Maestro, e ne lasciarono scritte argute censure. Non si
avvedono quegli stessi fanatici che, se fossero nati tre secoli addietro,
si sarebbero sottoscritti nella lista dei Cremonini, e non ripensano
che Aristotile, verso cui si commisero tante irreverenze, era vene
rando a quei tempi, ben assai più di quel che non sia ora lo stesso
Galileo, lodato a cielo, perchè fu il più irriverente di tutti.