Caverni, Raffaello, Storia del metodo sperimentale in Italia, 1891-1900

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1ghero; quella ben più cento volte più grave di questa, o ciascuna di loro
attaccate a due sottili spaghetti eguali, lunghi quattro o cinque braccia, le­
gati ad alto.
Allontanata poi l'una e l'altra palla dallo stato perpendicolare,
gli ho dato l'andare nell'istesso momento, ed esse scendendo per le circon­
ferenze dei cerchi descritti dagli spaghi, eguali loro semidiametri, e passate
oltre al perpendicolo, son poi per le medesime strade ritornate indietro.
E
reiterando ben cento volte per lor medesime le andate e le tornate, hanno
sensatamente mostrato come la grave va talmente sotto il tempo della leg­
gera, che nè in ben cento vibrazioni nè in mille anticipa il tempo di un
minimo momento, ma camminano con passo ugualissimo ” (ivi, pag.
87).
Dice di essere anche il Baliani ricorso al medesimo efficacissimo espe­
rimento dimostrativo delle velocità sempre uguali, in corpi delle più diffe­
renti gravità specifiche, fatti vibrare ne'pendoli.
“ Globos in gravitate et in
materia inaequales appendi funiculis aequalibus, et agitatos animadverti mo­
veri tempore aequali, et hoc servare adeo fideliter ut globus plumbeus dua­
rum unciarum, alter librarum duarum; ferreus librarum 34 et lapideus
40 circiter, nec non et lapis informis, quorum funiculi, comprehensis ipso­
rum semidiametris, aequales essent, uno et eodem temporis spatio moveren­
tur, et vibrationes easdem numero darent hinc inde sive motus unius globi
fieret per aequale spatium, sive per inaequale ” (De motu natur.
cit., pag. 6).
Notava però Galileo, e l'avrà pure dovuto notare il Baliani, scorgersi
anche in quelle esperienze l'operazione del mezzo dal diminuire assai più
presto “ le vibrazioni del sughero che quelle del piombo ” (Alb.
XIII, 87)
per toglier la quale inesattezza, che avrebbe potuto forse mettere qualche
scrupolo nella conclusione, il Newton fece tornire due scatolette sferiche di
legno uguale, e di uguale diametro, e l'una empì di trucioli pur di legno
e l'altra del medesimo peso di oro diligentemente curando di situarlo nel
centro dell'oscillazione.
“ Pyxides ab aequalibus pedum undecim filis pen­
dentes constituebant pendula, quoad pondus, figuram et aeris resistentiam,
omnino paria; et paribus oscillationibus iuxta positae, ibant una et redibant
diutissime ” (Principia mathem., T. III, Genevae 1742, pag.
33). Sperimentò
poi con altri corpi della più varia natura, e n'ebbe sempre i medesimi re­
sultati.
“ Rem tentavi in auro, argento, plumbo, vitro, arena, sale communi,
ligno, aqua, tritico ” (ibid.).
Sembra che dovessero quelle prime esperienze di Galileo e del Baliani
coi pendoli, rese dal Newton poi sì perfette, essere sufficienti a dimostrar
che una medesima è la velocità nel composto e nella materia divisa, e che
dipendon le differenze dalla sola resistenza del mezzo.
Ma Galileo non si
contentò di questo, e prevenendo il male inteso pensiero del Riccioli e del
Renieri si trattenne con assai lungo e spiegato discorso, nel Io dialogo Delle
due nuove scienze, a mostrar come ogni differenza di moto, da lui benis­
simo ne'varii casi osservata prima de'suoi contradittori, dipendeva dai varii
impedimenti dell'aria.
E quanto alle esperienze del Riccioli coi cadenti di ugual natura e vo-

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