Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1infiniti instanti, che sono nel tempo DA, corrispondenti agli infiniti punti,
che sono nella linea DA.
Però per rappresentare la infinità dei gradi di
velocità, che precedono al grado DH, bisogna intendere infinite linee sempre
minori e minori, che s'intendano tirate dagli infiniti punti della linea DA
parallele alla DH, la quale infinità di linee ci rappresenta in ultimo la su­
perfice del triangolo AHD.
E così intenderemo qualsivoglia spazio passato
dal mobile con moto che, cominciando dalla quiete, si vadia uniformemente
accelerando, aver consumato ed essersi servito di infiniti gradi di velocità
crescenti conforme alle infinite linee che, cominciando dal punto A, s'in­
tendono tirate parallele alla linea HD ” (Alb.
I, 252). Il Cartesio, che anche
la Matematica voleva soggiacesse alle finzioni del suo cervello, così rispon­
deva al Mersenno per infirmare la conclusione di Galileo: “ Non possum
definire qua velocitate unumquodque grave descendere incipiat: quaestio
enim est tantum de facto, quae pendet ex celeritate materiae subtilis.
Haec
autem celeritas in initio tantumdem aufert de proportione celeritatis qua
corpora descendunt, quantum exiguum triangulum AHD de triangulo ABC,
si supponatur linea HD repraesentare primum velocitatis momentum et BC
ultimum ” (Epistol., P. II cit, pag.
127).
Ma intanto che l'invidioso rivale si schermiva così d'ogni parte, per
riparare ed eludere i colpi dell'avversario, non si avvedeva che alcuni altri
attendevano tacitamente ad aguzzare un'arme, da cui riceverebbero, senza
presente rimedio, eguale offesa i due combattenti.
Sia infatti che s'equi­
ponderino due gravi quando sono reciprocamente proporzionali alle velocità
o agli spazii, di un effetto in atto s'adduceva, così da Galileo come dal Car­
tesio, una cagione in potenza.
Non era questa volta un rivale, che faceva
l'obiezione contro le professate dottrine dell'avversario, ma era un disce­
polo affezionato che, persuaso di difendere il vero, contradiceva al suo pro­
prio maestro.
Antonio Nardi, dop'avere in una delle sue scene dimostrate
alcune verità generali appartenenti alla Statica, così soggiungeva:
255[Figure 255]
Figura 64.
“ Si raccorrà che male si persuadono i Mecca­
nici comunemente compensarsi, in una Bilancia di
disuguali braccia, le velocità del moto con la gran­
dezza del momento, onde cercano di render ragione
perchè questi pesi disuguali da distanze reciproca­
mente disuguali pesino ugualmente.
Ma ciò non è
in vero cagione dell'equilibrio, perchè così discor­
rendo s'adduce di un effetto in atto una cagione in
potenza.
Il Galilei nel libro Delle galleggianti dice
così: Sia al vaso larghissimo EIDF (fig. 64) con­
tinuata l'angustissima canna ICAB, ed intendasi
in essi infusa l'acqua sino al livello LGH, la quale
in questo stato si quieterà, non senza maraviglia di
alcuno, che non capirà così subito come esser possa

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