Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1del II libro De momentis aequalibus, così formulata: “ Si fuerint tria gravia
aequalia, quorum gravitatis centra iungantur per tres rectas, centrum com­
mune illorum erit centrum facti trianguli ” (Archim.
monum. cit., pag. 132).
Conduce per analoghe vie, con pari facilità ed eleganza, a ritrovare il
centro d'ogni gravità piramidale la proposizione XVI che, nel IV libro mau­
rolicano, si pone dall'Autore in questa forma: “ Si fuerint quatuor gravia
238[Figure 238]
Figura 47.
aequalia, quorum centra, non in uno
plano posita, per sex rectas conficiant
pyramidem trilateram; centrum factae
pyramidis erit commune centrum qua­
tuor gravium ” (ibid., pag.
169). Se
s'intenda infatti la gravità della pira­
mide ABCD (fig.
47) divisa in quat­
tro parti eguali raccolte in quattro
sfere, concentrate in ciascuno dei
quattro angoli solidi; il centro di gra­
vità delle tre A, B, C sarà in M, da
cui condotta la MD gravata in uno
estremo dall'unico peso D, e dall'al­
tro da tre simili pesi, verrà a dare
in T il comun centro, che è il centro
stesso della piramide, cosicchè per
legge statica interceda la relazione TD:MT=3:1; ciò che significa es­
sere la MT, di tutta intera la MD, una quarta parte.
I Matematici precedenti erano, come si mostrò per l'esempio di Leo­
nardo, riusciti alla medesima facile conclusione, ma il Maurolico, essendosi
per precipuo intento prefisso di promovere Archimede, prosegue oltre a com­
pier l'opera lasciata a mezzo dal suo autore e maestro.
Il secondo libro Degli
equiponderanti è ordinato alla ricerca del centro di gravità nelle sezioni dei
conoidi parabolici; ricerca che s'assolve tutta nella proposizione VIII, per
la quale si dimostra concentrarsi in detta sezione il peso tutto intorno al
diametro, “ ita ut pars ipsius, quae est ad verticem, sit sesquialtera partis,
quae est versus basim ” (Archim., Opera cit., pag.
207). Ma il Maurolico,
dal piano passando al solido rotondo, com'era dianzi passato alla piramide
dal semplice triangolo, primo fra'Matematici di cui ci sieno rimasti i docu­
menti, dimostrò, nell'ultimo libro del suo trattato, la seguente proposizione,
quasi volesse coronar di lei tutta l'opera sua: “ Centrum gravitatis para­
bolici conoidis axem ita dividit, ut pars, quae ad verticem, reliquae ad basim
sit dupla ” (Archim.
monum. cit, pag. 177).
Veniva così alla Meccanica dai nostri Matematici italiani, fioriti tra il
finir del XV secolo e il cominciar del secolo appresso, aperto un nuovo
eampo, che forse ebbe qualche cultura dagli antichi, ma che poi, per quel
così lungo abbandono, ebbesi sventuratamente a tornar sodo.
Di quelle eser­
citazioni però o fu affatto perduta la memoria, o se ne trovarono solo assai

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