1della loro mente l'effige, si vedono uscir fuori dal combattimento con l'abito
lacerato, o rimasto sozzo nel cader nella polvere e nello strisciar per il fango.
Il Cardano e il Tartaglia sono i due più famosi fra costoro, e il campo, dove
ebbero a combattere, a risorgere e a ricadere, è smisurato, ma noi ci pro
poniamo qui di restringer quella misura a un punto, che è quel segnato,
dove si diceva dianzi, nelle Collezioni di Pappo.
lacerato, o rimasto sozzo nel cader nella polvere e nello strisciar per il fango.
Il Cardano e il Tartaglia sono i due più famosi fra costoro, e il campo, dove
ebbero a combattere, a risorgere e a ricadere, è smisurato, ma noi ci pro
poniamo qui di restringer quella misura a un punto, che è quel segnato,
dove si diceva dianzi, nelle Collezioni di Pappo.
Difficile, prima del Commandino, la lettura del testo greeo, il Matema
tico d'Alessandria non era saputo. E dall'altra parte le XIII Proposizioni
del Nemorario, dove si dimostravan le leggi delle discese rette e oblique dei
gravi, incoravano una dolce speranza nei promotori d'aver facile a risolvere
il famoso problema della proporzion del peso di una sfera pendula al discen
dente per un piano acclive. Il Cardano nell'Opus novum proponeva giusto
in tal forma la questione: “ Proportionem ponderis sphaerae pendentis ad
descendentem per acclive planum invenire ” (Operum, T. IV cit., pag. 496).
E si credeva di avere a ritrovar la desiderata verità con un discorso di que
sta fatta: Per mover la sfera nel piano orizzontale non ci vuol forza di nulla,
ma per sollevarla nel perpendicolo ci bisogna una forza, che sia uguale a
tutto il peso. Fra il tutto e il nulla sono le vie di mezzo, per comparar le
quali si doveva cercare un termine di confronto. Il Cardano, che s'era così
avviato bene, a questo punto incespica, e invece di pigliar per termine di
confronto la discesa verticale, fatta in un dato tempo dalla sfera libera ca
dente, come pareva che suggerissero gl'insegnamenti del Nemorario, prese
la rettitudine dell'angolo, che la discesa fa con l'orizzontale, cosicchè in
somma, nel risolvere il problema, gli vennero scambiati gli angoli con i seni.
Ecco qual'è la forma propria e la conclusione del suo ragionamento:
tico d'Alessandria non era saputo. E dall'altra parte le XIII Proposizioni
del Nemorario, dove si dimostravan le leggi delle discese rette e oblique dei
gravi, incoravano una dolce speranza nei promotori d'aver facile a risolvere
il famoso problema della proporzion del peso di una sfera pendula al discen
dente per un piano acclive. Il Cardano nell'Opus novum proponeva giusto
in tal forma la questione: “ Proportionem ponderis sphaerae pendentis ad
descendentem per acclive planum invenire ” (Operum, T. IV cit., pag. 496).
E si credeva di avere a ritrovar la desiderata verità con un discorso di que
sta fatta: Per mover la sfera nel piano orizzontale non ci vuol forza di nulla,
ma per sollevarla nel perpendicolo ci bisogna una forza, che sia uguale a
tutto il peso. Fra il tutto e il nulla sono le vie di mezzo, per comparar le
quali si doveva cercare un termine di confronto. Il Cardano, che s'era così
avviato bene, a questo punto incespica, e invece di pigliar per termine di
confronto la discesa verticale, fatta in un dato tempo dalla sfera libera ca
dente, come pareva che suggerissero gl'insegnamenti del Nemorario, prese
la rettitudine dell'angolo, che la discesa fa con l'orizzontale, cosicchè in
somma, nel risolvere il problema, gli vennero scambiati gli angoli con i seni.
Ecco qual'è la forma propria e la conclusione del suo ragionamento:
“ Sit sphaera aequalis ponderi G (fig. 106) in puncto B, quae debeat
trahi super BE acclive planum BO ad perpendiculum plani BF. Quia ergo
in BO movetur a quantitate modica, ut per
297[Figure 297]
trahi super BE acclive planum BO ad perpendiculum plani BF. Quia ergo
in BO movetur a quantitate modica, ut per
297[Figure 297]
Figura 106.
dicta superuis, erit per communem animi sen
tentiam, vis quae movebit G per BO nulla; per
dieta vero G movebitur ad F semper a costanti
vi aequali G, et per BE a costanti vi aequali K,
sicut per BD a costanti vi aequali H. Ergo,
per ultimam petitionem, cum termini servent
quoad partem eamdem rationem singuli per se,
et motum per BO sit a nulla vi, erit proportio
G ad K velut proportio vis, quae movet per BF,
ad vim quae movet per BE, et velut anguli per
EBO facti ad angulum EBO. Et ita vis, quae
movet sphaeram per BF, et est, ut dictum est, G, ad vim, quae movet per
BD, et est K, est ex supposito, ut FBO ad DBO. Igitur proportio difficul
tatis motus per BD, ad idem per BO, est veluti H ad K, quod erat demon
strandum ” (ibid.).
dicta superuis, erit per communem animi sen
tentiam, vis quae movebit G per BO nulla; per
dieta vero G movebitur ad F semper a costanti
vi aequali G, et per BE a costanti vi aequali K,
sicut per BD a costanti vi aequali H. Ergo,
per ultimam petitionem, cum termini servent
quoad partem eamdem rationem singuli per se,
et motum per BO sit a nulla vi, erit proportio
G ad K velut proportio vis, quae movet per BF,
ad vim quae movet per BE, et velut anguli per
EBO facti ad angulum EBO. Et ita vis, quae
movet sphaeram per BF, et est, ut dictum est, G, ad vim, quae movet per
BD, et est K, est ex supposito, ut FBO ad DBO. Igitur proportio difficul
tatis motus per BD, ad idem per BO, est veluti H ad K, quod erat demon
strandum ” (ibid.).