Alberti, Leon Battista, L' architettura

Table of contents

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[11.] De le ſorti deſiti, delle forme & figure loro, & quali ſieno le piu utili, & le piu ſtabili. Cap. VIII.
[12.] De lo ſcompartimento, & onde ſia nato il modo dello ediſicare. Cap. I X.
[13.] Delle Colonne, & delle Mura, & delle coſe che alle Colonne ſi aſpettano. Cap. X.
[14.] Di quanta utilità ſieno itetti, & alli habitatori, & all’ altre parti degli cdificij, & che e’ ſono uarij di natura, però s’hanno a fare diuarie ſorti. Cap. X I.
[15.] De uani de gli edificij, cioè fineſtre, porti, & degli altri che non pigliano tutta la groſſezza delle mura, & del numero, & della grandezza loro. Cap. XII.
[16.] Delle ſcale, & delle ſorti loro, de gli ſcagliont che debbcno eſſere in caffo, & della quantitd. loro. De pianerottoli, delle gole de cammini da mandar uia il ſummo. Degliac-quai, o altri condotti damandar uia le acque; & del collocare i pozzi, & le fogne in ſiti commodi. Cap. XIII.
[17.] DELLA ARCHITETTVRA DI LEONB ATISTA ALBERTI. LIBRO SECONDO, NEL QVALE SI TRATTA DE LEGNAMI.
[18.] Che e’ non ſi debbe cominciare uno edificio a caſo, ma biſogna hauere molto tempo prima imaginato, & riuolto per l’animo, ch’ ente, et quale debba riuſcire un tal lauoro, Et che ſi debbe bene conſiderare, & eſaminare con il parcre di huomuni intelligenti, tutto l’e-dificio in ſe, & ciaſcuna proportione, & miſura di qualunque parte di qucllo, non ſola-mente con hauerlo diſegnato, o dipinto, ma con hauerne fatti modegli, et eſempi, o d’ aſſe, o di qualch’ altra coſa, accivche murato poi non ti penta di quel @ harai ſatto. Cap. I
[19.] Che altri non ſi debbe mettere a impreſe, che ſieno oltre alle forze ſue, nè contraſtarc alla natura, & che e’ ſi debba conſiderare non ſolo quel che tu poſſa, ma quel che tiſi conuen- ga, & in che luogo quel che tu harai a fare. Cap. II.
[20.] Che conſiderato diligentemente da ciaſcuna delle parti de Modegli, tutto l'ordme dello edi-ficio; ſi debbe chiedere ſopra di ciò conſiglio, a gli huomini intelligenti, & ſaui, & inan-zi che e' ſi cominci a murare, non ſolamente ſarà bene ſapere donde hanno a uſcire i da-nari per la ſpeſa, ma biſogna molto innanzi hauer proueduto tutte le coſe neceſſarie per dar fine ad una tale opera. Cap. I I I.
[21.] Che coſe ſi habbino a prouedere per l'edificio. Quai Maeſtri ſi habbino a eleggere, & in che tempo, ſecondo il parere delli Antichi, ſi debbino tagliare ilegnami. Cap. IIII.
[22.] Dcl Conſeruare i legnami poi che ſaranno tagliati, & dello impiaſtrarli, & de rimedij contro le loro infermitadi; & del collocargii commodamente. Cap. V.
[23.] Quali legnami ſieno piu commodi alle fabbriche delli edificij, & quale ſia la loro Natura, la loro V tilit à, & come ſi debbino mettere in uſo, & a qual parte dell' edificio ciaſcuno ſia piu atto. Cap. V I.
[24.] Delli Alberiancora ſommariamonte. Cap. VII.
[25.] Delle Pietre uniuerſalmente, quando ſi debbino cauare, & quando mettere in opera, quali ſicno piu facili, & quali piu dure, o migliori, o piu durabili. Cap VIII.
[26.] Che gli Antichi ci hanno laſciate alcune coſe delle Pietre degne di memoria. Cap. IX.
[27.] Onde ueniſſe l’uſanza de Mattoni, & in che tempo ſi habbino a fare, che forma habbino ad hauere, quante ſieno le ſorti loro, & della utilit à de triangoli, & breuemente de lauori di terra. Cap. X.
[28.] Della natura della Calcina, & del Geſſo, de l’uſo, & della ſorte loro, in quel che elle con-uenghino infieme, & in quel che elle ſieno differenti, & d’alcun’ altre coſe degne di memoria. Cap. X I.
[29.] Delle tre ſorti, & delle tre differentie delle Rene, & della diuerſa materia di che ſi fanno le muraglie in diuerſi luoghi. Cap. XII.
[30.] Se la oſſeruatione del tempo gioui nel principiare gli edificij, Qual ſia il tempo conuenien-te, cõ che preghi, & cõ quali Augurij s'habbia a pigliare un tal principio. Cap. XIII.
[31.] DELLA ARCHITETTVRA
[32.] DI LEONBATISTA ALBERTI. LIBRO TERZO,
[33.] DELLE OPERE. In che conſiſta la Ragione del murare, quali ſieno le parti delle Muraglie, & di che coſe habbino di biſogno. Che il ſondamento non è parte di muraglia, & quale ſia il Terre- no buono per li edificij. Cap. I.
[34.] Che i fondamenti ſi debbono principalmente diſegnare con linee, & con quali Inditij ſi co- noſca la ſaldezza del terreno. Cap. I I.
[35.] Facciata di dietro.
[36.] Facciat a dinanzi.
