1proposito del nuovo libro che meditava il Borelli sulla forza della
percossa, scrive che la buona memoria di Galileo gli aveva detto
più volte d'aver ritrovata la misura di quella forza “ ma non potè
per l'età o per qualsivoglia altro accidente, che ne fosse cagione,
darla fuori, com'io le feci ben cento volte istanza, ed al qual fine
condussi qui il Torricelli di suo consenso, perchè potesse servire
in mettere in carta i suoi pensieri, ma tutto fu invano ” (MSS. Gal.
Cim. T. XXIII. c. 113). Galileo che, secondo narreremo a suo luogo,
aveva già nell'animo repudiata quella speculazione della percossa,
si proponeva di conferire col Torricelli altri suoi pensieri matema
tici e fisici, per poter con l'aiuto di lui ripulirli e mandarli alla
luce (Alb. VII. pag. 367). In effetto però non fece aiutarsi che nelle
aggiunte, nelle correzioni dei Dialoghi del Moto, e nel nuovo ordine
che meditava di dare ai teoremi dimostrati nel Dialogo terzo. Nè,
a quel che apparisce dai manoscritti galileiani, furono scarsi intorno
a ciò gli aiuti prestati dal Torricelli, tanto più se si ripensi ch'ei
non istette ospite in Arcetri che dall'Ottobre al Gennaio.
percossa, scrive che la buona memoria di Galileo gli aveva detto
più volte d'aver ritrovata la misura di quella forza “ ma non potè
per l'età o per qualsivoglia altro accidente, che ne fosse cagione,
darla fuori, com'io le feci ben cento volte istanza, ed al qual fine
condussi qui il Torricelli di suo consenso, perchè potesse servire
in mettere in carta i suoi pensieri, ma tutto fu invano ” (MSS. Gal.
Cim. T. XXIII. c. 113). Galileo che, secondo narreremo a suo luogo,
aveva già nell'animo repudiata quella speculazione della percossa,
si proponeva di conferire col Torricelli altri suoi pensieri matema
tici e fisici, per poter con l'aiuto di lui ripulirli e mandarli alla
luce (Alb. VII. pag. 367). In effetto però non fece aiutarsi che nelle
aggiunte, nelle correzioni dei Dialoghi del Moto, e nel nuovo ordine
che meditava di dare ai teoremi dimostrati nel Dialogo terzo. Nè,
a quel che apparisce dai manoscritti galileiani, furono scarsi intorno
a ciò gli aiuti prestati dal Torricelli, tanto più se si ripensi ch'ei
non istette ospite in Arcetri che dall'Ottobre al Gennaio.
Morto Galileo, il Torricelli fu trattenuto in Firenze e onorato,
ad insinuazione di Andrea Arrighetti, di un duplice ufficio; di quello
di Filosofo e matematico del Granduca Ferdinando II, e dell'altro
di Lettore di Matematiche nel pubblico Studio fiorentino. Ai due
speciali ufficii corrispose con opere, diverse di natura e di successo.
Come professore di Matematiche raccolse in un volume, sotto il
titolo di Opere geometriche, ciò che aveva speculato così intorno
alle proprietà della sfera e dei solidi sferali, come intorno al moto
de'gravi solidi e liquidi naturalmente discendenti e proietti, e con
tiene quel volume, pubblicato in Firenze nel 1644, tutto ciò che
vide la pubblica luce vivente l'Autore.
ad insinuazione di Andrea Arrighetti, di un duplice ufficio; di quello
di Filosofo e matematico del Granduca Ferdinando II, e dell'altro
di Lettore di Matematiche nel pubblico Studio fiorentino. Ai due
speciali ufficii corrispose con opere, diverse di natura e di successo.
Come professore di Matematiche raccolse in un volume, sotto il
titolo di Opere geometriche, ciò che aveva speculato così intorno
alle proprietà della sfera e dei solidi sferali, come intorno al moto
de'gravi solidi e liquidi naturalmente discendenti e proietti, e con
tiene quel volume, pubblicato in Firenze nel 1644, tutto ciò che
vide la pubblica luce vivente l'Autore.
Tutte le altre scritture rimaste inedite pervennero, alla morte
del Torricelli avvenuta nel 1647, dopo soli 39 anni di vita, nelle
mani di Lodovico Serenai, che, copiate in gran parte le consegnò
al Viviani, affinchè le ordinasse per dare alle stampe. L'accusa
mossagli poi dal Nelli e ripetuta da altri, di non aver adempiuto
per invidia al pietoso amichevole ufficio, parrà ingiustissima a tutti
coloro, i quali sanno come il Viviani, e per la mal ferma salute e
per i pubblici impieghi, fosse impedito di pubblicare le molte opere
sue proprie.
del Torricelli avvenuta nel 1647, dopo soli 39 anni di vita, nelle
mani di Lodovico Serenai, che, copiate in gran parte le consegnò
al Viviani, affinchè le ordinasse per dare alle stampe. L'accusa
mossagli poi dal Nelli e ripetuta da altri, di non aver adempiuto
per invidia al pietoso amichevole ufficio, parrà ingiustissima a tutti
coloro, i quali sanno come il Viviani, e per la mal ferma salute e
per i pubblici impieghi, fosse impedito di pubblicare le molte opere
sue proprie.