Caverni, Raffaello
,
Storia del metodo sperimentale in Italia
,
1891-1900
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251
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figura CXXII) è uguale alla somma dei due componenti, fatti per la oriz
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/>
zontale NC e per la verticale XN, non in lunghezza, ma solamente in po
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/>
tenza. </
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>“ Hic vero XC non est aequalis longitudine, set potentia tantum, mo
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/>
tibus XN et NC, propter angulum rectum ” (Bononiae 1667, pag. </
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>85). </
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>Il Borelli, dietro gl'insegnamenti di Galileo, s'illudeva con le potenze
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che producono i quadrati
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propter angulum rectum:
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era chiaro però che si
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trattava di forze, la potenza delle quali non può consistere in altro che nello
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/>
spingere un grave in un dato tempo per uno spazio determinato, ond'è che,
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/>
secondo esso Borelli, si misura quella stessa potenza dal prodotto della ve
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/>
locità motrice per la quantità di materia mossa. </
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>Siano al peso, rappresen
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tato in C nell'ultima figura, applicate due forze, una delle quali abbia virtù
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di trasportarlo equabilmente in un minuto secondo da C in N, per la oriz
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/>
zontale, e l'altra di sollevarlo da N in X, nello stesso tempo, per la verti
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/>
cale: saranno quelle due potenze come le velocità, o come gli spazii pas
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/>
sati, ossia come le lunghezze NC, XN, e sarà pure come la lunghezza XC
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/>
la resultante de'due moti composti, o il tutto rispetto alle sue parti. </
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>Se dun
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/>
que queste, sommate insieme, debbono uguagliarsi a quella, come dimostra
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/>
vano Galileo e il Borelli, essere la potenza XC uguale alla somma delle due
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/>
potenze NC e XN non voleva altro dire, fuor di ogni altra ambage, se non
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/>
ch'essere l'ipotenusa uguale alla somma de'due cateti. </
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>Ma perchè questo
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/>
è manifestamente falso, e a un tal passo inevitabilmente conduce il suppo
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/>
sto che il momento totale stia al parziale come il piano sta al perpendicolo,
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/>
dunque concludeva il Vanni quel supposto teorema non può esser vero. </
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>Sembrava glì si dovesse da tutti rispondere esser piuttosto falso che il
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/>
momento totale debba equivalere alla somma dei due parziali, ma illudeva
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/>
così il male applicato assioma che il tutto è uguale alle parti, e sopra i più
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/>
prevaleva così grande l'autorità di Galileo, che non si vollero in generale
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/>
ascoltar le ragioni, con le quali il Mersenno si studiava di ridurre al vero
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/>
le menti. </
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>Com'è possibile, diceva nella prefazione alla sua Meccanica, che
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/>
un martello, sceso con la velocità XC, faccia ugual percossa su C a quella
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/>
di un altro, che scenda con la velocità XN+NC, tanto più grande, se è
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/>
vero che sia tanto maggior l'impeto di un corpo, quanto va più veloce? </
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/>
Che dunque il moto per XC sia uguale alla somma dei moti per XN e NC
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/>
“ est ex mente Galilei pag. </
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>250 Dialogorum, quod tamen minime verum
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/>
esse videtur ” (Parisiis 1644). </
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>Aveva il Vanni insomma proposto a sciogliere ai Matematici sbigottiti
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/>
questo dilemma: o è falso il teorema del moto per l'ipotenusa composto
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/>
dei due per i cateti, come si dimostra da Galileo nella IV giornata Delle due
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/>
nuove scienze, o è falso l'altro teorema della proporzion dei momenti di un
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/>
medesimo grave nel declivio e nel perpendicolo, com'è da Galileo stesso ivi
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/>
dimostrato nell'aggiunta postuma alla III Giornata. </
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s
>L'audace oppositore, ap
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/>
provando quello per vero, ripudiò questo come falso e, ritornando indietro
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/>
un secolo e mezzo a intromettersi nella questione fra il Tartaglia e il Car
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/>
dano, ripetè con costui che il peso nel perpendicolo sta al peso nel piano </
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chap
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