[37.] Che le ſorti de luoghi ſono uarij, & però non ſi debbe preſtare coſi al primo fede a neſſuno luogo, ſe prima tu non ui harai cauate, o fogne, o citerne, o pozzi. ma ne luoghi paludoſi conficchinſi pertiche, & pali abronzati capo piedi, con mazzi leggieri, ma co colpi ſp eſ ſi, & continouati inſino a tanto che è ſieno tutti conſitti. Cap. I I I.
[38.] Della Natura, Forma, & habitudine delle pietre, dello intriſo della calcina, & del ripieno, & de legamenti. Cap. I I I I.
[39.] Del ſare i Ricinti dabaſſo, o ſondamenti, ſecondo gli eſempi, & gli auertimenti delli Antichi. Cap. V.
[40.] Che e' ſi debbono laſciare Sfiatatoi aperti nelle mura groſſe, da baſſo, ad alto, & che diffe-rentia ſia intra il muro, & il fondamẽto, et quali ſieno le parti principali delle mura. de tre modi del murare, & della materia, ct della forma del primo ricinto a piano. Cap. VI.
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1713LIBRO PRIMO intemperie dell' aria, hor calda, & hor fredda, diuentare inferme, & piene di
peſte
.
Per tanto ſi debbe auuertire, & non ſenza propoſito, quãto, & qual So
le
habbia ad hauere il Paeſe, accio non uiſia, piu Sole, piu ombra, che ſi
biſogni
.
I Garamanti beſte@nmiono il Sole quando eſsi leva, & quãdo egli ua
ſotto
:
percioche e' ſono auuampati dalla troppa cõtinuatione de' raggi. Al-
115 tri ſono Pallidi per hauer quaſi una cõtinuata notte &
che così accaggia, in-
teruiene
tanto per hauere il polo piu baſſo, o piu aſghembo, ancora che que
ſto
faccia aſſai, quanto che per eſſere i luoghi poſti la faccia, o ariceuere il
Sole
, &
i venti, o a ſchifarli. Io piu preſto uorrei, i venticelli piaceuoli & pic-
coli
, che i venti, &
piu toſto i vẽti, ancor che crudi & meno che modeſti, che
2210 io non uorrei l' aria immobile, &
grauiſsima. Le acque ancora dice Ouidio,
ſi
guaſtano, ſe non ſi muovono.
L'aria, per dire così, in uerità ſi raſſerena grã-
diſsimamente
per il moto.
Percioche io certo mi pẽſo, che i vapori, che ſi lie-
uano
di terra, o ſi riſoluino per il moto, ouero riſcaldandoſi per i moti ſi ma-
turino
.
Ma io uorrei che queſti uenti, giugneſsino cotti dalli oppoſti monti,
3315&
ſelue, o ſtracchi da un loro lungo uiaggio. Vorrei che da i luoghi donde e'
paſlano
, cõduceſsino a noi mala impreſsione.
Et per queſto ſi debbe auuer-
tire
di fuggire ogni cattiua vicinãza, donde ne eſca coſa alcuna nociua:
Nel nu
mero
delle quali coſe è il cattiuo odore, &
ogni groſlo uapore, de' luoghi pa
duloſi
, &
maſsime delle acque corrotte, & delle foſſe. I naturali tẽgono per ce
4420 to, che ogni fiume, che creſca per le neui, meni aria fredda, &
groſla: Ma niſlu-
na
ſarà infra i'acque piu cattiua, o brutta, che quella, che non agitata da alcun
moto
ſi marciſce.
Et queſta corruttione di fatta vicinãza, ſarà tãto piu infer
ma
, quãto ella ſarà piu eſpoſta a' uenti men ſani.
Dicono ancora, che i uẽti
ſon
tutti per lor natura tali, che eglino arrechino ſanità, o malattie.
Ma Plinio,
5525 ſeguẽdo Teofraſto, &
Hippocrate, che dice che Aquilone è accommodatiſsi-
mo
a reſtituire, &
cõſeruare la ſanità, & i naturali tutti affermano, che Oftro è
piu
di tutti gli altri nocivo, alla humana generatione.
Et in oltre ſi penſono,
che
i beſtiami, ſoffiando Oſtro, ſtieno ne' paſcoli ſenza pericolo, &
hanno
oſſervato
, che mẽtre tal uento tira, le Cicogne volano mai, &
che i Delfini
6630 ſoffiando Aquilone, &
andãdoli a ſecõda, ſentono le uoci, ma tirãdo Oſtro, le
ſentono
piu tardi, e le ſentono ſe rapportategli dal dirimpetto:
Et che
ſoffiando
Aquilone, vna anguilla uiuerà ſei giorni, ſenza acqua, ma tirãdo Oſtro,
non
durerà per hauer queſto uento in ſe tanta groſſezza, e tanta forza di fare
malattie
, di maniera, che e' dicono, che ſi come ſoffiando Oſtro gli huomini
7735 diuentano catarroſi &
ſi ammalano, così ſoffiando Maeſtrale, toſſono: Biaſimo-
no
anche il mare Mediterraneo, per queſto riſpetto maſsimamente, che e'par
loro
, che il paeſe eſpoſto alla reſleſsione de' raggi patiſca di doi ſoli, che l'vno
l
' abbrucia dal Cielo, &
l' altro dalle acque: Et conoſcono nel tramontar del
Sole
faruiſi grandiſſima mutatione d'aria, poi che l' ombre della fredda notte,
8840 cõpariſcono.
Et ſono alcuni, che penſano, che i fiati occidentali, & le refleſsioni
de
' raggi ribattute, o dall' acque &
dal mare, o da i monti, ſieno piu dall' altre
moleſte
:
Percioche per il continuato Sole di quel giorno, rendono il già riſcal-
dato
luogo piucocente per la ſoprauenuta afa:
radoppiata dalle

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