Caverni, Raffaello
,
Storia del metodo sperimentale in Italia
,
1891-1900
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archimedes
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020/01/1996.jpg
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pagenum
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239
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tutta intera la AB. </
s
>
<
s
>Se s'immagini ora nel punto C essere applicato un piano
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lb
/>
EF, perpendicolare ad AC, tanto fa al grave a pendere dal braccio della
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lb
/>
Leva, quanto a riposare sul piano, per scendere lungo il quale esercita ugual
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lb
/>
momento che lungo l'arco del cerchio. </
s
>
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s
>Dunque anche il momento parziale di
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lb
/>
C, posato sul piano EF, sarà al momento totale come AD ad AC, ossia AB,
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lb
/>
e come EG sta ad EF, per la similitudine dei triangoli. </
s
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s
>“ Però concluderemo,
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lb
/>
scrive Galileo, questa universal proposizione col dire: sopra il piano la forza
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/>
al peso avere la medesima proporzione che la perpendicolare, dal termine
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/>
del piano tirata all'orizzonte, alla lunghezza di esso piano ” (ivi, pag. </
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s
>118). </
s
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">
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s
>Correva attorno questa galileiana dimostrazione manoscritta, prima del
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/>
l'anno 1615, sotto il nome del Vieta, cosa creduta da molti, come dal Ba
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lb
/>
liani (Alb. </
s
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s
>XVI, 105) anche in Italia, ma benchè più seducente era nondi
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lb
/>
meno più lubrica di quella del Tartaglia. </
s
>
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s
>Attribuisce Alessandro Marchetti
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lb
/>
a questa lubricità, delìa quale vedremo nella seguente parte del nostro di
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lb
/>
scorso gli esempii, l'aver Galileo tenuto altro modo nell'aggiunta postuma
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lb
/>
al terzo dialogo Delle due nuove scienze. </
s
>
<
s
>Ivi, come lo stesso Tartaglia, sug
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lb
/>
geritogli forse dall'Herigonio, di cui siam certi aver esso Galileo fra'suoi
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lb
/>
libri il Corso matematico (Alb. </
s
>
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s
>X, 211, 28); dimostra esser due gravi con
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lb
/>
giunti insieme in equilibrio, quando le ascese e le discese virtuali nel per
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lb
/>
pendicolo stanno reciprocamente fra loro come i pesi. </
s
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s
>“ Mentrechè dunque
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/>
il grave D (nella passata figura CIX) movendosi da A in C, resiste solo nel
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lb
/>
salire lo spazio perpendicolare CB, ma che l'altro G scende a perpendicolo,
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lb
/>
necessariamente quanto tutto lo spazio AC, e che tal proporzione di salita
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lb
/>
e scesa si mantiene sempre l'istessa, poco o molto che sia il moto dei detti
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lb
/>
mobili, per esser collegati insieme; possiamo assertivamente affermare che,
<
lb
/>
quando debba seguire l'equilibrio, cioè la quiete tra essi mobili, i momenti,
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lb
/>
le velocità o le lor propensioni al moto, cioè gli spazii che da loro si pas
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lb
/>
serebbero nel medesimo tempo, devon rispondere reciprocamente alle loro
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lb
/>
gravità ” (Alb. </
s
>
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s
>XIII, 176). Posto il qual principio, professato dal Tartaglia,
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lb
/>
la conclusione era necessariamente la medesima, cosicchè il teorema del Ma
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lb
/>
tematico di Brescia aveva un secolo dopo dal Fiorentino la sua più solenne
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lb
/>
conferma. </
s
>
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p
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p
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="
main
">
<
s
>Era venuto però in quel tempo il Nardi a mettere scrupolo intorno alle
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lb
/>
discese, e alle velocità virtuali, invocando il logicale assioma che
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emph
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="
italics
"/>
a posse ad
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lb
/>
esse non valet illatio,
<
emph.end
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italics
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nè parendo ragionevole il trattar di una cosa da farsi,
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lb
/>
come se fosse già fatta. </
s
>
<
s
>Persuaso anche il Torricelli che dalle propensioni
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lb
/>
al moto non si potesse ragionevolmente argomentare al moto, ebbe a cer
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lb
/>
care altro principio così formulato: “ Duo gravia simul coniuncta ex se
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lb
/>
moveri non posse, nisi centrum commune gravitatis ipsorum descendat ”
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lb
/>
(Op. </
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<
s
>geom., P. </
s
>
<
s
>I cit., pag. </
s
>
<
s
>99); principio che si trovò opportuno a dimo
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lb
/>
strare il teorema del Tartaglia, e fecondo di altre bellissime conseguenze. </
s
>
</
p
>
<
p
type
="
main
">
<
s
>Se sopra i due piani CM, CN (fig. </
s
>
<
s
>111) diversamente inclinati, e insi
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lb
/>
stenti sulla medesima orizzontale MN, sien posati due corpi tali, che i loro
<
lb
/>
pesi stiano come le linee CM, CN, bilanciati insieme poseranno in equilibrio, </
s
>
</
p
>
</
chap
>
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archimedes
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