Zanotti, Francesco Maria, Della forza de' corpi che chiamano viva libri tre, 1752

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183159LIBRO II. di velocità dee produrre, quanto più tempo ella du-
ra;
onde egli ſi par bene, che queſta legge naſca non
d’ altro che dalla continvazione della ſteſſa preſ-
ſione nel tempo.
Non vi diſpiacerà, o Signora,
diſſi io quivi, che io vi contradica;
perchè io cre-
do, che voi per queſto appunto abbiate propoſta
una tal ragione.
Qui ſorridendo la Signora Prin-
cipeſſa, pur, diſse, che riſpondete?
10, diſſi, non
riſpondo altro;
ſe non che domando, ſe la preſ-
ſione della gravità, ſiccome è continva e ſempre e-
guale per tutto il tempo della caduta, così pari-
mente ſia continva et eguale per tutto lo ſpazio.
Perchè domandate voi queſto? diſſe la Signora
Principeſſa.
Perchè, riſpoſi, ſe l’ azione ovvero
preſſione della gravità è continva e ſempre egua-
le per tutto lo ſpazio, e però non produce una
velocità proporzionale allo ſpazio;
perchè non po-
trebbe ella eſſer ſimilmente continva et eguale per
tutto il tempo, e non produr tuttavia una velo-
cità proporzionale al tempo?
E ſe la produce pro-
porzionale al tempo, biſogna ben dite, che il fac-
cia non per quella continvazion ſempre eguale,
ma per altra ragione, che non ſappiamo.
Voi
dunque, diſſe allora la Signora Principeſſa,
volete rigettare una ragione, che tutti ab-
bracciano, per ſeguirne un’ altra, che voi ſteſſo
dite di non ſapere! Ma come è queſto, che l’ azion
della gravità, eſsendo ſempre eguale in ſe ſteſsa,
non debba ſtimarſi tanto maggiore, quanto più
lungo è il tempo, per cui dura?
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