Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1procedit, quia cum sine illis hae duae quantitates aequales inter se sint, ex
eorum quae inaequalia sunt additione inaequalia fiunt, vel saltem, cum ae­
qualitas huiusmodi dubia et in quaestione sit, dubia quoque fiat necesse est
compositarum ex illis quantitatum aequalitas, et ita nihil inde potest inferri
ad conclusionis quaesitae resolutionem.
“ Multo minus argumentum procederet si, ut res est, nec punctum ad
conum, nec circumferentia ad craterem, tanquam partes integrales, concur­
runt.
Tunc enim non bene resultat aequalitas residui duorum aequalium ex
utrinque ablatorum aequalitate: nam ad verificandum axioma de veritate
residui ex aequalitate ablatorum a totis aequalibus, necesse est ut illa tota
aequalia, quae invicem comparantur, a suo quoque ablato et residuo, tan­
quam a partibus integralibus, componantur; alioquin si quis auferat ex ali­
qua triremi modium frumenti, eandemque quantitatem ex aliquo parvo lin­
tre, concludere poterit lintrem esse triremi aequalem.
Ex quibus apparet
sine dubio mens Galilei, in illo Dialogo, nequaquam sic affecta exactam ad
severas geometricas leges doctrinam tradere intendat ” (fol.
33 t. et 34).
Or quale altra dunque potrebb'essere l'intenzion di un Geometra, che
tratta di Geometria?
E rispondono in strana sentenza i tre galileiani romani:
quella di parlar da Poeta, l'industria del quale “ in hoc omnis posita est
ut delectet intelligentem.
Quapropter non video quamobrem ingenuae Gali­
laei nostri urbanitati non licuerit, in hoc suo paradoxo aequalitatis inter li­
neam et punctum, eumdum ludum ludere, quem olim in suis De agricul­
tura lusit Hesiodus, ubi ait: Stulti, nesciunt enim quam maius sit dimidium
toto ” (ibid., fol.
34 t.).
Il ripiego di questi non è però meno strano di quello usato da altri ga­
lileiani, quando asserirono essere stato scritto ne'Dialoghi Del mondo per
celia che i cadenti si muovono in un mezzo cerchio, per andar dalla super­
fice al centro della Terra mossa.
Quasi che il dire aver Galileo trattata la
scienza da poeta e da burla non sia oltraggio maggiore che a confessare i
passionati errori di lui, ch'era pur un uomo come tutti gli altri.
Da un tal giusto criterio guidati, e scorti dai fatti svelatici dal sopra
allegato commercio epistolare, ignoto ai disputanti romani; noi crediamo che
il ragionamento intorno all'eguaglianza della linea e del punto fosse posto
da Galileo per far onta alla nuova Geometria del Cavalieri, della quale e
del Calcolo infinitesimale, con la pronunziata sentenza che degli infiniti “ non
si può dire uno esser maggiore o minore o eguale all'altro ” (Alb.
XIII, 35),
si venivano a recidere i teneri stami vitali.
Che fosse veramente ceco l'odio di Galileo, in menar così attorno la
falce, lo prova il non aver pensato e salvar l'onor suo da una manifesta
contradizione.
Egli aveva, come si disse, prediletti gl'Indivisibili, e ne'dialo­
loghi dei Due massimi sistemi gli aveva assunti alla gloria di dimostrare in
Meccanica uno dei principali teoremi.
Se avesse poi avuto qualche ragione
di repudiarli conveniva dirlo in tutt'altra maniera che da Poeta didattico o
satirico, o almeno per prudenza tacere.
Eppure, mentre nel I dialogo si sen-

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