Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

Table of figures

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              <s>
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              quando l'autorità del Newton, e le insistenze del Varignon riuscirono final­
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              mente a persuadere i Matematici di ciò, che avevano praticato Leonardo, lo
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              Stevino e altri pochi, in così eletto modo però che il Casati stimò essere a
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              tutti notissima la Regola del parallelogrammo. </s>
              <s>“ Notum omnibus est mo­
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              tum, qui ex AB et AC (nella precedente figura) componitur, non fieri ex
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              earum additione, sed temperari ad lineam AD, quae dimetiens est paralle­
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              logrammi, quod ex earumdem linearum AB, AC longitudine, ac mutua in­
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              clinatione, formam desumit ” (Mech., pag. </s>
              <s>103). </s>
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              <s>Veniva di qui, contro la seconda proposizione meccanica del IV dialogo
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              di Galileo, solennemente confermata quella sentenza di condanna, pronun­
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              ziata già dal Mersenno, e il dilemma famoso del Vanni, intorno a cui suda­
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              rono inutilmente un Leibniz e un Viviani, si sapeva sciogliere oramai da
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              chiunque avesse nelle scuole matematiche appresi i primi elementi. </s>
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              <s>Mentre che i Matematici si travagliavano così affannosamente, come ap­
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              parisce dai fatti narrati, per salvar la verità del teorema, dimostrato già dal
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              Tartaglia, contro chi veniva nella Meccanica a rinnovellare gli errori del Car­
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              dano; s'insorgeva con altri sofismi a turbar la pace della scienza, preso ar­
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              dire dall'esempio del Vanni. </s>
              <s>Il Cartesianismo, dominante nella Scuola fisico­
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              matematica napoletana, suggerì a Luc'Antonio Porzio una nuova costruzione
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              meccanica, riguardando i perpendicoli non
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              paralleli, come comunemente si fa, ma quali
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              sono in realtà convergenti al centro ter­
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              restre, secondo che il Cartesio stesso sem­
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              pre scrupolosamente osserva nel descriver
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              gli effetti delle Macchine. </s>
              <s>Essendo così, non
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              è vero, diceva il Porzio, ciò che insegna il
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              Maestro che, se cioè CA (fig. </s>
              <s>133) è dop­
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              pia di CB, per far salire il peso sul piano
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              <s>Figura 133.
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              ci voglia la metà della forza, necessaria a
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              ritirarlo in su per il perpendicolo, perchè,
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              sottilmente ragionando, quella proporzion
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              tra la forza e il peso trovasi alquanto di­
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              versa da quella, che nelle sue Meccaniche
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              assegna il Cartesio. </s>
              <s>Il ragionamento era
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              tale qual si può argomentare dalla seguente
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              nota dell'Autore: </s>
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              <s>“ Nel piano, secante o tangente la Terra
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              DCE (fig. </s>
              <s>134), sia AB secante o tangente
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              un cerchio massimo, alla quale, dal centro
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              C, si tiri la perpendicolare CD. </s>
              <s>Egli è ma­
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              nifesto che, se altra sfera I sia collocata
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              sopra varii punti del piano già detto, e in
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              modo che sempre AB sia tangente di un
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              certo cerchio massimo IH, quando questa
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              <s>Figura 134.</s>
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